lunedì 30 novembre 2009

LA TELEVISIONE ASSASSINA

Ho letto, per caso, l’ironico post di Silvia Delgado Fuentes dal titolo “la televisione non mente mai”.
Per la verità, non so chi sia questa donna e da dove venga e non so nemmeno se possa esserci tra me e lei qualche affinità culturale, ma ciò che ho letto a riguardo del potere della televisione si attaglia perfettamente al mio pensiero e alla realtà che tutti stiamo vivendo anche qui in Italia, specialmente qui in Italia; schiavi, oramai, del padrone delle televisioni: il satrapo Berlusconi.
Vi offro queste poche righe, da me tradotte (scusatemi per la traduzione un po’ casalinga ma, credo, rispettosa del testo) e per questo vi lascio qui la possibilità di leggervelo in spagnolo.

L’immagine, che riproduco, è anch’essa tratta dal blog di Silvia Delgado Fuentes e ci mostra una televisione trasformata in un bidone dell’immondizia (in spagnolo suona meglio: basura) che scarica tutto lo schifo possibile sul tele(bidon)spettatore; non vorrei che, per la proprietà transitiva, foste tentati di rappresentare allo stesso modo anche il padrone della televisione.


Ho paura e sono molte le ragioni per averla.
Ho paura degli stranieri, però non di tutti, dei marocchini, dei sudamericani, dei rumeni, dei negri.
Ho paura del terrorismo,
di perdere il lavoro,
che mi tolgano la casa,
che si sottraggano i miei risparmi in labirinti finanziari,
delle malattie,
del cambiamento climatico.
Ho paura dei delinquenti, dei vandali, di chi annusa i rifiuti, di chi si droga, ho paura di uscire di notte, di usare l'auto, ho paura di invecchiare, di mangiare, di spendere, di fumare.
Ho paura di chi mi parla per strada, di chi mi guarda, di chi mi ignora, di chi mi cerca, di chi mi offre.
Ho tutte le paure ben distribuite.
La televisione tiene conto di questo, ci informa continuamente, ci preavvisa, ci protegge, è il vangelo.
Ci dice che la strada è diventata un luogo ostile, che gli stranieri non hanno morale, che uccidono selvaggiamente, di stare in silenzio per non perdere il lavoro, che è meglio vaccinarsi, di stringere la cinghia (già sempre abbastanza stretta), di non lamentarci se siamo controllati, repressi, impoveriti, se noi siamo trattati come bambini.
Dice come stanno le cose, che è meglio se cominciamo a pensare alla pena di morte, all'ergastolo, a diminuire le nostre libertà, che è meglio vivere rinchiusi piuttosto che morire per mano di qualcuno con turbante, per mano di un folle, di un attivista, di un libertario, di un poeta, di un lavoratore precario, di un emigrante o di un pensionato.
La televisione dice questo e, lo sappiamo tutti, la televisione non mente mai.



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sabato 28 novembre 2009

NESSUN REGALO ALLE MAFIE

Non è certo che i risultati positivi accreditati al ministro leghista Roberto Maroni siano il segno di una lotta senza quartiere alla mafia; mi pare piuttosto, senza nulla togliere alla positività degli arresti eccellenti, che rispondano più a una logica di eliminazione della parte “perdente” della mafia a tutto vantaggio non dello stato ma della parte oggi “vincente”.

Perché affermo questo? Perché lo stato, nonostante ciò che dichiara, di fatto sta favorendo questo cancro italiano legiferando sulle intercettazioni (tempi e metodi ingestibili e improduttivi), sullo scudo fiscale (sistema di lavaggio automatico e legalizzato del denaro sporco), sul mancato commissariamento del comune di Fondi (vergogna nazionale da addebitare al capo del governo senza dimenticare il pavido Maroni costretto a rimangiarsi il suo duro giudizio contro il potere mafioso che si è insediato in quell’amministrazione comunale).
E ora, la ciliegina sulla torta: la messa all’asta degli immobili confiscati alla mafia e non più destinati, come sancito dalla legge 109 del 1996, all’assegnazione degli stessi a fini sociali, istituzionali o di pubblica sicurezza.
Risultato: la mafia (utilizzando ovviamente dei prestanome) si ricomprerà, a prezzi stracciati, ciò che lo stato ha confiscato a loro stessi. In questo modo tutti avranno il loro tornaconto: la mafia si riappropria di beni pagandoli meno di una sciocchezza (vi immaginate cosa può succedere a un cittadino normale se si mette a competere con la mafia in un’asta ?) e questo governo può “fare cassa”. Tra mafia e governo si instaura, così, un’intesa perfetta che viene accettata dalla maggioranza del parlamento.


Nemmeno le tragiche morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono in grado di piegare l’immoralità di questi nostri governanti.
Don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele, ha lanciato una mobilitazione e un appello; eccovi il testo.


NIENTE REGALI ALLE MAFIE, I BENI CONFISCATI SONO COSA NOSTRA
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all’unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l’impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.
Oggi quell’impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. È facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all’intervento dello Stato.
La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.
Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l’emendamento sulla vendita dei beni confiscati.
Si rafforzi, piuttosto, l’azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S’introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un’Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti “cosa nostra”



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venerdì 27 novembre 2009

BERLUSCONI ATTENTO: ESISTONO ANCORA I PIER CAPPONI E I MASANIELLO



Era l’anno 1494 quando Carlo VIII di Francia entrò con il suo esercito nella Firenze che si era proclamata repubblica dopo aveva cacciato i Medici.
Il re francese (invasore sprezzante, cinico e potente) era intenzionato a imporre delle condizioni particolarmente dure ai fiorentini conquistati, pena il saccheggio della città da parte dei suoi soldati al suono delle trombe.
Il mitico Pier Capponi, allora a capo della Repubblica, si oppose con durezza alle richieste e rispose con sarcasmo al re “se voi suonerete le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane”, non quelle che ricordavano la messa ma quelle che richiamavano alle armi la popolazione, minacciando così una rivolta popolare contro l’invasore. La ribellione ebbe successo e Carlo VIII rinunciò alle pretese.
Questo pezzo di storia, raccontato grossolanamente, mi richiama, 515 anni dopo, all’attuale situazione italiana seppur solo per metà; infatti, se è semplice individuare il moderno alter ego di Carlo VIII (vi aiuto: è re Silvio il bassotto), non lo è altrettanto scovare il novello Pier Capponi. Oddio, di capponi (con la “c” minuscola) tra i lacchè che siedono in parlamento ce ne sono tanti ma nessuno di costoro fa al nostro caso poiché il Pier originale passava per uno, e lo ha dimostrato, che aveva i suoi due gioielli con un diametro di tutto rispetto.
Il moderno Carlo VIII, trasformatosi in Silvio IV, ci chiede, fra le altre cose, di non giudicare i suoi reati, di non tifare per i giudici, di sorridere anche se abbiamo fame, di godere alle notizie delle sue prestazioni sessuali, di leggere Il Giornale e Libero e bruciare La Repubblica, di votare mafiosi troiette e papponi, eccetera (peggio delle condizioni poste dall’invasore francese). Altrimenti è la guerra civile (parole subito smentite ma, intanto, fatte circolare perché chi doveva capire capisse). Altrimenti, per chi lo avversa, sarà la fine; hai capito Fini? se continui ti azzoppa come ti fa intendere esplicitamente Vittorio Feltri dalle pagine del giornale di famiglia: “Berlusconi a Fini: o con me o fuori dal Pdl”.
Come accennavo non esiste il nuovo Pier Capponi; quelli eletti e pagati per farlo non fanno nulla, non si godono nemmeno la scena, vanno a dibattere nelle televisioni del re assieme ai cortigiani del re e forse sono pagati dal re (e allora, poverini, lo fanno per necessità e dobbiamo scusarli).

