mercoledì 11 novembre 2009

LE CONDIZIONI E LE CIRCOSTANZE IN CUI VIVIAMO

La condizione culturale, sociale e politica in cui siamo immersi, e non mi riferisco solo all’Italia, è quanto di più inumano e immorale si possa pensare: l’uomo è in balia di un direttore d’orchestra che ci usa a volte come ancia di sassofono, a volte come corda di violino, a volte come cassa armonica ma mai come musicista capace di armonia assieme agli altri musicisti e mai come uomo centro di tutto.

La domanda “chi sono io?” resta ancora senza risposta anzi, in questo clima di sottomissione al potere di turno (e a noi oggi, in Italia, tocca subire il peggiore e amorale scugnizzo della storia patria, un nano in tutti i sensi) pare quasi scomparsa o scollegata a forza dalla tua “investigazione”.


Sto leggendo un libretto dove sono state trascritte alcune conferenze che un professore giapponese, Ryo Narukawa, ha tenuto ai suoi studenti universitari alcuni anni fa. Le conferenze trattano di antropologia e un brano di una di queste descrive la condizione umana attuale e le circostanze in cui oggi tutti noi viviamo.

Ve lo propongo perché mi pare calzi perfettamente con la nostra situazione o, almeno, io mi ci ritrovo perfettamente. Mi piacerebbe avere da voi, che coraggiosamente mi leggete, qualche commento. Può essere che, mano a mano proseguo nella lettura di queste interessanti conferenze, mi venga la voglia di offrirvi altri brani significativi.

«… In questa nostra condizione, quello che io chiamo “potere” è un sistema o un complesso di rapporti ingiusti e arbitrari che viene diffuso dai grandi mezzi di omologazione e di standardizzazione, quali la pubblicità e gli strumenti di comunicazione globalizzati; esso viene veicolato, esemplarmente, nei discorsi della mentalità comune e rende sempre più opaca la persona umana nella sua totalità, poiché strumentalizza i suoi singoli bisogni. Questo potere, infatti, non ci accosta come uomini interi, ma ci accosta ora come produttori, ora come studenti, ora come inquilini, ora come consumatori, ora come figli, ora come bisognosi d’affezione, ora come complesso di diritti, ora come soggetto di doveri, eccetera. Insomma: potere è perciò ciò che pretende di rompere l’unità dell’uomo.

Tu hai bisogno di nutrimento, di vestiti, della casa, del lavoro, della formazione, dello svago, eccetera; fondamentalmente, sei un essere pieno di bisogni. Perciò, il potere non ti accosta nella tua interezza di uomo, ma ti spezzetta e si rivolge a te ora come produttore, ora come studente, ora come inquilino, ora come consumatore, ora come religioso, eccetera; il potere tende a rompere sempre l’unità dell’io, secondo il vecchio adagio del “divide et impera” (“crea la divisione e tu dominerai”). L’uomo, perciò, scompare dietro i ruoli che, via via, gli sono assegnati; e, in questo modo, tu vieni ridotto al particolare cui il potere è interessato; la grandezza del tuo cuore viene rimpicciolita a quella misura particolare che interessa al potere in quel momento.
Dovete non essere mai tranquilli su questo: state attenti a non lasciarvi definire da quella mentalità comune che governa anche 1’aria che respiriamo e che domina il criterio dei rapporti tra gli uomini. Il potere di cui parlo esercita la sua vera incidenza sui cuori laddove non ve ne accorgete, poiché vi raggiunge nei rapporti più normali e quotidiani, laddove qualcuno prende pretesto da un giusto desiderio del tuo cuore, da un tuo bisogno o da un aspetto parziale di ciò che tu sei, per svolgervi attorno un proprio programma. Il potere da cui desidero mettervi in guardia, infatti, se può essere espresso certamente e in modo esemplare o appariscente da un governo o da un centro di potere economico o finanziario, è normalmente espresso attraverso la mentalità dominante, cioè attraverso la mentalità comune, la quale stabilisce, di fatto, il modo dei rapporti umani. Se tu assorbi acriticamente la mentalità comune e il clima in cui vivi, vieni ridotto a una parte di te, vieni reso meschino. Ciò si può notare anche dal significato che assumono le parole fondamentali: prendi la parola “amore” e vedrai come è abusata; prendi la parola “lavoro”; prendi la parola “libertà”. Su moltissime altre parole si può trovare l’uso improprio che siamo indotti a farne dalla mentalità comune e dominante. …».



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