sabato 31 ottobre 2009

A TEGUCIGALPA TIRA ARIA DI PACE

In Honduras, i rappresentanti del governo provvisorio del golpista Robert Micheletti e del deposto presidente Manuel Zelaya hanno firmato nella notte di giovedì (venerdì mattina in Italia) un accordo che pone fine alla crisi politica nel paese centroamericano e permette il ritorno di Zelaya alla presidenza della nazione, previa approvazione da parte del Congresso nazionale.

L'accordo approvato da Micheletti è composto da otto punti, tra questi figurano la creazione di un governo di riconciliazione, il rifiuto dell'amnistia politica, il riconoscimento delle elezioni presidenziali previste per il 29 novembre, la creazione di una commissione di verifica dell’accordo, una Commissione per la verità sui fatti accaduti durante il golpe e che il “possibile” rientro di Manuel Zelaya nelle sue funzioni sia sancito con una votazione del Congresso nazionale, del parlamento honduregno, votazione autorizzata della Corte suprema di giustizia.
La risoluzione è stata firmata sotto la pressione della delegazione statunitense, presieduta da Thomas Shannon vice segretario di stato per l'America Latina, arrivata in Honduras questa settimana per concludere un accordo tra le parti prima delle elezioni presidenziali indette per il 29 novembre.

È un trionfo per la democrazia dell’Honduras” ha dichiarato Manuel Zelaya. Gli fa eco Robert Micheletti “Ho autorizzato la mia squadra di negoziatori a firmare un accordo che segna l’inizio della fine di questa situazione politica per il paese”.
Il negoziatore statunitense Thomas Shannon puntualizza: “Gli Stati Uniti accompagneranno l’Honduras fino alle elezioni del 29 novembre” (con i tempi che corrono e con le esperienze irakene e afghane, non riesco a capire se è una minaccia o un bene per l’Honduras).
Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha salutato con favore la firma dell’accordo e ha detto ai giornalisti che “Chiaramente eravamo per il ripristino dell’ordine costituzionale, che include le elezioni”.
Sono soddisfatto per la conclusione di questa assurda situazione che si è creata nel piccolo paese centroamericano (che, fra l’altro, conosco bene per i tanti viaggi fatti e che amo molto), ma una domanda amara mi muore in gola: ora quali sono le nuove prospettive riservate al popolo honduregno? Popolo che, in questi quattro mesi, ha sofferto sulla propria pelle gli effetti inenarrabili del golpe di Micheletti e della sua ciurma. Scrive Gennaro Carotenuto su “Giornalismo partecipativo”: “Finisce così apparentemente a tarallucci e vino un colpo di stato durato quattro mesi. Un colpo di stato che solo nelle grandi città (nessuno sa cosa è successo davvero nell'interno) ha causato almeno 24 morti ammazzati, centinaia di persone ferite da colpi di arma da fuoco o percossi selvaggiamente, almeno 3000 detenzioni illegali, centinaia di torturati e alcune decine di persone le sorti delle quali sono tuttora sconosciute”.



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venerdì 30 ottobre 2009

POLLICE VERSO PER LE ASSOCIAZIONI NO-PROFIT

Il mondo dell’associazionismo e del volontariato, il mondo del no-profit è stato premiato dal governo Berlusconi. Non fregatevi le mani, non è vero.
Il mondo del no-profit è stato cancellato dal governo del bossberlusca. Iniziate a piangere perché questa notizia, invece, è vera.

Vi racconto il fatto citando le parole del senatore Giuliano Barbolini che di queste cose se ne intende essendo membro della 6° commissione permanente (finanza e tesoro) e della commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

Il PDL e la Lega hanno affossato il cinque per mille”. Per i non addetti ai lavori (io e pochi altri), il cinque per mille è una quota ricavata dalle imposte e destinata a enti di natura privata e pubblica che promuovono attività solidaristiche come le Onlus, le associazioni di promozione sociale, le fondazioni e associazioni riconosciute che operano nei settori delle Onlus, gli enti di ricerca scientifica, sanitaria e università, le attività sociali dei Comuni, le associazioni sportive dilettantistiche. Questo meccanismo di aiuto è stato istituito con decreto del presidente del consiglio il 20 gennaio 2006.
Il senatore Barbolini così continua: “Oggi nel corso della votazione della Finanziaria 2010 nelle Commissioni competenti la maggioranza ha votato contro i nostri emendamenti sul cinque per mille. Sia su quello che riprende i contenuti del decreto legge che istituisce la misura ‘a regime’ fermo in Commissione da molti mesi, sia su quello che avrebbe ripristinato la copertura finanziaria per gli anni 2010, 2011 e 2012”.
E ancora: “La maggioranza ha affossato una misura di grande valore etico, tesa a favorire un tessuto sociale solidale che offre servizi attraverso associazioni di volontariato, no-profit, ricerca, ambientaliste. Con evidente difficoltà e imbarazzo, PDL e Lega hanno rinviato ogni finanziamento per il cinque per mille a quando il governo disporrà delle risorse necessarie. Non vorrei che questa disponibilità derivasse dallo scudo fiscale. Non vorrei che una misura di grande qualità e importanza per i valori etici e i principi di sussidiarietà cui si ispira fosse sporcata dal denaro dello scudo proveniente da attività poco trasparenti se non addirittura attigue all’illegalità … Spero che per quando la Finanziaria arriverà in Aula il governo e la sua maggioranza abbiano cambiato idea. Il Pd - conclude Barbolini - ripresenterà gli stessi emendamenti a sostegno della misura oggi bocciati dalla maggioranza”.

Questa notizia ci fa capire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, in mano di chi siamo e di che “pasta è fatto” il nostro scarlatto-psico-president e i suoi dilettanti amici.

Non possiamo più stare con le mani in mano, persino le forze dell’ordine, polizia di stato e guardia di finanza, sono scese numerose in piazza a gridare tutta la rabbia che hanno in corpo (si calcola 40 mila manifestanti: mi viene da fare il parallelo con la storica manifestazione a Torino della “maggioranza silenziosa”).
Berlusconi, lo vuoi capire? Ritorna a casa tua. La nazione te ne sarà grata.




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giovedì 29 ottobre 2009

IL PIOMBO CINESE

Mi sono preso un giorno di riposo dalla politica italiana (c'è da rimanerne intossicati) quindi non commenterò l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del disegno di legge sull’Università del ministro Maria Stella Gelmini (ma mi piacerebbe ricevere le vostre considerazioni in merito), né commenterò i lavori del governo sul prossimo lodo che porterà probabilmente il nome del portasfiga (per Berlusca, ovviamente) Nicolò Ghedini relativo al trasferimento obbligatorio a Roma di tutti i processi alle più alte cariche dello stato (forse estensibile a tutti i parlamentari), scippando in questo modo ai giudici naturali tutti i processi riguardanti il più figo dei presidenti italiani.


Parlerò invece della Cina, condividendo con voi una notizia che mi ha fatto orrore, nel senso letterale del termine, perché dimostra quanto sia facile calpestare l’uomo e la sua dignità nel silenzio colpevole del mondo e specialmente del mondo democratico.
Nello Jiyuan (nella provincia centrale di Henan) c’è un grande complesso di fonderie di piombo le cui emissioni hanno inquinato il territorio circostante e hanno intossicato migliaia di abitanti, la maggior parte bambini. Le analisi, disposte dall’autorità civile a seguito delle vibrate proteste di molti cittadini, hanno riscontrato, nel sangue degli abitanti del luogo, livelli altissimi di piombo e cadmio. La questione è di una gravità impressionante altrettanto quanto le conseguenze sullo stato di salute delle persone.
Appurato ciò, mi parrebbe cosa normale, oltre a dare martellate sulla testa dei responsabili di questo scempio, procedere nel mettere in sicurezza le fabbriche, filtrare i fumi, fare tutte le diavolerie possibili perché la gente non respiri più il piombo; e, se tutto questo non è possibile, chiudere le fabbriche o riconvertirne la produzione.

La soluzione che la millenaria saggezza cinese ha trovato, invece, è stata quella di spostare forzatamente (leggi: deportare) 15.000 abitanti attorno alle fonderia in altra provincia. E, oltre al danno, la beffa: il costo dello spostamento, che il sindaco della città di Zhao Suping ha stimato in 1.000 milioni di yuan equivalenti a circa 98 milioni di euro, sarà per il 30% a carico dei residenti-deportati e il restante a carico del governo. È l’orrore della tirannia dell’economia sull’uomo.


