mercoledì 30 dicembre 2009

VUOI FESTEGGIARE IL LATITANTE? TU QUOQUE?



Ritengo non solo giusto ma doveroso ricordare e onorare pubblicamente e istituzionalmente i nostri eroi, i padri della patria, gli statisti che hanno lavorato per il bene di tutti, i cittadini che si sono distinti per atti di vera umanità, tutti coloro che hanno sacrificato la vita per la libertà di ciascuno di noi. Occorre ricordare e onorare senza distinguo di colore politico o di colore di pelle, senza alcun distinguo.
Ora cosa racconterò ai miei nipoti? Già ho dovuto spiegare (ma mi rendo conto di non esserci riuscito) dell’anomalia tutta italiana di un presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, coinvolto in questioni di sesso, ritenuto da sua moglie un malato e un pedofilo, che è accusato di corruzione e di usare il potere, conferitogli dai cittadini, pro domo sua.
Adesso leggo che lo Stato italiano è in procinto di onorare Bettino Craxi a dieci anni dalla sua morte. Alla notizia ho fatto un balzo sulla sedia: è lo stesso Bettino, capo del governo, condannato a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai?
È lo stesso che è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese?
E’ lo stesso che avrebbe avuto altre pene che sono state estinte solo a causa della sua morte?
È lo stesso che disse ai giudici, pressappoco, che era un ladro ma che come lui ce ne sono tanti altri in parlamento?

È ancora lui quello che, dimenticandosi di essere uno statista, anziché affrontare il giudizio si è reso latitante (la latitanza non è la stessa cosa dell’esilio o dell’auto-esilio) rifugiandosi, poverino, ad Hammamet in Tunisia?
Sì, è lo stesso.
Questo stinco di santo laico sarà onorato al Senato, dove è quasi certo che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ricorderà rivalutandone la figura di statista, indicando così, a tutti i cittadini italiani, una nuova verità: corrotto = statista, corrotto = esempio per il paese.
Verrà pure festeggiato e ricordato dal sindaco di Milano Letizia Moratti (in accordo, ovviamente, con Silvio e il ciellino Roberto Formigoni) che dedicherà a “un uomo che ha dato una svolta al paese” una via o un parco.
Sarebbero cose dell’altro mondo se non le paragonassimo a ciò che già succede da quindici anni in Italia. Non mi pare ci sia molta differenza tra il festeggiare il decennale della morte di un latitante corrotto e corruttore e il mantenere ancora al vertice del governo un suo allievo che, nel frattempo ha perfezionato lo stile del suo maestro introducendo nel vocabolario politico persino le categorie di buono, santo, martire (se fossi in Benedetto XVI, incomincerei a essere preoccupato: può essere che a breve diventi vicario di Papi, con grande gioia del cardinal Tarcisio Bertone).


In questo squallore indecente, in questa morte della coscienza, in questo scellerato capovolgimento della moralità, nell’imposizione di giudicare il male come bene e il bene come male, in tutto questo non ho (oggi) parole da dire. Chiedo solamente al presidente Napolitano, con tutto il rispetto che mi è possibile, con un filo di voce ma con una rabbia incontenibile, di non prestarsi, presenziando alle celebrazioni per Craxi, alla legalizzazione del malaffare e della corruzione e, in definitiva, alla legalizzazione dell’antistato.



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