A questo punto, se non si risolve la questione “giustizia” non si risolve nulla, oggi assistiamo allo scontro, ormai fisico, tra due poteri che, entrambi in nome del popolo italiano, si affrontano e, a questo proposito, è interessante l’articolo di Salvatore Parlagreco su ItaliaInformazioni.com (leggi qui) che vale la pena leggere perché la sua analisi mi pare corretta e dimostra l’idea imperiale di Silvio Berlusconi: l’intoccabilità del premier che non può essere messa in discussione da nessuno, tantomeno dai giudici; l’ingiudicabilità dell’azione del primo ministro e della sua corte dei miracoli qualunque ricaduta essa abbia nel paese. Ne sono la prova la quantità di processi fermi e il fatto che, con 24 procedimenti giudiziari che ha avuto e ha in carico, il capo del governo non si pone il problema di rinunciare alla carica e liberare l’Italia dal legiferare ad personam e dal parlare solo dei suoi fatti personali. Come scrive Marco Travaglio, all’estero quando un politico ha un processo salta il politico mentre in Italia salta il giudice.
Il comunicato che l’Associazione Nazionale Magistrati ha emesso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario (che ha visto le toghe “rosse” lasciare le aule con la Costituzione in mano nel momento in cui il rappresentante del ministro papidipendente Angelino Alfano ha preso la parola) mi pare esemplificativo dello scontro tra poteri che continua, senza esclusione di colpi, nel nostro paese. Ve lo propongo.
BASTA ANNUNCI. CHIEDIAMO VERE RIFORME.
Le vere riforme della giustizia sono quelle che servono a rendere più celere la definizione dei giudizi e che offrono ai cittadini e alle imprese tempi ragionevoli per la risoluzione delle controversie.
Chiediamo:
- una revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con l’abolizione e l’accorpamento dei tribunali più piccoli;
- una riforma delle procedure che elimini i formalismi inutili, che consentono alla parte che ha interesse al prolungamento del processo la possibilità di “abusare” dei diritti e delle facoltà concessi dall’ordinamento, che semplifichi i riti nel settore civile e che riveda il sistema delle impugnazioni;
- la depenalizzazione dei reati minori e l’introduzione di pene alternative al carcere;
- investimenti sul personale amministrativo, che consentano la riqualificazione e nuove assunzioni;
- investimenti effettivi sull’innovazione informatica;
- risorse e mezzi adeguati alla gravità della situazione.
Temi sui quali l’Anm è stata sempre impegnata e non smetterà mai di fornire il suo contributo.
BASTA RIFORME DISTRUTTIVE DEL SISTEMA GIUDIZIARIO.
Da anni assistiamo alla produzione di leggi irrazionali e prive di coerenza sistematica, pensate esclusivamente con riferimento a singole vicende giudiziarie e che hanno finito per mettere in ginocchio la giustizia in questo paese. Occorre trovare una via di uscita a questa situazione. Con la riforma dei termini di prescrizione del reato varata nel 2005 (c.d. legge ex Cirielli) il numero di processi che si chiudono con la prescrizione è balzato alla impressionante cifra di 170.000 all’anno. Ma questo drammatico risultato è nulla rispetto a ciò che succederebbe se dovesse diventare legge la proposta che introduce, in aggiunta alla prescrizione del reato, termini brevi per l’estinzione del processo. Una riforma che ridurrebbe il processo penale a una tragica farsa, determinando una vera e propria resa dello Stato alla criminalità. Nel settore civile, nel quale l’enorme carico di lavoro ha reso praticamente ingestibili i ruoli dei magistrati, la riforma costituirebbe il colpo mortale alla possibilità di dare giustizia ai cittadini e di offrire risposte in tempi utili alle imprese.
Rispettiamo l’autonomia del Parlamento, ma è nostro dovere segnalare alla politica gli effetti e le ricadute che singoli provvedimenti legislativi possono avere sul sistema, sull’efficacia dell’azione delle forze dell’ordine e della magistratura e sulla sicurezza dei cittadini. Sentiamo, pertanto, il dovere di dire che se dovessero essere approvate anche la riforma delle intercettazioni e quella del processo penale in discussione in Parlamento, verrebbe meno ogni possibilità di contrasto efficace nei confronti di ogni forma di criminalità.
BASTA INSULTI E AGGRESSIONI.
Non intendiamo assuefarci a un costume politico che ha reso pratica quotidiana l’insulto e il dileggio. Ogni giorno siamo costretti ad ascoltare invettive e aggressioni nei confronti dei magistrati. “Cloaca”, “cancro”, “metastasi”, “disturbati mentali”, “plotoni di esecuzione” sono solo alcune delle espressioni utilizzate dal capo del Governo e da esponenti politici di primo piano nei confronti della magistratura. I magistrati non sono parte di un conflitto e non sono contrapposti a nessuno. Per questo diciamo basta alle aggressioni e chiediamo a tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali di contribuire a riportare il confronto entro termini di correttezza istituzionale.
BASTA FALSITA’ SUI MAGISTRATI.
Agli insulti e alle invettive si è aggiunta una “campagna mediatica” condotta da taluni organi di stampa contro i magistrati. Una campagna che si alimenta di dati e informazioni falsi e che dipinge i magistrati come fannulloni strapagati, unici responsabili del dissesto del sistema giudiziario. L’Anm ha pubblicato e diffuso dati ufficiali del rapporto della Commissione europea (CEPEJ) che smentiscono in maniera oggettiva queste menzogne. Il libro che oggi distribuiamo è il primo mattone per ricostruire la verità.
Oggi abbiamo deciso di lasciare l’aula in occasione dell’intervento del rappresentante del Ministero della Giustizia per manifestare il dissenso e il disagio dei magistrati per la crisi in cui versa la giustizia in Italia e per rimarcare, a chi ha la responsabilità costituzionale di assicurare il funzionamento della giustizia, l’urgenza e la necessità di vere riforme.
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