Non ho trovato questa notizia sulla stampa nazionale ed è solo accennata sulla stampa internazionale, la si trova quasi esclusivamente sul web; evidentemente non è una notizia importante almeno quanto le escort, i/le trans, le scarlattine prese dai nipoti (non ci credo), le cazzate di Maria Stella e i ma-va-là di bocca di rosa.


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mercoledì 28 ottobre 2009

RICONDANNATO IL CORROTTO. E IL CORRUTTORE?




Anche per la Corte d’Appello di Milano (la seconda su tre gradi di giudizio) l’avvocato inglese David Mills è responsabile di corruzione in atti giudiziari e quindi gli ha confermato la condanna, come corrotto a quattro anni e sei mesi di reclusione. I suoi avvocati e lo stesso Nicolò Ghedini (ma di costui parleremo più avanti) hanno dichiarato che ci sarà ricorso, ovviamente, alla Cassazione.


C’è una domanda che resta ancora senza risposta: se si condanna il corrotto com’è possibile che non si condanni il corruttore? Persino nella più sperduta capanna del più sperduto paesino dell’africa nera, senza contatto con il nostro mondo incivile e per fortuna senza giornali e specialmente senza le nostre televisioni, sarebbe una domanda oziosa ma non in Italia.
Qui, in Italia, la domanda è molto seria e la risposta non è scontata. Ci hanno provato con il lodo Alfano (caro ministro della repubblica: era anticostituzionale, studiati la costituzione), ora ci riproveranno cercando di allungare i tempi del processo a carico di Berlusconi, imputato (quindi non ancora ufficialmente riconosciuto colpevole) anche lui di corruzione in atti giudiziari non come corrotto ma come corruttore, facendo scattare, nell’aprile 2011, la prescrizione. Su questo fronte, i suoi direttori di giornali, i suoi lacchè in parlamento e i suoi deputati-avvocati sono già al lavoro.

A proposito di deputati-avvocati, prendiamo per esempio il nostro Nicolò “ma-va-là” Ghedini, il 19 maggio scorso, quando uscirono le motivazioni del primo processo disse: “È una sentenza basata sul nulla, la condanna verrà annullata in appello”. Ora, alla sentenza del secondo processo in appello dice “La decisione della Corte d'Appello di Milano è del tutto illogica e nega in radice ogni risultanza in fatto e in diritto. Un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa. Tale decisione non potrà che essere annullata dalla Cassazione”. Quest’assicurazione è di buon auspicio: se non ha funzionato per il primo e secondo grado di giudizio, speriamo non funzioni nemmeno per il terzo. Mi chiedo: il nostro imperatore è certo che Ghedini lavori per lui? Non è che, per caso, porti sfiga? Io, ne siete testimoni, l’ho avvertito.
Come potete immaginare, la battaglia che dovranno combattere i giusti e gli onesti sarà ancora molto dura e lo dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, il nervosismo del nostro (?) premier nella sua sconclusionata e patetica e pietosa autodifesa ieri sera durante la trasmissione “Ballarò”. Ha ragione la sua ex moglie, non sta bene e non è colpa della scarlattina.


Tuttavia ieri a Silvio non è andata del tutto male, infatti, la Corte di Appello di Milano, a fronte dell’istanza di sospensione della sentenza del cosiddetto Lodo Mondadori presentata dai legali Fininvest, ha disposto la sospensione, in via provvisoria, dell’esecutività della sentenza emessa dal Tribunale di Milano: la decisione definitiva, la Corte d’Appello la prenderà probabilmente durante la prossima udienza della Camera di Consiglio prevista per il 1° dicembre.
Se son rose, fioriranno.



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martedì 27 ottobre 2009

TUTANKHAMON E BERLUSCONI



Tutti, stampa televisioni e web, parlano di Piero Marrazzo e dei suoi amici trans, della scarlattina di Berlusconi (se la si prende in tarda età, si può morire?), dell’impalamento politico del solito Giulio Tremonti, della vittoria (contro chi?) di Pierluigi Bersani e non parliamo della decisione del nostro Francescone Rutellone che ha deciso il distacco a rate dal Partito Democratico per domiciliarsi (per poco, gli piace variare, non preoccupatevi) nel partito del Buttiglione Rocco. Tutti temi che all’Italia degli italiani normali non interessano un fico secco se non giusto per scambiare quattro chiacchiere tra estranei sul tram o tra le bancarelle del mercatino rionale.


Vuoi vedere che sono fumogeni per nasconderci, come al solito, altre questioni? Staremo a vedere. Intanto abbiamo sua altezza il ministro Renato Bruschetta che ci dice che i soldi per fare il ponte sullo stretto di Messina ci sono (ma non ci sono quelli per mettere in sicurezza il territorio italiano e non ci sono, comunque, nemmeno quelli per il ponte) e, alla conferenza del Traffico e della Circolazione promossa dall’ACI a Riva del Garda, insiste: «Il ponte sullo stretto è un'opera epocale, voluta dal paese intero, figura nel nostro programma di governo e la realizzeremo nel tempo più breve possibile. La prima pietra sarà posata dal presidente Berlusconi. Questa grande opera rappresenta una soluzione, una volta per tutte, per la questione meridionale». In perfetta sintonia con il presidente Napolitano che raccomanda, invece, di investire sulla sicurezza e non su opere faraoniche.



Già, il faraone. Non uno qualunque ma il più famoso: Tutankhamon. E vuoi che il nostro scarlattinato presidente sia da meno del piramidato faraone? A piramide contrapponiamo il ponte. Ecco, credo che tutta la questione si giochi su quest’assioma: “io sono il più grande”.
Così decade (il dux lo crede veramente e lo vuol far credere anche a noi; che sia a causa della malattia della quale ci ha avvertito già da tempo la sua ex signora?) ogni questione sulle priorità, sui costi, sulla sicurezza: ciò che vuole è che resti il segno del suo passaggio.
Registriamo questo infausto momento e non disperiamo: le bugie e i bluff presidenziali sono di gran lunga in quantità superiore rispetto alle verità dello stesso e forse dell’idea del ponte, finite le elezioni regionali di primavera e fino ad altre elezioni, non se ne parlerà più.


Speriamo ma vigiliamo.






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lunedì 26 ottobre 2009

BERSANI CON IL BENEFICIO D'INVENTARIO

«Si è creato un muro di gomma tra sistema politico, media e condizioni reali. Cercherò di abbattere questo muro» e ancora «Il mio primo gesto da segretario sarà quello di occuparmi del lavoro e della precarietà, credo che abbiamo bisogno di riportare la politica ai fondamentali».

Chi fa queste dichiarazioni ai microfoni di CNRmedia è Pier Luigi Bersani, nuovo segretario del Partito Democratico.

Detto tra noi e senza che ciò abbia molto peso, a me Bersani è simpatico per la sua connaturata simpatia romagnola ma il suo modo di porsi in politica non mi convince, mi pare, con rispetto parlando, come una spugna (qui il vino non c’entra nulla): assorbe dal PCI e dai suoi rinnovamenti avvenuti nel tempo, dal mondo cattolico specialmente quello affaristico della Compagnia delle Opere e, perché no, anche il centrodestra non è estraneo alla sua proposta politica. Shakera il tutto e, voilà, il gioco è fatto.
Tuttavia, e lo dico con franchezza, il segretario ora è lui e per il momento attendo senza pregiudizio, anzi con un cordiale tifo, le sue prime mosse: se le sbaglia, lo saluto.
Intanto, le sue prime dichiarazioni vanno nel verso giusto ma sono ancora molto insufficienti; infatti, ciò di cui il paese ha necessità è che ci sia una reale opposizione all’occupazione dello stato da parte dello psicodux di Arcore (per inciso: vuoi vedere che i suoi stessi compagni di merenda lo pensionano? che risate!), senza tentennamenti o bizantinismi: bisogna mandarlo a casa punto e basta. “Lotta dura senza paura” si diceva nel ’68 quando ero ancora giovane studente; bei tempi quelli quando il comunista faceva il comunista, il democristiano faceva il democristiano e il missino faceva il fascista: botte da orbi, ma ci si rispettava, di più allora che oggi.
Certo, le amicizie di Bersani non sono di quelle che si possono apprezzare o sopportare a cuor leggero, Antonio Bassolino e Agazio Loiero fanno venire l’orticaria persino a un incosciente e innocente neonato e lo stretto legame con la volpe Massimo D’Alema non mi permette di stare tranquillo sull’evolversi di quest’avventura. Ma diamo tempo al tempo, può essere che, indossando l’abito di segretario del maggior partito di opposizione, venga “folgorato sulla via di Damasco” e trasformi il coma attuale del suo partito in una fresca e scoppiettante mischia per la libertà e la giustizia.
Non ha importanza se perderà per strada alcuni uomini come il camaleontico Francesco Rutelli; se capitasse, sarebbe solo un guadagno, per tutti.