Permettetemi allora di riesumare un altro personaggio della storia che scaldò i cuori dei napoletani nel 1647 (è ovvio, per loro la questione era più semplice: non erano governati né da Rosa Russo Iervolino né da Antonio Bassolino e, grazie a dio, Nicola Cosentino non si era dato ancora alla politica): il popolano Masaniello.

Se non c’è ancora chi vuole interpretare il ruolo dell’allora capo della repubblica fiorentina (usando sistemi persuasivi e non violenti) certamente verrà fuori, e presto, lo insegna la storia, chi prenderà l’eredità di Masaniello: e allora saranno guai.



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giovedì 26 novembre 2009

LE BRIGATE ROSSE DEL BRIGANTE FELTRI


Ho letto una notizia per la quale, se è vera come sembra che sia, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risa se, invece, non fosse di una tragicità delinquenziale.

Una lettera con una stella a cinque punte (quella, per intenderci, delle brigate rosse) viene recapitata alla redazione genovese dell’illeggibile giornalaccio di Vittorio Feltri, da questa lettera emergono minacce gravi e da non sottovalutare nei confronti dei giornalisti del medesimo “Il Giornale”, Massimiliano Lussana e Francesco Guzzardi.
Ovviamente, da questo fatto scatta un tam-tam giornalistico e mediatico con titoloni di giornale che paventano il ritorno delle brigate rosse in caccia di giornalisti non comunisti e che incitano a non sottovalutare il pericolo rosso, incitamento che contiene un messaggio subliminale: attenti italiani se indebolite il berlusca ci ritroviamo ancora i rossi assassini in casa.
La Digos (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, divisione operativa della Polizia di Stato) si mette giustamente in moto e cosa scopre?
Scopre che Guzzardi (reo confesso) ha scritto di suo pugno il volantino delle brigate rosse, autominacciandosi e lo ha fatto perché, a suo dire, alcuni zingari della periferia genovese avevano minacciato lui e la sua famiglia. Capite il non senso della questione? Un cretino qualunque che, per questioni personali e comunque non chiare e di poco conto, crea il panico nel paese usando la cassa armonica della stampa (certa stampa) e mettendo a soqquadro l’intelligence italiana. Questo modo di operare però non è tutta farina del suo sacco: il suo editore reale, quello che, attraverso il fratello, gli dà lo stipendio, Silvio Berlusconi insomma, gli ha fatto da maestro con le sue cause passate presenti e future.

La Digos ha denunciato l’infame per simulazione di reato e per procurato allarme. Io, che non sono avvocato e non me ne intendo, aggiungerei un’aggravante poiché lo scribacchino ha tra le mani uno strumento di diffusione della notizia molto potente, il suo giornale, e capace di influire sulla coscienza dei suoi lettori.

Credo che sia opportuno, se tutto ciò che ho letto è vero, che l’Ordine dei Giornalisti, di fronte a questo grave fatto di malo-giornalismo, prenda posizione e commini a Guzzardi almeno la radiazione perpetua dall’Ordine. Sono cosciente che questa “pena” anziché castigare può portare grandi benefici al condannato (vedi lo spione ciellino Renato betulla Farina che pur radiato continua a essere uno dei giornalisti di punta del famigerato Vittorio Feltri) ma almeno resta nella storia del giornalismo italiano come esempio negativo.




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mercoledì 25 novembre 2009

LA PIAZZA VENEZIA DI SILVIO. IL PROSSIMO DISCORSO ALLA NAZIONE


Che differenza sostanziale notate tra Benito Mussolini che si affaccia al balcone di piazza Venezia e parla alla folla e il suo emulo, Silvio Berlusconi, che vuole illustrare direttamente ai cittadini italiani quanto sia ingiustamente e vergognosamente oppresso dalla giustizia comunista?
Ve lo giuro, non vi ho trovato differenze se non per la forma: il nostro novello duce usa un balcone ben più ramificato di quello di piazza Venezia (giornali, televisioni e insetti schifosi volanti come le vespe) e quindi ben più pericoloso.
E vi siete chiesti perché vuole parlare direttamente agli italiani?
Io, che non sono malizioso, penso che il nostro martire della giustizia voglia ottenere direttamente dal popolo l’assoluzione dalle infamanti accuse rivoltegli dai pubblici ministeri poiché teme di non poterla conseguire dai giudici, come si auspicherebbe ogni persona normale (giacché, per ora, i suoi ministri e avvocati, pagati profumatamente dallo stato per risolvere i suoi affari privati, hanno dimostrato, grazie a dio, un’incapacità asinina senza precedenti).

Ma forse il plurioppresso presidente non vuole solo conseguire l’assoluzione direttamente dal popolo (questo gli interessa fortemente), vuole addirittura che il popolo condanni i giudici per lesa maestà, la sua (e questo gli interessa ancora di più).
È soltanto un’inversione di ruoli: per il nostro presidente (è veramente un grande innovatore) non è normale che il giudice giudichi l’imputato ma è l’imputato che deve giudicare il giudice. Non dovete preoccuparvi, è solo un a cazzatiella giuridica senza alcuna conseguenza, solo potrebbe essere interessante per qualche studioso di psichiatria naturalmente sporco comunista.
Ciò che ormai il nostro ossesso sembra volere è il processo di piazza, in una piazza teleguidata, dove non valgono le regole del diritto (perché, in questo caso, potrebbe essere giustamente condannato) ma la parola e solo la sua parola.
Fateci i conti. Se, per pura casualità, le indagini (dei tribunali di Caltanissetta, Palermo, Firenze) su presunte contiguità del potere politico con la mafia portassero ad accuse precise contro il presidente (accuse ben più gravi di quelle che lo disturbano oggi), nessun tribunale potrebbe ignorarle e potrebbe esimersi dall’infliggere un’adeguata pena; salvo che i giudici non vengano moralmente (o peggio fisicamente: chissà perché mi vengono alla mente i fu Brenda e Capasso) esautorati da una mediatica piazza Venezia.
Il minacciato discorso alla nazione potrà essere l’inizio fisico e dichiarato del colpo di stato.



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martedì 24 novembre 2009

LEGGI AD PERSONAM: LA PERSECUZIONE CONTRO BERLUSCONI





Quello che posto, è l’elenco di 18 leggi ad personam (perché non vi confondiate, in questo caso personam è un sinonimo di Silvio Berlusconi) approvate dal 2001 a oggi dai governi di centrodestra che hanno prodotto benefici al monarca di Arcore e alle sue società. Questa scheda è apparsa su La Repubblica del 23 novembre 2009: mi pare che diffonderla faccia bene alla democrazia e al risveglio delle nostre coscienze.


