sabato 30 gennaio 2010

EXTRACOMUNITARI COME CRIMINALI. DA QUALE PULPITO VIENE LA PREDICA?

Una riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali”, parole d'amore di Silvio Berlusconi. Tradotto, l’extracomunitario viene identificato con il criminale ed è l’idea leghista, razzista, da Ku Klux Klan, che oggi il presidente tenta di far passare in Italia. Lo dico, con grande umiltà, anche per il cardinale Ruini.
Noi italiani, pazienti e intrisi di cristianesimo, siamo naturalmente inclini a perdonare la stupidità e le volgarità (e il primo ministro sembra, dai risultati elettorali, che ci abbia forgiato nella virtù umana del perdono) e ci capita spesso di porgere l’altra guancia pur di non creare situazioni di grave disagio o, peggio, irrecuperabili; tuttavia di fronte alla falsità o al razzismo del nostro governante dovremmo fare qualcosa in più di un semplice scuotere la testa, dovremmo pretendere la sua testa, in modo democratico ovviamente, e farne uno zerbino o carta igienica.
Ma restiamo calmi, dimentichiamoci un momento di essere stati anche noi “extracomunitari” in cerca di lavoro in Svizzera o nelle miniere del Belgio o negli Stati Uniti.
Sia l’ISTAT che la Caritas, con il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, (quindi sia lo Stato che la Chiesa) ci dicono che il tasso di criminalità degli immigrati è pari all’1,23-1,40% mentre quello degli italiani è dello 0,75%, quindi quasi uguali anzi, se si considera che l’80% dei crimini contestati ai “negri” riguarda il reato di immigrazione clandestina, ne risulta che la criminalità italiana è di gran lunga più consistente di quella praticata dagli immigrati.
Quindi grande menzogna presidenziale.
A questo punto si insinua, purtroppo, un pensiero maligno: da quale pulpito viene la predica?
Se criminale non è solo chi uccide fisicamente ma anche chi non rispetta le leggi e non si fa giudicare dai tribunali, mi resta difficile non annoverare il papi tra lo 0,75 degli italiani sopra menzionati; teme forse la concorrenza straniera?
Se proseguo con il pensiero maligno, mi viene in mente che Beppe Grillo, del quale non ho grande stima pur rispettando il suo lavoro di denuncia, ha raccolto 350.000 firme per la legge d’iniziativa popolare “Parlamento Pulito” per impedire, tra l’altro, che il Parlamento italiano continui ad avere tra le proprie fila “criminali”. Ci dice, infatti, che attualmente, tra senatori e onorevoli, 20 sono condannati in via definitiva e prescritti (come Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Massimo D’Alema, Giulio Andreotti) mentre 70 sono condannati in primo e secondo grado o indagati (come Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri). Se prendiamo come verità ciò che afferma Grillo, abbiamo 90 nostri (?) rappresentanti che non sono stinchi di santo ma che potrebbero rientrare nel termine “criminalità” nell’accezione detta sopra. Facciamo, per celia, un po’ di conti: 630 onorevoli e 315 senatori per un totale di 945 parlamentari; su 945 eletti 90 hanno a che fare in modo serio con la giustizia; facendo la proporzione, 945:90=100:X, otteniamo una percentuale pari al 9,52%. Vi sembra poco?
Riassumendo:
extracomunitari: 1,23-1,40%;
italiani puro sangue: 0,70%;
parlamentari, secondo Grillo: 9,52%.

Ripeto la domanda: da quale pulpito viene la predica?