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domenica 25 ottobre 2009

BERLUSCONI E MARRAZZO: NON È UN PAREGGIO

Ci sono due fatti che ci vengono proposti come due facce della stessa medaglia.

Il primo fatto: le affermazioni dell’assassino mafioso Gaspare Spatuzza che rivelano l’esistenza di solidi rapporti tra i boss mafiosi Graviano e Silvio Berlusconi assieme all’ideologo di Forza Italia Marcello Dell’Utri.
Il secondo fatto: il video rivelazione delle attività sessuali “diverse” di Piero Marrazzo, governatore della regione Lazio, membro (scusate se uso tale temine in questo caso, ma non trovo di meglio) rilevante del Partito Democratico.

Non entro nel merito delle due questioni poiché quel poco che conosco è solo ciò che la stampa e la televisione vogliono farmi sapere e certamente non è tutta la verità.
Ciò che mi fa imbestialire di tutta questa questione è il tentativo, dei politici (dei politucoli) e della stampa interessata, di far passare l’idea che, in fin dei conti, sono due “delitti” identici: uno da destra e l’altro da sinistra. Il risultato è la parità.

Balle, balle, balle. Pur essendo, entrambi, argomenti da voltastomaco, c’è una diversità sostanziale sugli effetti della questione che provo a sintetizzare.
Il primo fatto: se le rivelazioni di Spatuzza saranno ritenute veritiere, Berlusconi e Dell’Utri dovrebbero essere sottoposti a processo penale e condannati al carcere duro oltre che al pubblico lancio di scarponi di bushana memoria (dico “dovrebbero” perché con l’aria che tira con una nuova leggina inventata dal duo Ghedini-Alfano la questione sarà risolta prima e con la soddisfazione dei due).
Il secondo fatto: il video sui giochi sessuali di Marrazzo non rivela un reato ma un fatto personale, discutibile fin che volete, e non può essere condannato e non va in carcere. Certo non è un belvedere, anzi fa un po’ schifo e non è il frutto di una “debolezza privata”, come il nostro furbescamente vorrebbe farci credere stimolando la nostra naturale e umana pietà, ma di un’arroganza congenita a chi arriva al potere, anche se padre di famiglia: tutto è permesso e tutto è dovuto.

La conclusione di tutto questo discorso? Vedete voi: il primo, possibile candidato alla galera, non si dimette e non si dimetterà mai; il secondo invece sì.
E’ un mondo fatto alla rovescia.





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sabato 24 ottobre 2009

RANIERO LA VALLE: UNA PROPOSTA DI DEMOCRAZIA

Voglio proporvi, perché la condivido, una nota di Raniero La Valle, apparsa sul sito http://www.liberacittadinanza.it/, riguardante l’attuale situazione socio-politica italiana e una proposta che mi pare interessante, proponibile e percorribile.

A tutti voi è nota la figura e l’azione di Raniero La Valle, ve la rammento utilizzando le informazioni che lui stesso ci da e che sono in evidenza nel suo blog http://ranierolavalle.blogspot.com/ :È un giornalista, politico ed intellettuale italiano. Laureato in giurisprudenza, diventa direttore de Il Popolo e nel 1961 del quotidiano L'Avvenire d'Italia. Dal 1976 al 1992 diventa parlamentare della Sinistra Indipendente. Numerose le sue opere: Dalla parte di Abele (1971), Fuori dal campo (1978), Dossier Vietnam-Cambogia (1981), Marianella e i suoi fratelli (1983), Pacem in terris, l'enciclica della liberazione (1987). Attualmente è direttore di Vasti - scuola di critica delle antropologie - ed è stato presidente dell'Associazione Amici della Mezzaluna rossa palestinese. I suoi ultimi libri sono Prima che l'amore finisca (2003) e Agonia e vocazione dell'Occidente (2005). Nel 2008 ha pubblicato il volume "Se questo è un Dio", che costituisce una riflessione teologica di ampio respiro storico. Nel luglio 2008 è stato promotore e fondatore del movimento “Sinistra Cristiana – Laici per la Giustizia”, un servizio politico per la Costituzione, la laicità e la pace (www.sinistracristiana.net)."


COSTRUIAMO UNA COSTELLAZIONE DEMOCRATICA
di Raniero La Valle - 22 ottobre 2009
Ormai è tempo di fare un bilancio di 15 anni di riforme dell’assetto istituzionale e politico italiano. Il risultato non è solo un fallimento, ma il formarsi di un buco nero in cui tutta la nostra convivenza potrebbe sprofondare.
Il bipolarismo si è rapidamente trasformato nella pratica politica o nel sogno – come è stato chiamato – di due partiti unici, ciascuno dei quali, da solo, pretende di rappresentare e governare tutto il Paese, negando o cannibalizzando la parte avversa. Il bipolarismo all’italiana, nella versione berlusconiana, vuole un’Italia fatta di due sole parti, la destra e la sinistra, ma in cui la sinistra non ci sia.
Il perseguimento di questo obiettivo ha completamente sequestrato la politica, e anche l’azione di governo, scatenando la guerra tra istituzioni e impedendo che esse si occupassero del bene comune e delle necessità del Paese. Si è aperta la caccia alla giustizia, intesa come magistratura o Corte costituzionale, e si è abbandonata del tutto la giustizia intesa come giustizia sociale. Dall’Antico Testamento fino alla Costituzione repubblicana giustizia sociale vuol dire fare giustizia all’orfano, alla vedova, al povero, al precario, al disoccupato, al naufrago, allo straniero. E proprio perché non si fa questa giustizia, e anzi essa non è nemmeno in agenda, che la Costituzione è più gravemente violata e anzi distrutta.
Berlusconi non è solo causa, ma anche effetto di questo degrado. Non solo la Corte costituzionale e il presidente della Repubblica, ma anche il presidente del Consiglio è un organo di garanzia. Anche lui giura, anche lui deve attuare le finalità della Carta, anche lui deve mantenere l’unità del corpo politico, a cui “l’unità dell’indirizzo politico e amministrativo” che gli è affidata è funzionale. Non si può governare contro più della metà del Paese, né si può dire agli industriali: voi lavorate, alla democrazia ci penso io. Anche il fascismo diceva: qui non si fa politica, si lavora. Ma se a far politica è uno solo, come avvenne allora, la catastrofe è assicurata.
In ogni caso la situazione ormai è che perfino se Berlusconi avesse ragione, la sua presenza alla testa del governo è diventata causa di una grave turbativa dell’ordine pubblico e della vita collettiva, genera ansia, promuove l’anarchia delle classi dirigenti, diffama l’Italia all’estero e patrocina una cultura dell’odio e del nemico che non solo alla più piccola miccia può scatenare un incendio, ma soprattutto corrode e corrompe il pensiero e lo stile dei rapporti sociali delle giovani generazioni.
L’Italia è tarlata da questa cultura rampante che distrugge ogni legame sociale. Non c’è più l’accoglienza di ciascuno del volto dell’altro. C’è un volto, come viene rappresentato in TV negli scontri politici, che è un volto torvo, ghignante, sprezzante, minaccioso e senza luce d’intelligenza.
L’appello “per la costruzione di una costellazione democratica non mira perciò solo a un riscatto politico passeggero, ma a ricostituire le condizioni di una cultura e di una civiltà politica diversa.
Con il pane e i circenses si può ballare una sola estate. Dire davanti ai morti dell’alluvione in Sicilia e davanti al crollo dei redditi delle famiglie, che si farà il ponte sullo Stretto è una provocazione. Come quella attribuita a Maria Antonietta: se non hanno pane, che mangino brioches.
Perché allora la “costellazione democratica”? Lo racconta la sua figura: ogni stella brilla di luce propria, e ognuna ha il suo corso nel cielo. Nessuna inghiotte o distrugge l’altra. Ma insieme formano un disegno, esprimono un progetto, e addirittura (nello Zodiaco) evocano un destino. Le costellazioni esistono perché ci sono le stelle, e non le vogliono spegnere, ma anzi che brillino. Ma insieme aggregate entrano nell’immaginario collettivo.
Fuor di metafora: in una Costellazione politica alcune forze tra loro più vicine si uniscono, senza confondersi, per formare un governo; altre restano in un’orbita più larga, fanno parte di una maggioranza parlamentare, e insieme si possono presentare in una alleanza elettorale come alternativa al potere della destra; e prima ancora possono compiere insieme un’azione visibile nel territorio per il radicamento di una cultura costituzionale e l’esercizio del pluralismo della comunicazione sociale e della libertà.
Questa è una proposta non solo costruttiva per il centro-sinistra, ma anche liberatoria per la destra: nessuno deve essere costretto a stare sotto Berlusconi per avere parte nella politica e nel potere, tutti possono coesistere e cooperare rimanendo autonomi e diversi.
Ma è su questi piani alti di rapporti risanati tra istituzioni, forze politiche e mondi vitali del Paese, che si può operare per la salvezza e la pace della Repubblica.