ECCO LE LEGGI CHE HANNO AIUTATO BERLUSCONI


1 Legge n. 367/2001. Rogatorie internazionali. Limita l’utilizzabilità delle prove acquisite attraverso una rogatoria. La nuova disciplina ha lo scopo di coprire i movimenti illeciti sui conti svizzeri effettuati da Cesare Previti e Renato Squillante, al centro del processo “Sme-Ariosto 1” (corruzione in atti giudiziari).
2 Legge n. 383/2001 (cosiddetta “Tremonti bis”). Abolizione dell’imposta su successioni e donazioni per grandi patrimoni. (Il governo dell’Ulivo l’aveva abolita per patrimoni fino a 350 milioni di lire).
3 Legge n.61/2001 (Riforma del diritto societario). Depenalizzazione del falso in bilancio. La nuova disciplina del falso in bilancio consente a Berlusconi di essere assolto perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” nei processi “All Iberian 2” e “Sme-Ariosto2”.
4 Legge 248/2002 (cosiddetta “legge Cirami sul legittimo sospetto”). Introduce il “legittimo sospetto” sull’imparzialità del giudice, quale causa di ricusazione e trasferimento del processo (“In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l’incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la Corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell’imputato, rimette il processo ad altro giudice”). La norma è sistematicamente invocata dagli avvocati di Berlusconi e Previti nei processi che li vedono imputati.
5 Decreto legge n. 282/2002 (cosiddetto “decreto salva-calcio”). Introduce una norma che consente alle società sportive (tra cui il Milan) di diluire le svalutazioni dei giocatori sui bilanci in un arco di dieci anni, con importanti benefici economici in termini fiscali.
6 Legge n. 289/2002 (Legge finanziaria 2003). Condono fiscale. A beneficiare del condono “tombale” anche le imprese del gruppo Mediaset.
7 Legge n.140/2003 (cosiddetto “Lodo Schifani”). E’ il primo tentativo per rendere immune Silvio Berlusconi. Introduce il divieto di sottomissione a processi delle cinque più altre cariche dello Stato (presidenti della Repubblica, della Corte Costituzionale, del Senato, della Camera, del Consiglio). La legge è dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Consulta n. 13 del 2004.
8 Decreto-legge n.352/2003 (cosiddetto “Decreto-salva Rete 4”). Introduce una norma ad hoc per consentire a Rete 4 di continuare a trasmettere in analogico.
9 Legge n.350/2003 (Finanziaria 2004). Legge 311/2004 (Finanziaria 2005). Nelle norme sul digitale terrestre, è introdotto un incentivo statale all’acquisto di decoder. A beneficiare in forma prevalente dell’incentivo è la società Solari.com, il principale distributore in Italia dei decoder digitali Amstrad del tipo “Mhp”. La società controllata al 51 per cento da Paolo e Alessia Berlusconi.
10 Legge 112/2004 (cosiddetta “Legge Gasparri”). Riordino del sistema radiotelevisivo e delle comunicazioni. Introduce il Sistema integrato delle comunicazioni. Scriverà il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi: “Il sistema integrato delle comunicazioni (Sic) - assunto dalla legge in esame come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di comunicazione - potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi ne detenga il 20% di disporre di strumenti di comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti”.
11 Legge n.308/2004. Estensione del condono edilizio alle aree protette. Nella scia del condono edilizio introdotto dal decreto legge n. 269/2003, la nuova disciplina ammette le zone protette tra le aree condonabili. E quindi anche alle aree di Villa Certosa di proprietà della famiglia Berlusconi.
12 Legge n. 251/2005 (cosiddetta “ex Cirielli”). Introduce una riduzione dei termini di prescrizione. La norma consente l’estinzione per prescrizione dei reati di corruzione in atti giudiziari e falso in bilancio nei processi “Lodo Mondadori”, “Lentini”, “Diritti tv Mediaset”.
13 Decreto legislativo n. 252 del 2005 (Testo unico della previdenza complementare). Nella scia della riforma della previdenza complementare, si inseriscono norme che favoriscono fiscalmente la previdenza integrativa individuale, a beneficio anche della società assicurative di proprietà della famiglia Berlusconi.
14 Legge 46/2006 (cosiddetta “legge Pecorella”). Introduce l’inappellabilità da parte del pubblico ministero per le sole sentenze di proscioglimento. La Corte Costituzionale la dichiara parzialmente incostituzionale con la sentenza n. 26 del 2007.
15 Legge n.124/2008 (cosiddetto “lodo Alfano”). Ripropone i contenuti del lodo Schifani”. Sospende il processo penale per le alte cariche dello Stato. La nuova disciplina è emanata poco prima delle ultime udienze del processo per corruzione dell’avvocato inglese Davis Mills (testimone corrotto), in cui Berlusconi (corruttore) è coimputato. Mills sarà condannato in primo grado e in appello a quattro anni e sei mesi di carcere. La Consulta, sentenza n. 262 del 2009, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione.
16 Decreto legge n. 185/2008. Aumentata dal 10 al 20 per cento l’IVA sulla pay tv “Sky Italia”, il principale competitore privato del gruppo Mediaset.
17 Aumento dal 10 al 20 per cento della quota di azione proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La disposizione è stata immediatamente utilizzata dalla Fininvest per aumentare il controllo su Mediaset.
18 Disegno di legge sul “processo breve”. Per l’imputato incensurato, il processo non può durare più di sei anni (due anni per grado e due anni per il giudizio di legittimità). Una norma transitoria applica le nuove norme anche i processi di primo grado in corso. Berlusconi ne beneficerebbe nei processi per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente.
Speriamo.





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lunedì 23 novembre 2009

BRENDA, IL MISTERO E L' ASSASSINIO. NON CREDO A QUESTO MISTERO

Intanto chiamiamolo con il suo vero nome: Wendell Mendes Paes, poco più che trentenne, brasiliano, trovato morto semicarbonizzato.
Chi avrebbe potuto subire un danno dalle sue rivelazioni? Questa è la domanda che dobbiamo porci di fronte all’assassinio (di questo si tratta) di una persona.
Non mi interessa la penosissima questione di Piero Marrazzo e non mi interessa che fosse un transessuale e che si prostituisse, mi interessa invece, questo sì, che è una persona, una creatura, alla quale hanno chiuso la bocca con violenza e per sempre.
È stato un omicidio annunciato: l’aggressione subita e il furto del cellulare (che certamente conteneva gli indirizzi dei clienti), la morte del pusher Gianguarino Capasso trovato deceduto per overdose (overdose di che? di stato?) in una stanza d’albergo; e ora la condanna a morte eseguita alla perfezione, persino troppo perfetta, non compiuta da un balordo ma da un professionista, di quelli istruiti dai potenti per azioni su commissione.
Ormai la questione non è più legata al presidente della regione Lazio e seguitare a coinvolgerlo, almeno con i titoli che continua a propinarci la stampa, equivale a depistare. Marrazzo sta pagato alla grande, anzi è l’unico che paga e si deve ancora scoprire a quale mente malata va il merito d’aver messo in piazza il privato del giornalista, anche se, leggendo le notizie, qualche sospetto mi viene in mente in questo infuocato e ormai senza regole clima politico.
Di questo delitto, si tratta di cercare il committente o i committenti, coloro che avrebbero potuto “morire” politicamente o civilmente o economicamente a causa di una rivelazione di Brenda, coloro i quali rendono cinicamente e normalmente praticato il detto “mors tua, via mea”. Si legge che i nomi sono in circolazione specialmente nelle redazioni giornalistiche oltre che nelle segreterie dei partiti, le quali, entrambe, si guardano bene dal rivelarli: cosa dobbiamo pensare in merito se non che i clienti di questo transessuale sono persone molto note, persone importanti, persone che determinano la vita civile e morale del nostro paese: politici d’alto bordo? boss della malavita? alto clero?. Tra questi probabilmente c’è l’assassino. Forse per questo il computer del giovane brasiliano è stato messo a mollo e il palmare è misteriosamente sparito.

