giovedì 14 gennaio 2010

“AD LIBERTATEM” DEL CAVALIERE


Eccome se è tornato! Subito attivo, in questi giorni si è riposato a sufficienza, ha ripreso la sua guerra alla giustizia e allo stato (con amore, beninteso) con la consueta tattica dell’affermare per, subito, smentire, dell’annunciare per poi ritrattare, con grande lavorio di dire e disdire dei suoi portavoce e dei suoi portaborse e con grande e cinico disprezzo per la gente italica.
Le tasse non saranno abbassate, non è il momento, dice pressappoco così Silvio Berlusconi. Ma come, avevi detto che saremmo passati a due aliquote! Chi io? Risponde, saranno stati i giornalisti comunisti. E via di seguito. Persino il pacioso, fin troppo, Pierluigi Bersani ha perso le staffe imputandogli una “irresponsabile giravolta”.
Non c’è verso di impostare un discorso serio e duraturo nel tempo con il Cavaliere, ma è ovvio, a lui interessa solo la guerra contro la magistratura.
È su questo fronte che il duce di Arcore sta dando il meglio di sé incollando sui magistrati e sulla magistratura un giudizio da ritenersi a tutti gli effetti eversivo: “Abbiamo imposto come nuova priorità della politica, non soltanto, ci mancherebbe altro il principio di non rubare, ma soprattutto la linea di mantenere gli impegni assunti durante la campagna elettorale con i nostri elettori. Questa è la differenza rispetto agli altri che ci contraddistingue da quando siamo scesi in campo, visto che non siamo professionisti della politica. Per questo motivo, siamo ancora considerati dagli altri politici di professione dei truffatori. Per questo motivo ci portano degli attacchi. Per quanto mi riguarda, sapete cosa mi dicono sul piano politico, mentre sul piano giudiziario non dobbiamo proprio parlarne: si tratta di aggressioni parificabili se non peggiori a quella subita in piazza Duomo”.
Mi spiego? La magistratura, secondo il neo martire, va assimilata alla delinquenza politica, arriverà a essere comparata alle brigate rosse. Già, di rosso, nell'immaginario del capo dell'esecutivo hanno, intanto, persino le toghe.

Ma tutto è funzionale non solo al prossimo risultato elettorale per le elezioni regionali (per questo ci pensa già l’opposizione con la sua assenza assoluta) ma ai processi nei quali è imputato e il primo di questi riguarda il seguito del processo “Mills” (che avendo condannato il corrotto, dovrebbe ora, finalmente, condannare il corruttore) che, vedrete, non avrà un seguito dopo l’approvazione a breve della legge riguardante il cosiddetto “processo breve” (questo non verrà ritirato).
La proposizione prima e il ritiro poi, da parte del governo, del decreto legge chiamato “blocca processi” non può essere inteso come una vittoria dell’opposizione (raffigurabile come uno struzzo che nasconde la testa nella sabbia): il presidente, abbondantemente a conoscenza della sentenza della Corte Costituzionale 333 del 18 dicembre 2009 (in questo caso la Corte non è un covo di comunisti), ha usato la minaccia del decreto legge solo per fare fumo e distogliere l’attenzione su quanto ha già preparato per la riforma della giustizia pro domo sua, ad personam appunto, ad libertatem, ma la sua.




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