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venerdì 23 ottobre 2009

BUONA NOTTE, PARTITO DEMOCRATICO

Vi sembra possibile che si possa continuare a lasciar frantumare la democrazia in Italia senza colpo ferire? Pare che solo il presidente della repubblica Giorgio Napolitano abbia iniziato a dire, ancora troppo timidamente, qualche cosa di sensato e cerchi di parare qualche colpo.

Fini no, non mi fido; mi pare che giochi al “buon” macellaio in (apparente) contrasto con il presidente del consiglio che sarebbe il “cattivo” macellaio: ma sempre di macellai parliamo (uso il termine “macellaio” solo perché così l’esempio mi viene bene e non perché i due indossino il grembiule sporco di sangue e maneggino il coltellaccio: io non me ne sono ancora accorto).


Chi mi stupisce di più è il Partito Democratico. In queste settimane, di vera emergenza democratica e di anticamera alla dittatura, cosa fanno costoro? Mettono in piedi una macchina elettorale con tanto di manifesti, di depliant, di bancarelle, di seggi elettorali, di pseudo dibattiti televisivi, di spot pubblicitari, insomma un carrozzone, immagino, molto costoso in termini di soldi e di energie.
Tutto questo contro una maggioranza dispotica e un premier … (l’aggettivo aggiungetelo voi)? Nemmeno per sogno: tutto questo è fatto per l’elezione del segretario politico del PD, come se non fosse già stato scelto da coloro che, in barba alla democrazia interna, hanno il vero bastone di comando del partito. È, quindi, solo una questione interna.
Ma la casa brucia e loro restano in cucina: il primo pretendente a tagliarsi le unghie, l’altro a scaccolarsi il naso e il terzo a far loro compagnia, non si sa mai. Non si accorgono che il fuoco, per continuare nell’esempio, li sta sfiorando e saranno ridotti in cenere.

A me queste cose fanno un po’ schifo, sanno di putrido, sanno d’inganno; basta guardare il programma dei tre candidati segretario (Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino): ditemi le differenze sostanziali rispetto al programma del PDL. Nessuna in grado di scardinare l’ingombrante e annichilente governo del dux Silvio.
In Italia manca l’opposizione. Chi si è investito di tale compito, avendo perso per propria colpa le elezioni, non è in grado di essere alternativa a chicchessia, gioca a fare il grande ma porta ancora i pannoloni.
Attenderò che il 25 ottobre finisca questo sonno comatoso del maggior partito di “opposizione” e inizi la vera battaglia: ci spero ma non ci credo.

 
 
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giovedì 22 ottobre 2009

PAGHIAMO NOI LA DACIA AL PREMIER

Mi ha colpito la notizia, e il conseguente clamore, che migliaia di persone si sono riunite in un gruppo del social network Facebook dal titolo “Uccidiamo Berlusconi”.


Io non voglio uccidere Berlusconi e nemmeno vederlo morto: la vita di un uomo, anche se fosse il più malvagio dell’universo e qui ci siamo molto vicini, non mi appartiene e quindi sull’esistenza altrui, come sulla mia, non posso e non voglio decidere e mi batterò perché nemmeno altri lo facciano. Un altro piazzale Loreto non è desiderabile.
Ma desiderare che quest’uomo sia messo nelle condizioni di non fare più del male, questo sì, lo posso esigere o, per lo meno, lo posso sperare.
Intendiamoci, per ora per quanto ne sappiamo non ha ucciso fisicamente e personalmente nessuno ma sulla sua coscienza gravano molti “omicidi morali”.
Le sue televisioni hanno cambiato le coscienze e il modo di rapportarsi delle persone tra loro e hanno introdotto, sia nei giovani che nei vecchi, altre priorità accompagnate da allettanti seni e cosce delle sue showgirl.
Il suo modo di intendere la politica, il “ghe pensi mi!” dell’eletto che diventa il padrone al quale tutto è sottoposto magistratura e stampa comprese, ha imbarbarito il giusto confronto d’idee differenti impedendo così la comune costruzione di una società più civile e quindi più umana; è la politica urlata, la politica delle parole orfana dei fatti (intendo orfana dei fatti per tutti i cittadini italiani mentre i suoi fatti privati hanno trovato fattivo riscontro).
Il suo modo di vivere il privato, che è pubblico per un primo ministro, ha distrutto la vita sociale: è diventato così esempio positivo frequentare prostitute, mentire contro l’evidenza dei fatti, comprare chi gli è contrario, disconoscere i valori fondanti la società ad eccezione del proprio personale godimento.
Questi sono alcuni degli “omicidi morali” che, a mio avviso, non sono meno gravi dell’omicidio vero e proprio.

Io continuo a sperare che quest’uomo sia messo nelle condizioni di non fare più del male (e tutti, democraticamente, dobbiamo contribuire affinché questo avvenga) anzi spero che lui stesso, in un momento di lucidità, decida di porre fine a questo scempio e l’occasione del suo viaggio (dicono privato ma con l’aereo di stato) nella Russia del suo amico ed ex capo del KGB Vladimir Putin potrebbe essere la soluzione: una magnifica dacia sul lago Valdai, circondata da boschi di betulle, accoglierebbe per sempre le stanche, ma non dome, membra dell’ultra settantenne primo ministro italiano (paghiamo noi l’affitto e le escort).





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mercoledì 21 ottobre 2009

UN FULMINE A CIEL SERENO? NO, UNA SUPPOSTA DI GLICERINA


In questa babele politica ci mancava solo Giulio Tremonti, ministro dell’economia, con il suo elogio al posto fisso: “Il posto fisso è la base sulla quale costruire un progetto di vita e la famiglia, in quanto la mobilità lavorativa non è un valore di per sé … C’è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile … Per me l’obiettivo fondamentale è la stabilità del lavoro, che è base di stabilità sociale”.
Apriti cielo; interviene fuori dalla grazia di dio Renato Brunetta, ministro della funzione pubblica, con un urlo di orrore: “Tremonti vorrebbe una nuova società dei salariati, solo che questa non risponde alle esigenze di flessibilità che pone il sistema. La sua è una soluzione del Novecento che non va più bene in questo secolo, non si può tornare indietro”.
Gli fa eco Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, con un deciso: “La cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possibile che negli anni scorsi ha creato problemi”.
Il sornione Pierluigi Bersani, sempre più affannato per la corsa alla segreteria del Partito Democratico, si chiede timidamente e forse (speriamo) ironicamente se il posto fisso sia inteso a casa o al lavoro rilevando il fatto che fra le due opzioni c’è una certa differenza.
Non poteva mancare una sagace e istruttiva dichiarazione di Luigi Angeletti (segretario della UIL e compagno di merenda di Raffaele Bonanni segretario della CISL): “Tremonti parla come se fosse un nostro iscritto” (come volevasi dimostrare finalmente sappiamo da che parte stanno i due sindacati).
Ma la ciliegina sulla torta la mette il nostro dux Silvio: “La polemica della sinistra sulle dichiarazioni di Tremonti e sul posto fisso è l'ennesima conferma della malafede di molti esponenti della sinistra. Confermo la mia completa sintonia con il ministro Tremonti. Per noi, come dimostrano i provvedimenti presi in questi mesi a tutela dell'occupazione, è del tutto evidente che il posto fisso è un valore e non un disvalore. Così come sono un ‘valore’ le cosiddette partite Iva … Il governo è a fianco dei milioni di italiani che lavorano come collaboratori dipendenti così come è a fianco di milioni di italiani che intraprendono, rischiano e producono ricchezza per sé e per i loro collaboratori, nell'interesse dell'Italia”.