Credo che non sarà possibile accontentarsi d’indagini senza colpevole o con un balordo destinato al sacrificio e non sarà possibile nemmeno accettare un’attesa infinita per avere un risultato senza nome.
Non vogliamo essere costretti a pensare a un delitto di stato.




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venerdì 20 novembre 2009

COMUNIONE & LIBERAZIONE: L’ARROGANZA DEL POTERE

Leggo una notizia sul sito www.uninversi.org (il sottotitolo del sito è: osservatorio sulle patologie dell’università milanese), una notizia che, di per sé, sarebbe piccola cosa ma che invece muove a grande pietà sia nel senso di delusione (meglio disprezzo) per chi ha innescato la questione e sia nel senso di dolore per chi l’ha subita così pesantemente e a costoro va tutta la mia solidarietà.
È una storia che vede come protagonisti da una parte gli onnipresenti, onniscienti e onnipotenti ciellini e, dall’altra, cinque ragazzi trattati peggio dei peggiori assassini; è una brutta storia di prepotenza, di quell’arroganza che si è, ormai, insinuata nel DNA di Comunione & Liberazione, questo potentissimo gruppo, sedicente cattolico ma che in realtà sembra essere più un’influente lobby affaristica con ramificazioni profonde e stabili nella politica (governo compreso: sono tra i più fanatici sostenitori degli illibati – politicamente, s’intende - Silvio Berlusconi, Roberto Formigoni e Rocco Buttiglione), nell’economia (con la compagnia delle opere), nell’apparato curiale vaticano dove la fanno da padroni assieme all’Opus Dei e nelle università.
Meglio stare alla larga.
La notizia ve la propongo così come l’ho letta (uso il copia/incolla) senza aggiungere e togliere nulla, vi offro anche la vignetta che accompagnava la notizia e che mi pare significativa.
Lascio a voi il giudizio sulla questione: il mio è di totale disgusto.


“CL: UNA VERGOGNA
C'è chi viene in università per imparare oggi e poter contribuire, un domani, dall'altra parte della cattedra.
C'è chi si attiva con ostinazione per trasformare quotidianamente i nostri atenei, e chi si accontenterebbe di costruirsi una carriera individuale più o meno precaria. Non è tutto.
C'è CL, il movimento cattolico, che con le sue mille ramificazioni sta stritolando la libertà di pensiero negli atenei del bel paese: compagnia delle opere, cusl, obiettivo studenti e tutte le altre sigle che si nascondono dietro la grande casa di CL sono la vera pandemia dell'università italiana.
Venerdì 13 novembre cinque ragazzi, tra cui diversi studenti di questo ateneo, sono stati arrestati nel merito di una maxi-operazione di polizia, degna di una fiction di canale 5, per una presunta colluttazione seguita al mancato pagamento di una risma di fotocopie all'interno della libreria Cusl.
Cinque arresti per 20 euro pulciosi, eseguiti su denuncia della stessa CL che HA RUBATO NEGLI ANNI 2004-2007 quasi 25000 EURO ALLA NOSTRO UNIVERSITA'.
Come ben documentato da un'inchiesta del master in giornalismo dell'ateneo, sono tre le riviste fantasma (Trueman, Tiger, The Globe) con cui i ciellini hanno sistematicamente sottratto all'ateneo risorse preziose, impedendo, di rimando, la realizzazione di altri progetti. Tre riviste contrassegnate dalla lettera T, come le Truffa che CL ha impunemente condotto allo scopo di appropriarsi dei fondi “millelire”, destinati al finanziamento di progetti promossi dagli studenti.
La sproporzione tra i fatti accaduti oltre un mese fa e le accuse di rapina e lesioni aggravate impressiona, così come impressiona la violenza con cui sono state condotte le perquisizioni anche all'interno di abitazioni private. Quello che non ci impressiona è l'ignoranza e l'incuria con cui i media di sono affannati a dipingere a tinte forti questa storia; così come non ci stupisce che, ancora una volta, i veri parassiti siano legittimati a seguitare arraffando mentre per venti euro pulciosi di fotocopie la vita di cinque giovani attivi sia messa in subbuglio e sottoposta a severo giudizio.
L'unica trasformazione possibile dell'università è quella che avviene spingendo dal basso: un occhio per i tagli e le riforme di svilimento e privatizzazione; l'altro attento ai tentacoli di chi mangia sui nostri atenei ed agita il braccio della legge...per i soliti venti euro pulciosi.”.


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giovedì 19 novembre 2009

SCHIFANI, L’EDUCATORE DEI MIEI STIVALI


I media contemporanei devono vincere qualsiasi tentazione di manipolare, soprattutto i giovani, cercando invece di educarli, tenendo conto degli effetti che essi producono nella formazione delle coscienze “.
Di chi è questa dotto appello? Chi esprime questa giusta preoccupazione nei confronti dei giovani e della loro educazione?
Non ci crederete: è il presidente del senato, la seconda carica dello stato (e per questo non aggiungo gli appellativi che si meriterebbe), il signor Renato Schifani.
Questa volta fate male a non credere. Capisco le vostre difficoltà. Sì, certo, è il compagno di merenda dell’inquilino di palazzo Chigi, il suo megafono politico, è quello che ritiene normale, anzi umano, anzi patriottico proporre ai giovani l’esempio educativo ed etico del suo capo.

Infatti, il suo Silvio Berlusconi non li manipola ma li educa, questi giovani italiani e specialmente queste pulzelle, a una vita giocosa e libera nei parchi e nelle camere da letto; li educa al senso civico spiegando loro che è bello lavorare per le proprie tasche utilizzando e sfruttando il proprio popolo; li educa alla giustizia spiegando che il capo può fare ciò che vuole, anche leggi ad personam, senza essere giudicato come qualunque cittadino; li educa alla solidarietà chiarendo che gli extracomunitari devono essere ricacciati a casa loro; li educa alla democrazia intessendo rapporti di amorosi sensi con i dittatori, al par suo, Vladimir Putin e Muammar Gheddafi.

I media contemporanei non sono sicuramente e purtroppo un esempio positivo e quindi l’appello, di per sé è giusto, ma lui, lo Schif Ani, per la vergogna non dovrebbe nemmeno aprir bocca.

E, per tirarvi su il morale, guardatevi questo video.



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mercoledì 18 novembre 2009

SCHIAFFONI SOLO AI MISERABILI DEL MONDO


Si è concluso il vertice della F.A.O., l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, con un nulla di fatto, come è tradizione.

Un nugolo di capi di stato, pochi quelli dei paesi ricchi, tutto esaurito nelle suite degli alberghi romani, banchetti a destra e a manca, colloqui bi-tri-quadri laterali (il più delle volte “ blaterali”), shopping per le vie del centro. Una montagna di soldi, ma, per la fame dei popoli, non è stato “scucito” nemmeno un euro.
Afferma Vincenzo Spadafora, presidente dell’UNICEF Italia: “Si sono dette molte parole ma nessun passo avanti da parte dei governi nella direzione di maggiori stanziamenti e di nuove politiche per combattere la fame nel mondo”.
La questione è che i miserabili del mondo non interessano a nessuno, spesso nemmeno ai loro stessi governanti. Non resta loro che urlare: De profundis clamavi ad te, Domine: Domine, exaudi vocem meam. Fiant aures tuae intendentes, in vocem deprecationis meae…
Forse è ora di smettere di parlare e iniziare ad agire, nelle nostre e loro piazze, nei nostri e loro parlamenti, nelle nostre e loro scuole. Il drago tentacolato (ha occupato spesso anche le nostre intelligenze, è anche dentro di noi) va sconfitto.

