giovedì 15 ottobre 2009

ALL’AQUILA SIAMO SOTTO ZERO

All’Aquila siamo sotto zero e alcune migliaia di persone, Bertolaso le chiama con disprezzo “irriducibili”, sono ancora sotto le tende, al freddo.
Chi ha visto in questi giorni le poche immagini presentateci dai telegiornali se n’è reso conto: vecchi, bambini, studenti impossibilitati a una vita normale, ma tutti con un’espressione di rassegnazione scolpita sui volti.
Ci si è messo di mezzo anche il vento e la tempesta che hanno fatto volare le tende, altre scosse di terremoto fino a magnitudo 4.9 della scala Richter (la scossa più violenta in aprile è stata di magnitudo 5.8), lo smantellamento dei bagni chimici dalle tendopoli da parte della Protezione Civile, il fango causato dalle piogge continue di questi giorni.
Le case provvisorie promesse per metà ottobre non sono state ancora assegnate e in molte di queste manca ancora il riscaldamento.
Le abitazioni agibili e parzialmente agibili (alloggio di classe B e C), prima di essere ridate in uso ai legittimi proprietari, devono essere controllate dagli esperti che ancora non hanno iniziato questa operazione e quindi parte di questi “irriducibili” non può né iniziare a sistemare le lesioni né ripararsi in casa propria.
Certo, la Protezione Civile offre a costoro una sistemazione provvisoria in alberghi lungo la costa abruzzese, lontano anche cento chilometri dal luogo di lavoro o dai propri famigliari: ma com’è possibile, ragionevolmente, accettare tale proposta!
Dopo la consegna delle prime abitazioni da parte del governo (case che per la verità sono state costruite non con i fondi dalla Protezione Civile ma con quelli della Croce Rossa e della Provincia di Trento, queste sì a tempo di record), dopo le foto ricordo con il presidente armato di sorriso a 160 denti e lo strombazzamento delle televisioni e dei giornali maggiordomi, ora le luci sono state spente, le notizie non arrivano quasi più e il migliore di tutti i governanti italiani è ad altro affaccendato. Vergogna.

Noi "normali" cosa possiamo fare? Intanto parliamone ovunque, non lasciamo cadere nella dimenticanza questo tragico avvenimento assieme alla tragedia che ha colpito Messina.
Mettiamo in moto nelle piazze l’opinione pubblica, chiediamo ai nostri sindaci di parlarne nei consigli e nelle giunte comunali e di trovare risorse da inviare in quelle zone non alla Protezione Civile ma agli enti che sono naturalmente presenti sul territorio e operano umilmente e silenziosamente (Comune, Caritas, associazioni di volontariato, eccetera), domandiamo ai maestri e professori di parlarne agli scolari e agli studenti.
Diciamolo chiaramente: coloro i quali sono tuttora sotto le tende e patiscono il freddo e l’umiliazione di essere ancora degli “sfollati” sono uomini e donne, giovani e vecchi, neonati e bambini costretti a questa situazione dalla burocrazia e dal malgoverno e ciò è una colpa grave, gravissima.



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