Non ce ne sarebbe bisogno ma vi propongo una mia personalissima traduzione dal politichese berluspapista all’umano della frase il governo è a fianco dei milioni d’italiani che lavorano come collaboratori dipendenti.
Eccola: “da oggi inizia la campagna elettorale, senza esclusioni di colpi, mi approprio – dice lui – di slogan tradizionalmente del popolo della sinistra (i cui boss - dico io - sono quasi spariti o comunque pensano ad altro) così conquisto il voto di operai e impiegati orfani dei loro capi sindacali e politici. Finite e vinte le elezioni regionali di primavera – continua a dire lui – dichiarerò che la ringhiosa stampa di sinistra ha volutamente interpretato male le mie parole. E vissero tutti felici e contenti”.
La traduzione non è proprio letterale e confesso che ci ho messo anche del mio, ma il senso mi sembra chiaro: come dice Nicolò Macchiavelli, “governare è far credere”.
Non cadiamo in questi trabocchetti, la dittatura si avvicina a passi da gigante.
Allerta! Allerta!




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martedì 20 ottobre 2009

IN PIENA CRISI

Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria ci dice: “Il problema della disoccupazione è serio. Abbiamo evidenziato anche nelle nostre stime che i prossimi mesi vedranno un peggioramento della disoccupazione: stimiamo che al 2010 si possa arrivare con un tasso del 9.5%”.

Guglielmo Epifani, segretario generale della CGIL, precisa: “Qualche segnale di leggera ripresa c’è ma i problemi per l’occupazione cominceranno proprio adesso a diventare più pesanti”.

Come dire che finora abbiamo scherzato ora si comincia a fare sul serio: se prima con lo stipendio o il salario non si arrivava alla terza settimana, ora la prospettiva è che non arrivi addirittura lo stipendio o il salario.
Quindi la ripresa non è per il lavoratore ma per il povero industriale; per il lavoratore forse, ma forse, nel 2011 o nel 2012 o nel 2013: che importanza ha?
Dario Franceschini, segretario del Partito Democratico, fai bene a metterti le calze turchesi, le indosseremo anche noi se ci rimarranno soldi per comprarle. Ma faresti meglio a smetterla di giocare: il paese (e intendo la gente comune, quella che suda e si sporca le mani per lavorare) non ne può più di psicopapi, di nani veri e propri, di buffoni, di mestatori, di bugiardi, di monatti, di escort (=troie), di lacchè (nel senso di leccacu… di professione), di emiliofedi appunto, di voltagabbana, di picchiatori travestiti con pelliccia di pecora, di pavidi ignoranti che ruggiscono perché hanno le spalle coperte, di sindacati (alcuni) con l’itterizia.
Il paese, come lo intendo io, ha bisogno di sicurezze (non quelle dei Maroni) materiali e morali, ha bisogno di tornare a vivere, ha bisogno di essere aiutato a riappropriarsi della propria vita sociale; in una parola, ha bisogno di riavere la libertà che questi sedicenti governanti hanno buttato nella spazzatura.
Franceschini nominando te ho inteso, ovviamente, coinvolgere in questo mio sfogo tutti coloro che, almeno a parole, sono contro il dittatorello imparruccato: Pierluigi Bersani, Ignazio Marino, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Antonello Soro, Massimo D’Alema, eccetera, eccetera, Antonio Di Pietro (se la smette di cazzeggiare), Pierferdinando Casini. Rocco Buttiglione: no, a questo non c’è rimedio.
Per favore non rispondetemi come a scuola: presente!

Mettetevi in moto.



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lunedì 19 ottobre 2009

PER NON DIMENTICARE ANNA POLITKOVSKAJA


Qualche giorno fa, il 7 ottobre, si è ricordato, per la verità in sordina, il terzo anniversario dell’assassinio di Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca, nella Russia di Vladimir Putin, nell’ascensore di casa sua con quattro colpi di pistola dei quali uno ha colpito la giornalista alla testa.
Assassinata perché ha raccontato dello sterminio in atto del popolo ceceno, delle ingiustizie verso l’uomo, delle barbarie di questa civiltà, del cinismo dei potenti della terra, del “maggiordomismo” come pratica di vita: è un’eroina, una martire della libertà, un esempio positivo.
Di lei, parla Vera, la figlia: “E’ stata assassinata per dare una lezione ai giornalisti, per dare un colpo fortissimo alla libertà di stampa in Russia. Posso dire con ragionevole certezza che i mandanti l’abbiano voluta morta non solo per le sue indagini e suoi articoli sulla Cecenia, ma per la sua opera, per il suo impegno più in generale”.



Ho riguardato, sul sito di Giorgio Fornoni, giornalista e reporter freelance (http://www.giorgiofornoni.com/: andatevelo a guardare e tenetelo sempre a portata di mouse), l’intervista ad Anna Politkovskaja che lo stesso ha realizzato per la trasmissione Reporter (Raitre) nell’agosto 2003.
Ve ne propongo un piccolo stralcio sperando di invogliarvi a leggerla tutta e questo per tre motivi: la giusta curiosità verso chi ha dato la propria vita per la libertà di tutti, perché continuare a ricordare il martirio è un modo per rendere immortale il “martire” e la sua lotta, perché è di un’attualità sconcertante, anche per noi italiani, oggi.

“… Ci parli delle tecniche di terrore di massa usate dai russi sui civili in Cecenia.
Non sono d'accordo con il vostro modo di esprimervi. Prima di tutto, non si parla di russi, ma di militari di diverse nazionalità. Ci sono forze federali contro la popolazione civile nella Repubblica cecena: tanto la popolazione russa quanto quella ucraina hanno condiviso la stessa sorte di quella cecena in quei territori. Conosco russi che sono stati torturati e altri russi le cui case sono state fatte saltare in aria intenzionalmente, poiché pensavano che nascondessero guerriglieri ceceni. I metodi utilizzati sono vari, e spesso ci si comporta da bestie più che da uomini. Un uomo può essere eliminato solo perché si trovava nelle vicinanze di militari. Un ragazzo di 26 anni, nel 2001, era in giro per le strade di Grozny quando è stato preso. E’ stato pestato mentre veniva portato alla stazione di polizia, e una volta lì gli è stato detto che per salvarsi doveva diventare un loro agente e indicare dove si trovavano i guerriglieri. Il ragazzo proveniva da una famiglia cecena perbene, era laureato, e si è rifiutato di collaborare. La cosa particolare è che ci sono stati dei testimoni di questo arresto. In generale si hanno a disposizione soltanto i risultati di queste violenze, cioè i corpi torturati. Questo ragazzo ormai agonizzante è stato gettato in una cella. La cella non era altro che una buca, e quando si venne a sapere che la mattina sarebbe giunto sul posto un procuratore, i militari hanno semplicemente gettato in un pozzo il corpo del giovane che si era rifiutato di diventare un loro agente. Dopo i bombardamenti a Grozny ci sono molti posti così, sono come dei pozzi che scendono verso il basso, là dove c'erano le fognature. Subito dopo hanno lanciato una granata e del corpo non è rimasta traccia. Lui ha semplicemente cessato di esistere. Questa è solo una piccola pagina di quello che accade in Cecenia. Ci sono varie tecniche di pulizia etnica, che in sostanza sono operazioni punitive contro villaggi interi. Viene circondato un villaggio, vengono portati via tutti gli uomini, e non tutti vi fanno ritorno. Dicono che viene controllato che fra loro non ci sia nessuno che abbia preso parte ai combattimenti, invece vengono pestati da qualche parte, vengono portati via e dichiarati scomparsi. La violenza di massa sulla popolazione maschile è un fatto perché rientra nella mentalità dei nostri soldati. Vengono portati via dai villaggi tutti gli uomini alti, forti, e vengono lasciati i vecchi e i drogati. In genere dipende tutto dal comandante della divisione. Questa non è una guerra di generali, ma di colonnelli: la sorte della persone dipende dall'ufficiale che comanda la divisione, che di fatto ha potere di vita e di morte.