Ma questo vertice è servito a qualcuno.

È servito a Silvio Berlusconi per non presentarsi all’udienza in tribunale e gli è servito anche per raccontare una barzelletta, interpretando così il suo normale ruolo di giullare (ma perché non va a Zelig e la smette così di rompere gli zebedei alla gente normale), a una platea convenuta a Roma per discutere di cose serie.
È servito all’altro campione di umanità, e perciò intimo amichetto del nostro imperatore dalla testa incatramata (dio li fa e poi li accoppia), il dittatore Muammar Gheddafi per umiliare alcune centinaia di ragazze (proprio come l’harem del papi), scelte in base a misure fisiche e lunghezza di gonne, pagate 60 euro, alle quali l’eletto ha spiegato l’Islam e donato il Corano. Dove sono quelli che si sono stracciate le vesti e cosparso il capo di cenere in difesa del crocefisso nei luoghi pubblici? Perché ora plaudono, o tacciono (che è la stessa cosa), come pecoroni, di fronte a questo schifo?




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martedì 17 novembre 2009

STEFANO CUCCHI. UN ALTRO CROCIFISSO

“Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure, considerato che faceva il falegname e maneggiando chiodi si procurava spesso degli incidenti sul lavoro. Perché parlava in pubblico e per vizio si dissetava con l´aceto, perché perdeva al gioco e i suoi vestiti finivano divisi tra i vincenti a fine di partita.”



“I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea e la ferita al petto non proviene da lancia in dotazione alla gendarmeria, ma da tentativo di suicidio, che infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.”
(Erri de Luca, scrittore)

Non riesco a commentare.





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domenica 15 novembre 2009

CASINI IL RACCONTABALLE

Credete che l’affermazione “Questo disegno di legge per abbreviare i processi è realmente una porcheria, un provvedimento che dimentica le vittime, sfascia l’ordinamento e abroga la giustizia”, pronunciata da Pier Ferdinando Casini (sempre eccitatissimo, cattolicissimo di fede ruiniana, accattone di posti che contano, amico intimo dello stratega Rocco Buttiglione a sua volta intimissimo di Roberto Forminchioni e la sua banda) voglia dire che il disegno di legge sul processo breve non ha logica giuridica e costituzionale?

Non siate ingenui, lo stesso leader dell’UDC prosegue: “Noi che abbiamo sempre spinto per il dialogo sulla giustizia abbiamo la responsabilità di dire chiaramente la nostra posizione. Proponiamo all’opposizione un lodo Alfano ma costituzionale, che vada incontro ai desiderata della Corte costituzionale e che consenta di evitare questo approccio devastante al sistema giustizia”.
Lui, ufficialmente oppositore del dux-papi, propone all’opposizione (quindi non si ritiene opposizione: comincio a perdere il filo del ragionamento) un nuovo “lodo Alfano”, ciò che aveva già proposto Nicolò Ghedini per conto di sua maestà Silvio Berlusconi e che è finito così miseramente. Il suo “costituzionale” non si riferisce alla sostanza della bocciatura della Consulta (vale a dire che tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge, anche l’unto del signore, il duce di Arcore), ma alla forma cioè all’iter che questa porcheria deve percorrere.
In buona sostanza, il Pier avvalla e rafforza il fatto che il suo amico Berlusca non deve andare a processo per i reati che la magistratura gli addebita. Questa posizione di Casini non è nuova ed è stata ufficializzata della rimpatriata avvenuta alcuni giorni or sono con il presidente del consiglio.
Sullo stesso argomento (Berlusconi alla gogna sì - Berlusconi alla gogna no) hanno manifestato la loro posizione in parecchi: il voltagabbana Rutelli, la bella Finocchiaro, il senza vergogna Alfano, il delicatissimo vate Bondi, il genio Verdini, l’ex giudice Casson, lo scrittore Saviano (con il suo appello che sottoscrivo), il gigante Brunetta, l’amico di nazifascisti Ronchi, l’impetuoso Di Pietro, il sempre-mandato-allo-sbaraglio Bocchino, il tarantolato Gasparri.

Anche Pier Luigi Bersani, parlando da Ravenna, ha finalmente detto la sua e, questa volta, parla in nome di molti italiani: Berlusconi “deve sottoporsi a giudizio … la strada attraverso cui poter ristabilire la serenità per il beneficio di tutti”.
Caro Bersani, non ti montare la testa: non hai detto una “cosa di sinistra" ma una “cosa di buonsenso" civile e democratico. Però una cosa l’hai detta e siamo contenti; ora attendiamo che tu ci proponga un fare.

Una mia assidua lettrice (deve avere un buon stomaco per sopportarmi ancora) mi suggerisce una canzone di Franco Battiato: “Inneres Auge”. La condivido con voi.




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venerdì 13 novembre 2009

VACCINO A(H1N1): LA CORTE DEI CONTI E IL MISTERO SECRETATO

Sul web circola un documento raccapricciante riguardante le modalità d’acquisto, da parte dello stato italiano, del vaccino per arginare la dichiarata pandemia di influenza “suina”. Ve lo propongo avvertendovi di una controindicazione: la lettura induce il lettore alla violenza e, pertanto, chi non ha i nervi saldi dedichi ad altro il suo tempo.


“ … La Corte dei conti ha sollevato alcune eccezioni (in 11 punti) sulla fornitura dei vaccini. La dichiarata eccezionalità ha però vanificato la possibilità di avere delucidazioni su di un singolare contratto di acquisto del vaccino A(H1N1). Aldo Barbona (presidente LIDU 1948 onlus)”.
Qualche giornale ne sta parlando molto timidamente e allora torniamo sull’argomento perché consideriamo necessario commentare la vicenda in modo più approfondito… Il 21 settembre 2009 la Corte dei conti, che esercita il controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ha emanato la Deliberazione n. 16/2009/P. La Corte con tale atto tenta di dare la sua valutazione sul “contratto di fornitura di dosi di vaccino antinfluenzale A(H1N1) stipulato tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l..”. Chiede perciò chiarimenti sui seguenti 11 punti del contratto:

1. la decima premessa è parte integrante del contratto precisando che l’esito delle ricerche, la capacità di sviluppare con successo il prodotto, i tempi di produzione, la qualità dell’inoculo virale, la capacità produttiva e il lancio del prodotto sono ancora in corso di definizione, sembra vanificare a favore della Novartis tutti i successivi vincoli contrattuali;
2. la tredicesima premessa prevede l’applicazione dell’IVA vigente al momento della consegna anziché quella vigente alla firma del contratto;
3. l’art. 3.1 (ribadito dall’art. 5.3) prevede la possibilità del mancato rispetto delle date di consegna del prodotto, senza l’applicazione di alcuna penalità;
4. l’art. 4.1 stabilisce che il Ministero accetti il prodotto anche in assenza dell’autorizzazione all’ammissione in commercio in Italia, concordando in tal caso un generico "Quality Agreement";
5. le garanzie poste a favore del Ministero in caso di mancata autorizzazione all’ammissione in commercio del prodotto in Italia previste dall’art. 4.2 non appaiono correlate all’esborso finanziario sopportato dal Ministero fino a quella data, né bilanciate con quelle poste a carico del Ministero medesimo dall’art. 9.3 nel caso di impossibilità di ritiro del Prodotto;
6. l’art. 4.4, riguardante eventuali difetti di fabbricazione o danni fisici del prodotto, richiede l’accordo della Novartis sull’esistenza degli stessi;
7. l’art. 4.5 prevede rimborsi al Ministero per danni causati a terzi, limitatamente a causa di difetti di fabbricazione, mentre ai sensi dell’art. 4.6 il Ministero dovrà risarcire Novartis per danni causati a terzi in tutti gli altri casi;
8. l’art. 9.3 prevede il pagamento alla Novartis di euro 24.080.000 (al netto di IVA) ai fini della partecipazione ai costi in caso di non ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Prodotto, senza alcuna specificazione in merito ai criteri di quantificazione del predetto importo;
9. l’art. 9.5 stabilisce che, qualora il contratto venga risolto per violazione di disposizioni essenziali da parte di Novartis, il pagamento dovrà essere ugualmente effettuato per il prodotto fabbricato e consegnato;
10. l’art. 10.2 considera informazioni riservate anche l’esistenza del contratto e le disposizioni in esso contenute, clausola in considerazione dell’evidenza pubblica della procedura impossibile da rispettare;
11. il contratto appare carente di parere di organo tecnico in grado di attestare la congruità dei prezzi in esso concordati.

Analizzando il contratto suddetto, la Corte dei conti scopre che non può approfondire, il contratto è a trattativa riservata ed è stato secretato, perché valgono le stesse emergenze previste in caso di eventi calamitosi di natura terroristica (ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3275 del 28 marzo 2003 – Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza derivante dall’attuale situazione internazionale).

Scopre così che il trattamento dell’influenza A(H1N1) è stato messo nella mani della Protezione civile, alla stessa stregua degli eventi calamitosi come terremoti, frane, guerre batteriologiche, ecc. Alla luce delle considerazioni della Corte dei conti, veniamo per di più a sapere che:
- Anche se la Novartis non arrivasse in tempo a fornire i vaccini, noi pagheremmo lo stesso 24.080.000 euro. (vedi punto 8)
- Il Ministero pagherà Novartis anche in caso di “non ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Prodotto”. (vedi punto 8)
- Il fornitore (nel caso specifico Novartis) pagherà l’IVA alla consegna e non alla stipula del contratto. (vedi punto 2)
- Nell’eventualità che ci siano difetti di fabbricazione, sarà la Novartis a dire l’ultima parola sulla consistenza degli stessi. (vedi punto 6)
- Novartis pagherà i danni in caso di difetto di fabbricazione, in tutti gli altri casi di danni a terzi pagherà il Ministero. (vedi punti 6 e 7)
- Per la Novartis non è prevista alcuna penalità. (vedi punto 3).
La Corte dei conti conclude il documento affermando “Queste dettagliate deroghe - anche se non del tutto esaustive - inducono la Sezione a ritenere il provvedimento al di fuori degli ordinari schemi contrattuali e di conseguenza - nel riconoscere l’eccezionalità e somma urgenza dell’intervento - a non procedere alla disamina dei vari punti di rilievo sollevati dall’Ufficio di controllo.”
Se ce ne fosse bisogno, abbiamo avuto ulteriore prova della incapacità dei nostri governanti nello spendere i soldi dei cittadini governati, come ci attesta la conclusione del documento al punto 11.

Roma lì, 19 ottobre 2009.
Aldo Barbona (Presidente “LIDU 1948 onlus” – Lega Italiana dei Diritti Umani)
Massimo Andellini (Presidente UVA - Unione Vegetariana Animalista)



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PROCESSO BREVE. INTERESSE PRIVATO IN ATTI D’UFFICIO

Innanzitutto si tratta di un “ddl” che significa “disegno di legge” cioè una proposta e non ancora una legge. Dico questo per sottolineare che esistono spazi temporali per combattere duramente e con tutti i mezzi questo scempio autodifensivo e anticostituzionale voluto dal più indagato al mondo dei presidenti del consiglio e dal più coinvolto al mondo in un conflitto d’interessi.
Vado per sintesi.

Di cosa si tratta: i processi per reati con pena inferiore a dieci anni, che dureranno oltre due anni per grado, andranno in prescrizione ad eccezione dei reati di mafia, terrorismo, pornografia minorile, quelli riguardanti l’immigrazione (razzismo leghista). Ovviamente tutti i reati che riguardano Berlusconi non fanno parte dell’eccezione.
Conseguenza immediata: un consistente numero d’imputati eccellenti (non quelli che riguardano la povera gente) la farà franca e si chiuderanno automaticamente, con un nulla di fatto e senza colpevoli i processi Parmalat/Tanzi, Cirio, Thyssen, Eternit, Why Not (il ciellino Vittorio Saladino della Compagnia delle Opere è salvo), eccetera, compresi quelli che vedono imputato l’angioletto Silvio Berlusconi (ancora tecnicamente incensurato essendo stato prosciolto, da altri reati, sei volte per prescrizione) quali quello sulla corruzione dell’avvocato David Mills (scadenza il 13 marzo 2010) e quello sui diritti Mediaset (scadenza 21 novembre 2009).

Voglio ora sintetizzarvi una dichiarazione dell’avvocato Carlo Taormina (agenzia ASCA) che auspica addirittura, proprio lui, “una ribellione dei cittadini onesti” (vi confido che la mia stima per Taormina è uguale a zero ma devo riconoscere che ciò che dice sulla questione è ciò che anch’io penso) e afferma che il disegno di legge sul processo breve:

1. “è vergognoso perché per vietare il giudizio su di un imputato se ne vietano centomila…”
2. “è criminale perché implica l'utilizzazione dello strumento legislativo per fini personali…”
3. “è criminogeno perché, essendo materialmente impossibile celebrare un processo di primo grado in due anni, il disegno di legge è una licenza a delinquere, soprattutto per i delitti che attentano alla sicurezza di ogni giorno dei cittadini”
4. “è ridicolo perché chiaramente ritorsivo rispetto alla caduta del Lodo Alfano…”
5. “è frutto di imbecillità giuridica, non solo perché si tratta di una normativa contrastante con il principio di ragionevolezza per la naturale incompatibilità del tempo di due anni per un processo di primo grado, non solo perché la giurisdizione non può essere soppressa senza sopprimere la Costituzione, ma perché i poteri-doveri fondamentali dello Stato non possono decadere: può estinguersi l'azione, ad esempio per prescrizione perché si incide sull'esercizio di un diritto, ma non può estinguersi il potere di giudicare…”.

Io seguirò con molta attenzione e anche con molta rabbia in corpo l’iter di questo disegno di legge e denuncerò attraverso questo blog qualunque fatto mi appaia fuori luogo oltre che fuori di senno, quindi su questo argomento mi leggerete ancora.




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giovedì 12 novembre 2009

LE MAFIE CONTINUANO A “OCCUPARE” LA POLITICA

La richiesta di autorizzazione per l’esecuzione di una misura cautelare (carcere) per concorso esterno in associazione camorristica inoltrata alla Camera dei deputati e riguardante l’onorevole (?) PDL Nicola Cosentino non è cosa di poco conto e non è circoscritta alla sua sola persona; infatti, sembrano coinvolti, seppur in modo minore, anche i nomi di Italo Bocchino e Mario Landolfi, entrambi provenienti dalle fila di Alleanza Nazionale.