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giovedì 28 gennaio 2010

IL GIORNO DELLA MEMORIA PER IL BENE E LA GIUSTIZIA


Come tutti i bravi italiani, bipartisan e democratici, nel giorno della memoria, non ho potuto fare a meno di dedicare un pensiero alle vittime dell’olocausto e non ho potuto non ascoltare e guardare ciò che la radio e la televisione hanno proposto: dalle dichiarazioni ufficiali dei politici (speriamo sincere), ai racconti dei superstiti (questi sicuramente sinceri per il martirio subito), ai documentari e ai film. È giusto: il ricordo dell’olocausto e del genocidio, perpetrato sistematicamente nei campi di sterminio sugli ebrei dai nazisti, aiutati in Italia dai fascisti, deve continuare a interrogarci sulla bestia che convive in ciascuno di noi, che continua ancor oggi a convivere in ciascuno di noi, senza distinzione di religione o di etnia o di appartenenza politica.
Nel mio onorare il giorno della memoria, tuttavia, si è insinuato un disagio profondo: perché tutti parlano solo della Shoah? Eppure in contemporanea all’eccidio degli ebrei, registriamo l’eccidio degli zingari, degli omosessuali, dei comunisti. Perché nessuno si ricorda di loro, non sono anche loro uomini in carne e ossa?
E, arrivando fino ai giorni nostri, dobbiamo registrare altri eccidi: il popolo palestinese, i morti per mano delle mafie, i morti sul lavoro, i poveri della terra per mano dei potenti, i poveri sotto casa nostra (barboni e "negri"), eccetera. Perché nessuno si ricorda di loro, non sono anche loro uomini in carne e ossa?

Noi continuiamo a dedicarci alla giornata della memoria senza neppur prendere in considerazione che il ricordo dell’olocausto e degli olocausti assume significato se cambia la nostra concezione della vita, se la converte: commuoverci per l’eccidio degli ebrei, come è giusto che sia, e continuare a bruciare barboni o a giudicare il prossimo per il colore della pelle o per la quantità di denaro che possiede, è un’ipocrisia colpevole e delittuosa.
Il giorno della memoria non può essere solo un rito ma deve toccare profondamente le coscienze, deve diventare occasione per ricordarci di tutto il male che ciascuno di noi ha fatto e che continua a fare contro tutti, discriminando, limitando la libertà, umiliando per il colore della pelle, torturando o uccidendo. Il giorno della memoria deve servire per imporci il bene e la giustizia.



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martedì 26 gennaio 2010

IL MINI - STRO


Ieri sera, a cena con mia moglie e mio figlio, una serata tranquilla e serena, di quelle dove persino il cazzeggio è piacevole, commentavamo i fatti della giornata appena trascorsa senza deprimerci come al solito ma con una inequivocabile e benevola ilarità: di argomenti ce n’erano a non finire.
Il sindaco di Bologna, Flavio Delbono, che si dimette (papiminchia dovrebbe andare a lezione da costui); il nostro vicino di casa che sta lievitando a vista d’occhio raggiungendo ormai i 130 chili; il prossimo pensionamento di mia moglie e tutti i sogni di viaggi e amenità e impegni a questo legato; il primo-ministro Silvio Berlusconi che è costretto a far smentire le dichiarazioni del suo agitato pupillo e vice-ministro Guido Bertolaso per evitare un incidente diplomatico con gli Stati Uniti ed è costretto a smentire in modo diretto e in contemporanea anche la boutade idiota del suo vulcanico (nel senso di combina disastri) mini-ministro Renato Brunetta, quella dei 500 euro per i diciottenni rapinando le laute pensioni dei padri.
Abbiamo giocato, pensando al Renato veneziano, sullo scomporre la parola ministro in “mini” nel senso di nanetto, e “stro” come radice di una parola che finisce per “nzo”. La cosa non si è fermata al solo gioco di parole ma ci è venuta alla memoria una canzone di Fabrizio D’André dal titolo “Un giudice” che abbiamo subito riascoltata (ho tutti i CD del grande D’André) con grande scompisciamento dal ridere di mio figlio che l’ascoltava per la prima volta.
Alcuni versi della canzone contengono in qualche modo sia “mini” che “stro”, ve li cito, tanto per scherzare:
“…. la maldicenza insiste,
batte la lingua sul tamburo,
fino a dire che un nano
è una carogna di sicuro
perché ha il cuore troppo, troppo vicino
al buco del culo…”
ma forse è meglio che vi posti tutta la canzone, ne vale la pena, è quasi profetica.




Poi sapete come succede in questi casi, una parola tira l’altra e ogni paragone ne richiama altri cento, quasi come in una gara: prima, ovviamente, associando alla canzone Silvio e Renato, poi distinguendo tra i corti di cervello e i corti di gambe includendo anche la categoria dei corti di cuore (quelli che fanno le loro fortune sulle disgrazie altrui) e di nomi ne sono usciti tanti mantenendo però, per puro caso, ai primi due posti della graduatoria sia Silvio che Renato.

Meditate gente, meditate.