Giovani ceceni pieni di odio, donne kamikaze. Cosa spinge a ciò?
La domanda è molto generica. Per prima cosa ci sono due tipi di donne kamikaze. Ci sono quelle della djamahat, le comunità religiose che ritengono tutto ciò un loro dovere verso Allah. La maggior parte sono persone portate alla disperazione da tutto ciò che ho raccontato prima. Madri, sorelle di scomparsi che hanno bussato alle porte di tutte le sezioni di polizia ricevendo sempre la stessa risposta: «Non ci sono più, sono scomparsi, rassegnatevi». Dal 2001 queste donne hanno iniziato a dire apertamente che a loro non rimane che farsi giustizia da sé. Se i militari si fanno giustizia da sé, in risposta riceveranno lo stesso. Nel 2001 ci sono stati i primi sporadici casi di donne kamikaze. Una donna si avvicina a un generale che ritiene responsabile della morte del marito e si fa esplodere. Muore lei, ma muore anche lui. Sono donne che non hanno un comandante, ma sono unite da una comune disgrazia. Per dirla in modo non militare, è quasi un «club»: non vedono altro senso nella loro vita se non la vendetta.


C'è qualche legame tra i ceceni e al Queda?
Come giornalista prima dovrei sapere cos'è al Qaeda. Dopo l'l l settembre c'è stato detto «è responsabile Al Qaeda». Ma che sistema è questo? Senza dubbio l'ex vice presidente ceceno Zemi-lhad Dardyev, scappato molto tempo fa dalla Cecenia senza combattere tutta la seconda guerra - e questo per un ceceno è un disonore - riceveva aiuti da Bin Laden e dalla sua struttura. Ho visto con i miei occhi le tombe degli arabi che hanno combattuto qui nella seconda guerra cecena, ma non so se fossero membri di al Qaeda. Credo che al Qaeda sia un paravento dei nostri potenti per nascondere i propri errori quando non riescono a fronteggiare gli attacchi terroristici. È come una nuova alleanza dopo la guerra fredda. Per questo alla vostra domanda non posso rispondere né sì né no. …”



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domenica 18 ottobre 2009

UN MALESSERE ORMAI INCONTENIBILE

Ciò che sta accadendo in Italia viene fatto apparire come una guerra tra destra e sinistra o come l’assecondare le bizze di un bambino un po’ maleducato (ma tanto simpatico!) e molto viziato che pesta i piedi se non ottiene ciò che vuole: insomma, una cosetta senza gravi conseguenze.
Ciò che sta accadendo in Italia mi pare che sia, invece, lo smantellamento rigoroso e pianificato (specialmente a mezzo stampa e televisioni) di tutte le regole, i principi e i valori dell’uomo e della convivenza umana. Non vado oltre e non porto esempi: questi li sapete trovare anche voi.
Vi voglio però proporre la lettera (purtroppo un po’ lunga) che un prete ha scritto al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato vaticano.
Il prete, don Paolo Farinella, non so chi sia, se è di destra o di sinistra, tradizionalista o modernista, barbaro o civile, nel pieno delle sue funzioni o sospeso a divinis, onesto o canaglia; quello che so è che la sua lettera, trovata sul sito di “libera cittadinanza” e che non condivido nella sua totalità, indica non uno sfogo tanto appassionato quanto transitorio ma un malessere che sta emergendo con forza e che, mi pare, non più contenibile e non sottovalutabile.




Sig. Cardinale,
mercoledì 7 ottobre 2009 è stato un giorno memorabile e tragico. Memorabile perché una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il tentativo di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, corrotto e corruttore, di stravolgere lo stato di diritto, piegandolo ai suoi biechi e immorali interessi. Con il «Lodo Alfano», egli voleva la consacrazione costituzionale di essere l’«Unto di Dio» in terra.