Ma se Cartagine piange Roma non ride. A fronte di tre parlamentari campani del centrodestra oggi sospettati di camorra abbiamo avuto, l’anno passato, insigni esponenti del centrosinistra napoletano coinvolti anch’essi in affari sommamente loschi (la questione Romeo). La classe politica campana (di entrambi gli schieramenti) sembra essere molto compromessa con la malavita organizzata: è ora di iniziare a fare un po’ di pulizia seria a iniziare dai capi.
Il caso Cosentino è, tuttavia, particolarmente significativo giacché il suo status di sottosegretario all’economia e alle finanze, uno dei più stretti collaboratori dell’algido ministro Giulio Tremonti, gli permette di gestire la cassaforte dello stato italiano e, se è vero che è colluso con la camorra, viene naturale chiedersi per conto di chi gestisce i nostri soldi.
Oltre a questo non trascurabile aspetto, l’ambizione del nostro parlamentare sarebbe di essere eletto alla presidenza della Regione Campania riuscendo così avere anche il controllo istituzionale, politico e amministrativo diretto del territorio.

A Silvio Berlusconi, evidentemente, il fatto che tra i membri del suo governo ci possa essere, forse, un camorrista non lo disturba più di tanto; infatti, non ha invitato il suo sottosegretario a dimettersi (come, in questi casi, sarebbe normale fare) e non ha ancora abbandonato l’idea di candidarlo alla presidenza della Campania. Evidentemente è una compagnia, quella di Cosentino, che gli confà.
Al presidente della Camera Gianfranco Fini, invece, l’idea di avere presidente di regione uno sospettato di essere fiancheggiatore della camorra non piace molto (mi sembra più per una opportunità estetica che etica) ma è cosciente che deve vedersela con tutto il PDL il quale, per bocca dell’allupato ciellino di stretta osservanza Maurizio Lupi (come siamo caduti in basso) e dell’incredibile onorevole-avvocato Nicolò Ghedini, oppone una strenua difesa d’ufficio del sospettato.

Ma l’opposizione dov’è? Bersani dove sei sparito? Stanno distruggendo l’Italia e tu sei preoccupato solo per la perdita dell’enfant prodige, per la verità non più enfant e men che meno prodige, Francesco Rutelli (è in buone mani: è andato con il ruiniano Pierferdi Casini e il ciellino formigoniano Rocco Buttiglione) o dell’assetto della tua segreteria (mi pare che su un tuo collaboratore si cominci a parlare male con troppa insistenza) o del fatto che devi sorbirti ancora l’opusdeina ciliciata Paola Binetti (povero te e poveri noi). Come pensi di mandare a casa il nano (lo hai detto tu nel discorso d’insediamento come nuovo segretario del Partito Democratico)? permettendogli di far governare l’Italia dalle mafie?
Batti un colpo se ci sei e fai finalmente opposizione, intanto non permettendo una riforma della giustizia pro-Berlusconi e chiedendo di fare pulizia nel governo votando per l’autorizzazione a procedere contro il sospettato di associazione camorristica onorevole e viceministro PDL Nicola Cosentino.

Purtroppo non si difende più la libertà ma solo il proprio campanile, è una guerra tra bande non più un civile confronto tra persone che, pur con differenti idee, hanno a cuore solo il bene comune.





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mercoledì 11 novembre 2009

LE CONDIZIONI E LE CIRCOSTANZE IN CUI VIVIAMO

La condizione culturale, sociale e politica in cui siamo immersi, e non mi riferisco solo all’Italia, è quanto di più inumano e immorale si possa pensare: l’uomo è in balia di un direttore d’orchestra che ci usa a volte come ancia di sassofono, a volte come corda di violino, a volte come cassa armonica ma mai come musicista capace di armonia assieme agli altri musicisti e mai come uomo centro di tutto.

La domanda “chi sono io?” resta ancora senza risposta anzi, in questo clima di sottomissione al potere di turno (e a noi oggi, in Italia, tocca subire il peggiore e amorale scugnizzo della storia patria, un nano in tutti i sensi) pare quasi scomparsa o scollegata a forza dalla tua “investigazione”.


Sto leggendo un libretto dove sono state trascritte alcune conferenze che un professore giapponese, Ryo Narukawa, ha tenuto ai suoi studenti universitari alcuni anni fa. Le conferenze trattano di antropologia e un brano di una di queste descrive la condizione umana attuale e le circostanze in cui oggi tutti noi viviamo.

Ve lo propongo perché mi pare calzi perfettamente con la nostra situazione o, almeno, io mi ci ritrovo perfettamente. Mi piacerebbe avere da voi, che coraggiosamente mi leggete, qualche commento. Può essere che, mano a mano proseguo nella lettura di queste interessanti conferenze, mi venga la voglia di offrirvi altri brani significativi.

«… In questa nostra condizione, quello che io chiamo “potere” è un sistema o un complesso di rapporti ingiusti e arbitrari che viene diffuso dai grandi mezzi di omologazione e di standardizzazione, quali la pubblicità e gli strumenti di comunicazione globalizzati; esso viene veicolato, esemplarmente, nei discorsi della mentalità comune e rende sempre più opaca la persona umana nella sua totalità, poiché strumentalizza i suoi singoli bisogni. Questo potere, infatti, non ci accosta come uomini interi, ma ci accosta ora come produttori, ora come studenti, ora come inquilini, ora come consumatori, ora come figli, ora come bisognosi d’affezione, ora come complesso di diritti, ora come soggetto di doveri, eccetera. Insomma: potere è perciò ciò che pretende di rompere l’unità dell’uomo.

Tu hai bisogno di nutrimento, di vestiti, della casa, del lavoro, della formazione, dello svago, eccetera; fondamentalmente, sei un essere pieno di bisogni. Perciò, il potere non ti accosta nella tua interezza di uomo, ma ti spezzetta e si rivolge a te ora come produttore, ora come studente, ora come inquilino, ora come consumatore, ora come religioso, eccetera; il potere tende a rompere sempre l’unità dell’io, secondo il vecchio adagio del “divide et impera” (“crea la divisione e tu dominerai”). L’uomo, perciò, scompare dietro i ruoli che, via via, gli sono assegnati; e, in questo modo, tu vieni ridotto al particolare cui il potere è interessato; la grandezza del tuo cuore viene rimpicciolita a quella misura particolare che interessa al potere in quel momento.
Dovete non essere mai tranquilli su questo: state attenti a non lasciarvi definire da quella mentalità comune che governa anche 1’aria che respiriamo e che domina il criterio dei rapporti tra gli uomini. Il potere di cui parlo esercita la sua vera incidenza sui cuori laddove non ve ne accorgete, poiché vi raggiunge nei rapporti più normali e quotidiani, laddove qualcuno prende pretesto da un giusto desiderio del tuo cuore, da un tuo bisogno o da un aspetto parziale di ciò che tu sei, per svolgervi attorno un proprio programma. Il potere da cui desidero mettervi in guardia, infatti, se può essere espresso certamente e in modo esemplare o appariscente da un governo o da un centro di potere economico o finanziario, è normalmente espresso attraverso la mentalità dominante, cioè attraverso la mentalità comune, la quale stabilisce, di fatto, il modo dei rapporti umani. Se tu assorbi acriticamente la mentalità comune e il clima in cui vivi, vieni ridotto a una parte di te, vieni reso meschino. Ciò si può notare anche dal significato che assumono le parole fondamentali: prendi la parola “amore” e vedrai come è abusata; prendi la parola “lavoro”; prendi la parola “libertà”. Su moltissime altre parole si può trovare l’uso improprio che siamo indotti a farne dalla mentalità comune e dominante. …».



