mercoledì 25 novembre 2009

LA PIAZZA VENEZIA DI SILVIO. IL PROSSIMO DISCORSO ALLA NAZIONE


Che differenza sostanziale notate tra Benito Mussolini che si affaccia al balcone di piazza Venezia e parla alla folla e il suo emulo, Silvio Berlusconi, che vuole illustrare direttamente ai cittadini italiani quanto sia ingiustamente e vergognosamente oppresso dalla giustizia comunista?
Ve lo giuro, non vi ho trovato differenze se non per la forma: il nostro novello duce usa un balcone ben più ramificato di quello di piazza Venezia (giornali, televisioni e insetti schifosi volanti come le vespe) e quindi ben più pericoloso.
E vi siete chiesti perché vuole parlare direttamente agli italiani?
Io, che non sono malizioso, penso che il nostro martire della giustizia voglia ottenere direttamente dal popolo l’assoluzione dalle infamanti accuse rivoltegli dai pubblici ministeri poiché teme di non poterla conseguire dai giudici, come si auspicherebbe ogni persona normale (giacché, per ora, i suoi ministri e avvocati, pagati profumatamente dallo stato per risolvere i suoi affari privati, hanno dimostrato, grazie a dio, un’incapacità asinina senza precedenti).

Ma forse il plurioppresso presidente non vuole solo conseguire l’assoluzione direttamente dal popolo (questo gli interessa fortemente), vuole addirittura che il popolo condanni i giudici per lesa maestà, la sua (e questo gli interessa ancora di più).
È soltanto un’inversione di ruoli: per il nostro presidente (è veramente un grande innovatore) non è normale che il giudice giudichi l’imputato ma è l’imputato che deve giudicare il giudice. Non dovete preoccuparvi, è solo un a cazzatiella giuridica senza alcuna conseguenza, solo potrebbe essere interessante per qualche studioso di psichiatria naturalmente sporco comunista.
Ciò che ormai il nostro ossesso sembra volere è il processo di piazza, in una piazza teleguidata, dove non valgono le regole del diritto (perché, in questo caso, potrebbe essere giustamente condannato) ma la parola e solo la sua parola.
Fateci i conti. Se, per pura casualità, le indagini (dei tribunali di Caltanissetta, Palermo, Firenze) su presunte contiguità del potere politico con la mafia portassero ad accuse precise contro il presidente (accuse ben più gravi di quelle che lo disturbano oggi), nessun tribunale potrebbe ignorarle e potrebbe esimersi dall’infliggere un’adeguata pena; salvo che i giudici non vengano moralmente (o peggio fisicamente: chissà perché mi vengono alla mente i fu Brenda e Capasso) esautorati da una mediatica piazza Venezia.
Il minacciato discorso alla nazione potrà essere l’inizio fisico e dichiarato del colpo di stato.



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