Che Berlusconi sia «unto» è fuori di ogni dubbio: unto di falsità, di immoralità, di corruzione, di furto, di evasione, di illegalità e di antidemocraticità.
La sentenza della Corte, invece, ha restituito a noi cittadini comuni, l’orgoglio della dignità di appartenere ad una Repubblica, dove l’uguaglianza dei cittadini e la legalità sono ancora «principi non negoziabili». Con questa sentenza l’Italia è più forte e più libera.
Mercoledì 7 ottobre 2009, però, è stato anche un giorno tragico. Lei, sig. segretario di Stato Vaticano, nonostante la disapprovazione della Chiesa reale, ad ogni costo, ha voluto tagliare insieme a Berlusconi il nastro della mostra «Il Potere e la Grazia» a palazzo Venezia (ogni riferimento al passato è decisamente voluto). Che scena deprimente! Che spettacolo rozzo e indecoroso! Lei sapeva che «in quel giorno e in quelle ore», la Corte Suprema si sarebbe pronunciata e sapeva quali sarebbero state le reazioni di un uomo malato e fuori controllo (testimonianza della moglie), eppure non ha esitato ad aspettare e a rispettare la tempistica imposta da un giullare che da sempre ha identificato i suoi interessi con quelli del Paese.
Il presidente del consiglio, furibondo per non essere «più uguale degli altri», chiuso nel bunker insieme ai suoi disonorevoli dipendenti, sapendo che ormai non poteva sfruttare il tg1 minzoliniano, ormai fuori tempo massimo, ritarda volutamente l’apertura della mostra, costringendo lei ad aspettare i suoi comodi. Egli infatti varca la soglia di palazzo Grazioli, sede di meretricio istituzionale, nello stesso momento in cui inizia il tg4 di famiglia, consapevole che quelle primissime immagini avrebbero fatto il giro del mondo.
Come un cane, ferito all’improvviso, con uno stile da pescivendolo (con tutto il rispetto) più che da uomo di Stato, va all’attacco di tutti: lo tzunami della vergogna attraversa l’etere, una valanga di falsità e di fango schizza dappertutto: contro il Presidente della Repubblica, contro i Giudici Costituzionali (anche contro quei due con i quali ha condiviso una irrituale cena, prima della sentenza?), contro la guardia del corpo più alta di lui, contro la stampa, contro la televisione, contro la luna che si permetteva di sogghignare. Una scena invereconda.
«In quel giorno», il 7 ottobre 2009, la prudenza clericale e diplomatica avrebbe voluto che lei stesse defilato, magari in qualche cappella a pregare per la «serva Italia di dolore ostello / nave sanza nocchiere in gran in gran tempesta / non donna di provincie, ma bordello» (Dante, Purg. II, 6,76-78).
Invece?… Invece, lei, sig. cardinale, stava lì, come un compare di nozze, accanto all’«utilizzatore finale» di prostitute a pagamento. Egli da solo ha calpestato tutti «i principi etici non negoziabili» con cui lei è solito pontificare; tutti i principi della dottrina sociale della Chiesa che ogni tanto lei rispolvera per darsi un contegno; tutti i valori etici per cui il Vaticano e la Cei avete anche organizzato una manifestazione di massa, il Family-Day, a cui ha partecipato anche il frequentatore di minorenni, divorziato e strenuo difensore della «famiglia», senza che nessuno lo accompagnasse in qualche strada adiacente; tutti i principi, i valori, le regole e il metodo che il papa predica e la Cei descrive nel documento «Educare alla legalità» (1991-2000), che avete abortito prima ancora che nascesse.
Tutto ha corrotto il Corruttore, anche le coscienza del popolo cattolico che, su vostra indicazione, lo vota in massa, senza nemmeno turarsi il naso. Lei stava lì come un protettore che mette il cappello sul proprio protetto, mandando un messaggio mediatico trasversale dentro e fuori i palazzi: Berlusconi è sotto la protezione del Vaticano e non si tocca, come lei aveva fatto con Giovanni Profiti, indagato a Genova e promosso a presidente dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, di proprietà del Vaticano. Si direbbe che lei sia attratto dalla recidività: lei, infatti, va a braccetto di Berlusconi, nonostante sia corrotto, nonostante abbia corrotto, nonostante frequenti minorenni, nonostante favorisca e alimenti la prostituzione, nonostante sia evasore, nonostante sia piduista, nonostante sia Berlusconijad, nonostante abbia impoverito l’Italia dentro l’abbia umiliata fuori, all’estero, dove stampa ed economia chiedono a gran voce le dimissioni.
A lei, sig. cardinale, che gliene cale? L’importante è portare a casa, a costo zero, qualche legge che domani un altro governo eliminerà. Ah, la lungimiranza della diplomazia vaticana, un tempo mito ineguagliabile di accortezza serpentina, oggi ridotta a comparsa nel ridotto del berlusconismo, mito dell’anticristianesimo.
Il mondo ha visto che il presidente del consiglio, vergogna internazionale della Repubblica italiana, certo ormai del padrinaggio vaticano, ha osato dirle davanti a tutti che in quella mostra mancava un quadro: «quello di San Silvio da Arcore» e lei, con il sorriso di prassi (diplomaticamente ebete), è rimasto allampanato, incapace di infilargli una mano in bocca e strappargli la lingua. Lei annuiva, restando immobile, che è il top della diplomazia e della falsità proterva e bugiarda. Io non so se lei si sia reso conto del danno che ha provocato alla Chiesa universale e alla Chiesa che è in Italia in modo particolare.
Con la sua presenza «in quel giorno e a quell’ora», senza che Berlusconi ammettesse i suoi errori e chiedesse scusa agli Italiani e alle Italiane dei suoi comportamenti non privati, ma di presidente del consiglio in carica in luoghi protetti dal «segreto di Stato», lei ha posto la premessa formale per sette conseguenze inevitabili, che peseranno sulla sua coscienza e di cui dovrà rendere conto a quel Dio in cui dice di credere:
a) Lei ha avallato la tesi del presidente del consiglio che afferma di essere orgoglioso dei suoi comportamenti perché gli Italiani vogliono essere come lui. In questo modo lo propone a tutti come MODELLO. Lei insieme a Berlusconi, due giorni dopo una sentenza di un sovrano tribunale che lo giudica corruttore di giudici e nel giorno in cui la Corte Suprema lo spoglia della sua pretesa e mafiosa superiorità, rendendolo semplicemente cittadino tra i cittadini, autorizza tutti gli Italiani e le Italiane a imitarlo perché che altro significa la sua presenza se non la santificazione di un uomo perverso e del suo sistema d’impunità immorale?
b) Lei ha dato vigore e densità alla pazzia di un uomo che non esita a gettare la Nazione in una guerra civile pur di salvarsi da tutte le sue ignominie e dai tribunali, anche per fatti commessi prima che diventasse deputato e presidente del consiglio. Come nel 1929 fu solo il Vaticano a riconoscere il governo di Mussolini e la sua dittatura fascista, così nel 2009, esattamente dopo 80 anni, è ancora il Vaticano a togliere d’impiccio istituzionale un governo e un indegno presidente del consiglio condannato dal mondo intero.
c) Lei con questa sua presenza, «in quel giorno e in quelle condizioni», ha perso ogni dignità etica di parlare di mortalità e di spiritualità perché non ha esitato, sul modello della migliore tradizione mafiosa, a dire al mondo intero che un mafioso, amico dei mafiosi e protettore di mafiosi, corruttore, evasore (con tutto il resto), è protetto dalla Sacra Famiglia Vaticana. E’ possibile che lei rappresenti uno Stato estero, è impossibile che possa, anche per sbaglio, rappresentare la Chiesa di Cristo.
d) Lei con la sua presenza a quella mostra ha assolto di fatto Berlusconi, all’insegna del «siamo pratici, ovvia!», rinnegando anche le condizioni etiche e sacramentali che la Chiesa impone ai poveri diavoli. Lei ha disonorato tutti i credenti che faticano giorno per giorno a conciliare quello che voi dite con le difficoltà della vita. Forse abbiamo sbagliato interpretazione del vangelo e correggerlo con «i ricchi li avrete sempre con voi», al posto di «i poveri li avrete sempre con voi». Personalmente ritengo che lei, in coscienza, non possa celebrare la Messa senza commettere sacrilegio e vilipendio della dottrina cattolica.
e) Lei apparendo accanto all’Indecenza personificata, non solo ne diventa complice e coartefice, ma autorizza centinaia e centinaia di persone credenti e non credenti a diffidare di una gerarchia collusa con il potere e il malaffare, esortando i molti che sono sulla soglia, invitandoli a lasciare la Chiesa, sbattezzandosi come atto formale, unica arma di autodifesa nei vostri confronti che ascoltate solo il richiamo del corrotto potere.
f) Lei ha dato l’avallo ai giorni tristi che ci attendono perché l’uomo è senza coscienza di Stato.
g) Lei è colpevole se le offerte dell’8xmille diminuiranno ancora e deve sapere che ne è stato e ne è la causa efficiente. Da alcuni anni le offerte diminuiscono sempre di più e sulla mia strada incontro sempre più persone che dichiarano di firmare per altre realtà religiose, perché non vogliono essere complici di una clero e di una gerarchia che ha tradito il Vangelo.
Come prete di strada, come credente nel Gesù del Vangelo e come cittadino che ama il suo Paese, senza esserne schiavo, mi permetta di dirle con chiarezza: lei non mi rappresenta più (veramente non mi ha mai rappresentato, nemmeno quando era vescovo di Genova) e sono fiero di rifiutare e ripudiare il suo modello e quello che lei propone, proteggendolo: il berlusconismo che è l’indecenza che corrompe la nostra Nazione e corrode il nostro futuro. Intanto il territorio, dilapidato dai condoni edilizi, si frantuma, i precari, i licenziati, i tre milioni di poveri che vivono con 222,00 euro, gli sfrattati e gli immigrati uccisi, tutti in coro ringraziano anche lei che, ora con certezza, «sappiamo da che parte sta».
Con disistima,
Paolo Farinella, prete

La cosa mi pare molto seria.


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sabato 17 ottobre 2009

HONDURAS: SI RITORNA ALLA LEGALITÀ?


Per la prima volta i rappresentanti del golpista Micheletti (presentiamogli Berlusca) e del presidente Manuel Zelaya, riuniti attorno al “tavolo” dell’Oganización de Estados Americanos (OEA) sembra abbiano trovato un primo iniziale e timido accordo. Questo è stato dichiarato e nulla più. Però un paio di indiscrezioni emergono, vanno verificate ma, intanto, le condividiamo con voi: le elezioni previste per la fine di novembre sembrerebbero confermate, anche se il legittimo presidente non può rientrare a palazzo; non sarebbero previste né l’immunità né l’impunità per i golpisti e quindi i loro crimini non possono essere prescritti.
E’ evidente, date per vere queste due indiscrezioni, che la questione non si ferma lì e l’accordo necessariamente sarà più complesso e più ramificato e avrà altri costi sociali alti in termini di libertà e di vite umane che si aggiungeranno alla passata situazione politica e sociale drammatica, per usare un eufemismo.


Certo i registi diretti o indiretti del golpe (i notabili honduregni e i loro amici stranieri, l’esercito, il cardinale di Tegucigalpa che si è autoposto tra questi con la sua dichiarazione, dicono anche l’Opus Dei, il pentagono …) in ogni caso ne escono con le ossa rotte: il popolo, nelle piazze, si è fatto sentire e continua a chiedere democrazia vera. Negli slogan che scandiscono il nome di Zelaya, è contenuto un messaggio serio e duro, anche verso l’attuale legittimo presidente (che non è uno stinco di santo) e verso il futuro capo dello stato honduregno: attento, il popolo ora ha ritrovato la voce.
Continuiamo a seguire l’evolversi della situazione e a tenere accesi i riflettori sull’Honduras operando così a favore della democrazia.