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lunedì 25 gennaio 2010

TOTO’ CUFFARO, IL FAVOREGGIATORE AGGRAVATO


Non ha peli sulla lingua il pg di Palermo Daniela Giglio: “Cuffaro era consapevole che la candidatura di Mimmo Miceli alle Regionali del 2001 fosse sponsorizzata e voluta dal boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro. Cuffaro, politico avveduto, non può non essersi posto il problema del rapporto tra Miceli, Aragona e Guttadauro dietro i quali c’era il sostegno della mafia. Informando Miceli dell’esistenza della microspia a casa Guttadauro, Cuffaro non voleva solo tutelare l’amico politico, ma anche se stesso e per evitare rischi nella campagna elettorale”. La Corte d’Appello di Palermo (tutti comunisti?) accoglie le sue tesi e condanna Salvatore (Totò) Cuffaro a 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato a “cosa nostra”.
Vi ricorderete di certo cose successe dopo la sentenza di primo grado del 18 gennaio 2008 che condannava il politico, senatore di primo piano dell’UDC, a 5 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici: offrì, nella sua veste, allora, di presidente della Regione Siciliana, cannoli ai suoi amici giustificando questi assurdi festeggiamenti con la motivazione di non essere stato condannato per favoreggiamento alla mafia.
Il giudizio di secondo grado, quindi, non solo gli aumenta la pena ma aggiunge l’aggravante del “favoreggiamento aggravato alla mafia”.

Niente male per un uomo che afferma di non essere mafioso e di non aver mai favorito la mafia. “So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della Corte di Appello. In conseguenza di ciò lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia”. Non lascia tempo in mezzo il segretario dell’UDC Lorenzo Cesa per cercare, pateticamente, di addolcire, almeno moralmente per l’opinione pubblica, la sentenza: “Le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico più eloquenti di ogni nostra parola”. Un po’ meno ciarliero, e lo si capisce, Pier Ferdinando Casini che se la cava con: “L’addio alla carica un atto doveroso”.
Ma qui sta il trucco: il nostro Totò detto vasa-vasa (per la sua propensione a baciare chiunque si presenti al suo cospetto) ci comunica che lascia ogni incarico di partito. Riflettiamo un attimo: a noi, alla gente comune, non interessa nulla se non parteciperà più all’attività del suo partito, questo è un fatto assolutamente privato e non ha conseguenze per la vita sociale e politica italiana. Ha invece conseguenze addirittura drammatiche se un favoreggiatore di “cosa nostra” continua a essere membro del Senato che è un organo costituzionale della Repubblica Italiana; ma da questa carica non si dimette e la ragione è molto semplice: il Parlamento italiano è diventato, per un condannato in primo o secondo grado o anche per chi ha condanne definitive, un luogo protetto, al riparo da pericoli di carcerazione, è anche il luogo nel quale lo stesso condannato in primo o secondo grado, ma anche chi ha condanne definitive, può votarsi leggi sull’immunità parlamentare e sul giusto impedimento. Insomma, finché resta senatore potrà continuare a fare ciò che ha sempre fatto, come ha confermato, in seconda battuta, la Corte d’Appello di Palermo.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi docet.
Quindi non commuoviamoci per le parole del senatore Cuffaro, chiediamo, piuttosto, che si dimetta immediatamente da parlamentare e sconti, com’è giusto, la sua pena.



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sabato 23 gennaio 2010

IL CARDINALE E IL PRESIDENTE: È INIZIATA LA COMPRAVENDITA


Il cardinale Camillo Ruini può, ovviamente, incontrare chi vuole e ognuno di noi può, ovviamente, fantasticare come vuole sulle frequentazioni politiche del porporato.
Mi riferisco al recentissimo incontro tra Ruini, ex presidente della Conferenza Episcopale Italiana ed ex vicario del Papa, e il presidente in carica del Consiglio Silvio Berlusconi accompagnato dal fido Gianni Letta, che di cose vaticane se ne intende e non poco.
Sono qui perché ho voluto rivedere Sua Eminenza dopo l’aggressione che ho subito” spiega subito monsieur le président e si giustifica “Siamo stati ospiti suoi, di una persona cui ci lega da lunga data un sentimento di amicizia e di forte stima. Non c’entra niente la politica”.
Da parte di Sua Eminenza nessun commento: a un uomo di chiesa non si addice la pubblica menzogna, è meglio il silenzio.
Certo, al Camillo vaticano il papiminchia non è mai dispiaciuto sebbene abbia ricevuto qualche doloroso schiaffo sia diretto che di sponda; qualche esempio?
A ridosso delle ultime elezioni politiche del 2008, il “cardinal sottile” chiede all’amico Silvio, attraverso Dino Boffo, invitato al TG1, di non escludere dalla sua coalizione il suo figlio prediletto Pier Ferdinando Casini e l’UDC in quanto “partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale cristiana” (qui eminens fa mentire il suo direttore di Avvenire) e quindi capace di raccogliere il voto cattolico; risultato: l’UDC non è andato al governo assieme a PDL e Lega.