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martedì 10 novembre 2009

ESISTE ANCORA LA SOLIDARIETÀ. LE SIGNORE IN PRIMA FILA

Un lettore del mio blog (sono orgoglioso di avere dei lettori attivi) mi ha proposto di scrivere di un’iniziativa che, nata a Reggio Emilia, si è diffusa in varie parti d’Italia e in alcuni paesi esteri. Mi ha dato anche gli estremi per prendere contatto diretto con chi l'ha fondata, come, obbediente, ho fatto. Ho scambiato alcune email con la presidente dell’Associazione I Sant’Innocenti (con l’apostrofo proprio lì), una ONLUS (associazione senza fini di lucro) che fa tante cose e tra queste le adozioni a distanza, le borse di studio per studenti provenienti dai paesi più poveri del mondo, progetti di sviluppo in El Salvador e in Honduras e che gestisce, nel periodo natalizio, l’iniziativa “La Bottega del Natale”: l’azione di cui voglio brevemente parlarvi (andate, in ogni caso, a guardarvi il sito dove c’è scritto tutto nel dettaglio: http://www.isantinnocenti.it/).


Torniamo a noi. Alcune signore, madri di famiglia, giovani spose e signorine giovani e attempate, differenti per storia, credo e situazioni, nel 1979, danno vita, nel mese di dicembre, a un progetto che consiste nel vendere oggetti come mobili, quadri, porcellane, piccolo antiquariato, curiosità da tutto il mondo. Questa iniziativa ha tre caratteristiche che, nella notizia che la presidente mi ha scritto, mi hanno particolarmente e positivamente interessato e che vorrei evidenziarvi poiché danno una boccata di novità e di freschezza:
la prima caratteristica: gli oggetti in vendita, inizialmente, sono stati quelli che le stesse si sono private e hanno regalato alla “bottega”, sono oggetti che hanno fatto parte del corredo o hanno particolare significato affettivo, cose quindi care da non disfarsene a cuor leggero; oggi, ormai finito il “corredo”, fanno ricorso anche a fornitori disponibili a offrire all’associazione il materiale in conto vendita (cioè si paga il fornitore solo se si vende il prodotto);
la seconda: tutto il ricavato è destinato in beneficenza sia in Italia che all’estero in base a un intervento progettato in precedenza e quindi non come elemosina;
la terza: la vendita è fatta affittando (o ricevendo in uso gratuito, secondo gli anni e il buon cuore dei cittadini) un negozio nel centro cittadino e si regge sulla presenza, a turni e volontaria, delle stesse signore e signorine che si trasformano per l’occasione, potenza del natale, in commesse.

Questo il commento della presidente: “È l’espressione concreta che la solidarietà è un fatto, non un’elemosina, è il lavoro di persone che si mettono insieme per aiutare chi non ha proprio nulla, non ha nemmeno più riconosciuta la propria dignità di uomo nei bisogni più elementari: l’affetto, il cibo, la salute e l’istruzione. È una stima reciproca che permette di lavorare insieme nonostante le proprie diversità ed è un incontro soprattutto fra coloro che lavorano insieme.”.

Se chi ci governa avesse la stessa umiltà e la stessa lungimiranza di queste signore non saremmo costretti a subire gnomi, escort, trans e ma-va-là.
Quest’anno la “Bottega del Natale” è iniziata con grande anticipo: è già aperta e pronta a ricevere i clienti in via Emilia Santo Stefano n.9/c a Reggio Emilia.
In mezzo a tanti disastri morali, politici ed ecclesiastici che avvengono in questo periodo, mi è sembrata una cosa meritevole di attenzione e quindi ve la propongo.
Io stesso, alla prima occasione di passaggio in Emilia, prima delle feste natalizie, mi fermerò per contribuire.




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lunedì 9 novembre 2009

I PASSETTINI DI GIANFRANCO FINI


Perché non ci venga confusione, affermo e giuro che Gianfranco Fini non mi piace: non mi piace la sua origine politica, il suo passato (e presente?) da fascista, il suo camaleontismo, le sue alleanze passate e presenti, i suoi amici di merenda (come il crociato La Russa e il machissimo Gasparri), la sua politica sottovoce, il suo sospetto modo di essere al di sopra delle parti. Non mi piace, punto e basta.
Certamente gli attacchi cui lo sottopone quel sicario (per conto della famiglia) di Vittorio Feltri a volte fanno intenerire (è solo pietas cristiana da non confondersi con inciucio politico) chi non li intende come un gioco delle parti, magistralmente organizzato, funzionale all’equa spartizione del potere tra Berlusconi, Bossi e Fini stesso; e il popolo sta a guardare in silenzio.

Due affermazioni rilasciate a “Che tempo che fa” del nostro Gianfranco però, ed essendo valido quanto sopra detto, mi hanno fatto piacere:
Frase 1: “Il Pdl così com’è organizzato non mi piace, non mi piace soprattutto il clima da caserma, vorrei ci fosse più rispetto per le opinioni degli altri”.
Frase 2: a proposito del documento che il duce di Arcore vorrebbe far firmare ai suoi alleati per garantirsi l’immunità di fatto dalle sentenze dei processi che si riaprono: “Gli autografi si chiedano a Sting, il presidente della Camera non firma nulla, i parlamentari si regolino loro”.
Mi rendo conto che sono affermazioni assolutamente soft, ma sono state dette e hanno il loro peso: nel PDL non c’è democrazia interna e se qualcuno ha da dire qualche cosa vada a dirla altrove; nessuno, nemmeno chi mi mantiene (perché caro Fini così è, riconoscilo) mi può imporre posizioni contro la costituzione.

Mi pare un piccolo passettino, ma un avanzamento c’è. Aspetto con ansia l’incontro che il rancoroso Silvio avrà domani con Bossi e lo stesso Fini. Saprà il nostro presidente della Camera mantenere le posizioni? anche a rischio della legislatura e della sua prestigiosa poltrona? Il dubbio c’è.





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domenica 8 novembre 2009

LA VENDETTA DEL CAIMANO. RAI TRE

L’orrido denuncia un attacco della televisione contro la sua persona (persona è un termine improprio se riferito all’orrido) e subito trova il sicario che pone fine a questo suo fastidio iniziando con il cacciare il direttore Paolo Ruffini.


È la vicenda di Rai Tre, è la vicenda dei “comunistoni” come Giovanni FlorisBallarò”, Fabio FazioChe tempo che fa”, Corradino MineoRainews24”, Serena DandiniParla con me”, Enrico BertolinoGlob”, Milena GabanelliReport”, Enrico GhezziBlob” e altri.
Stiamo assistendo a un thriller senza suspense, si parte dai personaggi noti:
Mandante: il caimnano Silvio Berlusconi
Sicario: consiglio di amministrazione RAI
Prima vittima accertata: Paolo Ruffini direttore di Raitre
Prossime vittime: Giovanni Floris, Fabio Fazio, Corradino Mineo, Serena Dandini, Enrico Bertolino, Milena Gabanelli, Enrico Ghezzi e altri (ovviamente il bruno insetto leccaculo - scusatemi, ma quando ci vuole ci vuole - non corre pericolo)

Vera vittima: la democrazia in Italia
e si arriva alla causa:
Movente: turbamento della quiete dell'imperatore.

È l’inizio dell’epurazione siamo in piena “normalizzazione”.
A quando il prossimo Giacomo Matteotti?







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