Due filmati sulla resistenza honduregna:

Parte 1 http://www.youtube.com/watch?v=EYY4vj9ROC0

Parte 2 http://www.youtube.com/watch?v=upMu_oR2YUU





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venerdì 16 ottobre 2009

FARINA, IL BETULLA, DIXIT

Finché in Italia c’è la libertà di scegliere che quotidiani leggere, e ne approfitto dati i tristi tempi poiché di “doman non c’è certezza” (mi scuso con Lorenzo il Magnifico se lo cito), io ho scelto di non leggere, fra gli altri, Il Giornale di Feltri, quello che ha sulla scrivania il busto del duce, non Berluspapi ma Benito. Mi direte che sono di parte, ebbene vi confermo che lo sono se è di parte buttare la monnezza in discarica.

Tuttavia, vagando nel web, ho trovato uno spezzone di articolo, proveniente proprio da Il Giornale e riguardante la questione dell’omofobia, che ha attirato la mia curiosità prima e la mia irritazione poi.

Prima di citarvi il brano dell’articolo vi devo dire, con una certa apprensione, chi è l’autore dello stesso, perché a volte ci sono rifiuti così tossici che non sappiamo né catalogare né distruggere e questo è il caso: mi ringrazierete poiché vi do elementi per scegliere se continuare a leggere oppure no. Come so e come leggo su Wikipedia, è un giornalista radiato dall’ordine, una spia del SISMI, condannato per favoreggiamento, si legge che sia membro di Comunione e Liberazione (o almeno lo era), opinionista di Libero e ora de Il Giornale, parlamentare del PDL dal 2008 (un premio per la sua immacolata ed esemplare vita) e si fa chiamare “Betulla”: Chi sarà? Renato Farina. E ora, se siete coraggiosi continuate nella lettura.

Ecco il brano estrapolato dell’articolo “Tutela i gay ma è bella quindi si può fischiare: ecco la «carfagnofobia»” pubblicato il 12 ottobre da Il Giornale:
“… Mi permetto un’altra piccola osservazione, e poi chiudo. Per me uccidere una persona è il delitto peggiore che esista, grida vendetta al cospetto di Dio. E non dovrebbero esistere graduazioni. Ma a lume di buon senso, quanto al danno sociale, siamo sicuri che sia più grave uccidere un omosessuale single che un padre di famiglia?”.
Vi rendete conto con chi abbiamo a che fare? Vi rendete conto come viene scientemente insinuata nella testa nostra e dei nostri figli l’idea razzista e violenta? Ma nessuno parla, nessuno si scandalizza, nessuno si ribella. Occorre veramente iniziare a creare e sperimentare e proporre dei luoghi di umanità e libertà.
Io, vecchio che non mi arrendo, faccio una promessa: su questo blog, oltre a continuare a denunciare ciò che mi sembra contro l’uomo e l’umanità, vorrei iniziare a dare notizia del lavoro e delle esperienze di chi l’uomo lo ama veramente e in concreto dedicandogli la propria vita.

Attendo da voi un grande aiuto: scrivetemi e raccontatemi di fatti ed esperienze positive.





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giovedì 15 ottobre 2009

ALL’AQUILA SIAMO SOTTO ZERO

All’Aquila siamo sotto zero e alcune migliaia di persone, Bertolaso le chiama con disprezzo “irriducibili”, sono ancora sotto le tende, al freddo.
Chi ha visto in questi giorni le poche immagini presentateci dai telegiornali se n’è reso conto: vecchi, bambini, studenti impossibilitati a una vita normale, ma tutti con un’espressione di rassegnazione scolpita sui volti.
Ci si è messo di mezzo anche il vento e la tempesta che hanno fatto volare le tende, altre scosse di terremoto fino a magnitudo 4.9 della scala Richter (la scossa più violenta in aprile è stata di magnitudo 5.8), lo smantellamento dei bagni chimici dalle tendopoli da parte della Protezione Civile, il fango causato dalle piogge continue di questi giorni.
Le case provvisorie promesse per metà ottobre non sono state ancora assegnate e in molte di queste manca ancora il riscaldamento.
Le abitazioni agibili e parzialmente agibili (alloggio di classe B e C), prima di essere ridate in uso ai legittimi proprietari, devono essere controllate dagli esperti che ancora non hanno iniziato questa operazione e quindi parte di questi “irriducibili” non può né iniziare a sistemare le lesioni né ripararsi in casa propria.
Certo, la Protezione Civile offre a costoro una sistemazione provvisoria in alberghi lungo la costa abruzzese, lontano anche cento chilometri dal luogo di lavoro o dai propri famigliari: ma com’è possibile, ragionevolmente, accettare tale proposta!
Dopo la consegna delle prime abitazioni da parte del governo (case che per la verità sono state costruite non con i fondi dalla Protezione Civile ma con quelli della Croce Rossa e della Provincia di Trento, queste sì a tempo di record), dopo le foto ricordo con il presidente armato di sorriso a 160 denti e lo strombazzamento delle televisioni e dei giornali maggiordomi, ora le luci sono state spente, le notizie non arrivano quasi più e il migliore di tutti i governanti italiani è ad altro affaccendato. Vergogna.

Noi "normali" cosa possiamo fare? Intanto parliamone ovunque, non lasciamo cadere nella dimenticanza questo tragico avvenimento assieme alla tragedia che ha colpito Messina.
Mettiamo in moto nelle piazze l’opinione pubblica, chiediamo ai nostri sindaci di parlarne nei consigli e nelle giunte comunali e di trovare risorse da inviare in quelle zone non alla Protezione Civile ma agli enti che sono naturalmente presenti sul territorio e operano umilmente e silenziosamente (Comune, Caritas, associazioni di volontariato, eccetera), domandiamo ai maestri e professori di parlarne agli scolari e agli studenti.
Diciamolo chiaramente: coloro i quali sono tuttora sotto le tende e patiscono il freddo e l’umiliazione di essere ancora degli “sfollati” sono uomini e donne, giovani e vecchi, neonati e bambini costretti a questa situazione dalla burocrazia e dal malgoverno e ciò è una colpa grave, gravissima.



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mercoledì 14 ottobre 2009

IL PREMIO NOBEL PER LA PACE È GIÀ EX

Il Washington Post ci dice che, zitto zitto e quatto quatto, è stato autorizzato l’invio in Afghanistan di altri 13.000, uomini che si aggiungono ai 21.000 già deliberati poche settimane fa, raddoppiando così di fatto il contingente americano inviato a suo tempo dal noto guerrafondaio e, per fortuna, ex presidente statunitense George Wc. Bush.

Mi chiedete, chi è che ha autorizzato tale invio? Ma diamine, il novello Premio Nobel per la Pace Barack Obama!
Non fate quella faccia da increduli; leggete i giornali, (non in prima pagina, non è una notizia così importante, e nemmeno appare in tutti i quotidiani) e ne avrete conferma. Lo so che sembrerebbe incredibile, che ci sarà una ragione "ragionevole", che forse invierà crocerossine vestite da marines per non dare nell’occhio, che bla … bla … bla … o che tutto ciò risponde all’antico detto di Vegezio para bellum si vis pacem.
Datemi retta, tutte balle: anche al pivello nobel piace giocare alla guerra incurante se al posto dei soldatini di piombo ha soldati in carne e ossa (per la verità pochi yankees e molti latinoamericani, loro sì carne da macello) e se le vittime nemiche sono per lo più civili e specialmente donne e bambini.
Vi ricordate cosa ho scritto in un post del 9 ottobre dal titolo “Wow! A Barack Obama il Premio Nobel per la Pace”?

“… Alle sue spalle, per poter diventare presidente, ci sono sicuramente i magnati del petrolio, delle armi, dei latifondi, forse gli stessi che aveva George W. Bush e che hanno cambiato casacca (a questi livelli il passaggio da repubblicano a democratico e viceversa è solo questione d’interessi e di opportunità) e lo costringeranno, passati i primi mesi di euforia, ad adeguarsi alla politica imperiale statunitense....”.



Ecco fatto, dopo 5 giorni (dal 9 a oggi 14 ottobre) la conferma.Ritiro le mie congratulazioni al presidente degli Stati Uniti per il nobel ricevuto, gli lancio una scarpa, meglio uno scarpone, purtroppo solo ideale e gli appunto al petto una coccarda con la scritta: PIRLA!!!
Anzi, no, pensateci voi.





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