Chi parla è Luca Cordero di Montezemolo, il capo di un’azienda-stato, la FIAT, quello che ha decretato la chiusura di Termini Imerese con migliaia di prossimi disoccupati, l’amico intimo di Silvio Berlusconi capo di uno stato-azienda, l’Italia: “Dobbiamo evitare di pensare che le colpe della corruzione siano tutte nella politica, perché anche in altri settori esistono fenomeni di malaffare che affliggono la nostra vita politica. Eppure la politica ha certamente una precisa responsabilità: quella di non avere introdotto riforme adeguate per far funzionare bene la macchina dello stato”.
La frase contiene una mezza verità e alcune enormi bugie.
La mezza verità è il riconoscimento della parziale colpa della politica (appunto mezza verità) nella questione della corruzione e qui sembra (ma sembra solamente) andare contro l’idea che ci vuole propinare il nostro amato presidente del Consiglio chiamando “birbantelli” i corrotti e i corruttori e parlando di “casi isolati”. Non temete, è solo una differenza di facciata come, credo, dimostrerò in seguito.
Delle enormi bugie vi do solo un assaggio.
Dice “in altri settori esistono fenomeni di malaffare” ma volutamente non li elenca. Sono forse gli operai e gli impiegati, i disoccupati, i bottegai, le madri di famiglia, gli insegnanti, i pensionati, i ciabattini, i muratori (quelli veri, non i massoni), i contadini, i cassaintegrati, i pescatori, gli studenti? Al massimo possiamo attribuire loro qualche furtarello, giusto per mangiare loro e i loro figli giacché il nostro Robin Hood forzaleghista Giulio Tremonti ha scambiato, com’è naturale per questo schifo di governo, il povero per ricco e il ricco per povero. Di altri settori ne vedo due oltre la politica: l’industria, della quale Luchino è uno dei massimi esponenti, e l’alta burocrazia che è nominata e gestita equamente dalla politica e dall’industria (una sorta di vecchio manuale Cencelli).
La bugia più grossa, però, la consuma quando afferma che “la politica ha certamente una precisa responsabilità: quella di non avere introdotto riforme adeguate per far funzionare bene la macchina dello stato”. In altre parole chi impedisce il fare le riforme è colpevole della corruzione. Analizzando l’affermazione, viene fuori che, come dice sempre papi, la burocrazia e la magistratura impediscono al governo di lavorare e di fare riforme quindi, per la proprietà transitiva, sono loro i responsabili della società corrotta e corruttrice.
Luca, come si può intuire, fa il gioco di Silvio, cambia solo il tono ma non la sostanza.
La mia idea (che conta nulla ma che non posso non dire) è che i reati di corruzione, che sono stati indicati anche dalla Corte dei Conti come un fenomeno in nettissima ascesa, sono tutti stati consumati all’interno della sfera pubblica e non sarebbero stati possibili senza almeno il benestare della politica che sistematicamente smantella a picconate il sistema delle regole del convivere civile, basti pensare al “legittimo impedimento” (alcuni, giustamente, lo chiamano “legittima latitanza”) per il presidente del Consiglio e i suoi ministri, ai processi che non saranno celebrati con l’introduzione del “processo breve”, alla copertura delle inchieste degli amici del premier, al rendere tutto “stato d’eccezione” ed esercitare così il potere in deroga a vincoli e controlli. L’argomento non mi sembra risolvibile introducendo soltanto riforme perché le regole esistono già come esiste, oggi più che mai, gentaglia che esercita il potere usando le leggi a mo’ di carta igienica.
La corruzione si sconfigge innanzitutto correggendo l’attuale sistema politico. La corruzione la si estirpa oltre che con leggi giuste anche impedendo ai malandrini di governare: bene le liste pulite (si plaude a una cosa che dovrebbe essere naturale) e male se la decisione di inserire in lista è lasciata a chi, per me, ha la responsabilità morale e politica ed economica di questo stato di cose e ancora più male se il responsabile di tutto ciò viene lasciato sul trono. Mi riferisco, è ovvio, a san Silvio Berlusconi.
La medicina è semplice: mandare a casa papi lo sfregiato (?) e la sua banda.
Il mite Giuseppe Pisanu, senatore PDL, ex ministro dell’interno, ex DC, presidente della commissione parlamentare antimafia, si permette di smentire il suo capo Berlusconi affermando che “siamo oltre tangentopoli, la corruzione è dilagante, le misure anticorruzione servono ma non bastano, il ceto politico va rinnovato”. Non penso che Pisanu si riferisse in particolare all’assessore di Milano preso con le mani nel sacco.
Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non si è lasciato sfuggire l’occasione: “I magistrati non debbono affatto vergognarsi del loro lavoro”.
Forse ci stiamo avvicinando alla resa dei conti, ma non basta incrociare le dita, bisogna esserne attori.
Sottoscrivi la tua e-mail nel blog di BOGAR (http://bogar-sicilmex.blogspot.com/) riceverai tutti gli aggiornamenti
La frase contiene una mezza verità e alcune enormi bugie.
La mezza verità è il riconoscimento della parziale colpa della politica (appunto mezza verità) nella questione della corruzione e qui sembra (ma sembra solamente) andare contro l’idea che ci vuole propinare il nostro amato presidente del Consiglio chiamando “birbantelli” i corrotti e i corruttori e parlando di “casi isolati”. Non temete, è solo una differenza di facciata come, credo, dimostrerò in seguito.
Delle enormi bugie vi do solo un assaggio.
Dice “in altri settori esistono fenomeni di malaffare” ma volutamente non li elenca. Sono forse gli operai e gli impiegati, i disoccupati, i bottegai, le madri di famiglia, gli insegnanti, i pensionati, i ciabattini, i muratori (quelli veri, non i massoni), i contadini, i cassaintegrati, i pescatori, gli studenti? Al massimo possiamo attribuire loro qualche furtarello, giusto per mangiare loro e i loro figli giacché il nostro Robin Hood forzaleghista Giulio Tremonti ha scambiato, com’è naturale per questo schifo di governo, il povero per ricco e il ricco per povero. Di altri settori ne vedo due oltre la politica: l’industria, della quale Luchino è uno dei massimi esponenti, e l’alta burocrazia che è nominata e gestita equamente dalla politica e dall’industria (una sorta di vecchio manuale Cencelli).
La bugia più grossa, però, la consuma quando afferma che “la politica ha certamente una precisa responsabilità: quella di non avere introdotto riforme adeguate per far funzionare bene la macchina dello stato”. In altre parole chi impedisce il fare le riforme è colpevole della corruzione. Analizzando l’affermazione, viene fuori che, come dice sempre papi, la burocrazia e la magistratura impediscono al governo di lavorare e di fare riforme quindi, per la proprietà transitiva, sono loro i responsabili della società corrotta e corruttrice.
Luca, come si può intuire, fa il gioco di Silvio, cambia solo il tono ma non la sostanza.
La mia idea (che conta nulla ma che non posso non dire) è che i reati di corruzione, che sono stati indicati anche dalla Corte dei Conti come un fenomeno in nettissima ascesa, sono tutti stati consumati all’interno della sfera pubblica e non sarebbero stati possibili senza almeno il benestare della politica che sistematicamente smantella a picconate il sistema delle regole del convivere civile, basti pensare al “legittimo impedimento” (alcuni, giustamente, lo chiamano “legittima latitanza”) per il presidente del Consiglio e i suoi ministri, ai processi che non saranno celebrati con l’introduzione del “processo breve”, alla copertura delle inchieste degli amici del premier, al rendere tutto “stato d’eccezione” ed esercitare così il potere in deroga a vincoli e controlli. L’argomento non mi sembra risolvibile introducendo soltanto riforme perché le regole esistono già come esiste, oggi più che mai, gentaglia che esercita il potere usando le leggi a mo’ di carta igienica.
La corruzione si sconfigge innanzitutto correggendo l’attuale sistema politico. La corruzione la si estirpa oltre che con leggi giuste anche impedendo ai malandrini di governare: bene le liste pulite (si plaude a una cosa che dovrebbe essere naturale) e male se la decisione di inserire in lista è lasciata a chi, per me, ha la responsabilità morale e politica ed economica di questo stato di cose e ancora più male se il responsabile di tutto ciò viene lasciato sul trono. Mi riferisco, è ovvio, a san Silvio Berlusconi.
La medicina è semplice: mandare a casa papi lo sfregiato (?) e la sua banda.
Il mite Giuseppe Pisanu, senatore PDL, ex ministro dell’interno, ex DC, presidente della commissione parlamentare antimafia, si permette di smentire il suo capo Berlusconi affermando che “siamo oltre tangentopoli, la corruzione è dilagante, le misure anticorruzione servono ma non bastano, il ceto politico va rinnovato”. Non penso che Pisanu si riferisse in particolare all’assessore di Milano preso con le mani nel sacco.
Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non si è lasciato sfuggire l’occasione: “I magistrati non debbono affatto vergognarsi del loro lavoro”.
Forse ci stiamo avvicinando alla resa dei conti, ma non basta incrociare le dita, bisogna esserne attori.
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