Lo stesso Boffo, uomo di fiducia e “figlio adottivo” di Ruini, viene vigliaccamente impallinato dall’innominabile (poiché non riesco a trovare un termine sufficientemente dispregiativo) direttore del giornale di Berlusconi facendo così un favore agli avversari curiali del nostro cardinale.
Nonostante ciò “ci lega da lunga data un sentimento di amicizia e di forte stima”. Sì, il potere è potere e tutto può e deve essere a esso sacrificato, anche la dignità.
Ma ritorniamo all’incontro tra i due potenti. Voi credete che sia stata una visita di carattere personale? Forse no.
Ma a me viene in mente che sul tappeto ci sono molte questioni sulle quali c’è necessità di soluzioni concordate in vista delle prossime votazioni per i rappresentanti regionali.
Eccone alcune: l’accordo PDL-UDC per garantire il successo elettorale di Renata Polverini contro la radicale Emma Bonino; l’alleggerimento della pressione della Lega nei confronti di Casini, l’imminente ri-attenzione della politica alle questioni riguardanti le unioni di fatto e il testamento biologico; il finanziamento della sanità privata; eccetera.
Un incontro “personale” lo è se resta tale ma se viene pubblicizzato (come sapientemente è stato fatto) assume un carattere di precisa indicazione politica. Al porporato non fa impressione, pur di arrivare allo scopo, affidare il suo (?) popolo a un personaggio che sfugge a ogni regola etica, che è inquisito per questioni infamanti, che usa il parlamento per non farsi giudicare dai tribunali, che con la sua politica ha portato parte del paese alla xenofobia, che ha messo il suo interesse personale al primo posto delle sue preoccupazioni.
È iniziata la campagna elettorale e la svendita dei voti cattolici.



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venerdì 22 gennaio 2010

INGRAO: “UN FORTE VENTO DI DESTRA CHE SPIRA SULL’ITALIA”


Quale sia il mio giudizio sulla “santificazione” di Bettino Craxi da parte di questo incivile governo l’ho già espresso in un precedente post e lo confermo con più forza. Riportare sull’altare della storia questo ex-presidente del consiglio, già latitante per la giustizia italiana, significa garantire ai suoi successori, di qualunque malefatta si macchino, un posto nel pantheon della politica. Nel nostro caso specifico, regnante il caudillo Silvio Berlusconi, si tratta di una ricorrenza “ad personam” (non gli bastano le leggi).
Ritorno su questo argomento, doloroso per la mia coscienza e vergognoso per la povera Italia, solo per condividere con voi un’intervista a Pietro Ingrao apparsa su La Stampa il 19 gennaio per la penna di Riccardo Barenghi: vale la pena leggerla, anche se non si aderisce alla storia politica e ideologica di questo uomo.

PIETRO INGRAO: “DI CRAXI NON SALVO NULLA”

Ripete le stesse parole che pronunciò in quello storico discorso all’XI congresso del Pci, nel 1966: «Cari compagni, non mi avete convinto». Allora si rivolgeva ai suoi compagni di partito che l’avevano sconfitto nella battaglia congressuale, oggi si parla di Craxi e della lettera che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato alla vedova dell’ex leader socialista morto dieci anni fa. Quindi, in qualche modo si parla ancora dei suoi ex compagni di partito e di battaglie interne, non a caso nel Pci Napolitano fu, dopo Giorgio Amendola, il rivale del leader della sinistra comunista, ossia Pietro Ingrao.

Ingrao, cos’è che oggi non la convince?
Ho trovato francamente esagerate tutte le cose che ho letto in questi giorni, non credo che una rivalutazione di Craxi – nel mondo comunista si sarebbe chiamata con un orrendo termine: riabilitazione – sia politicamente giusta e corretta.

Ma Napolitano, e non solo lui, sostiene che ci furono luci e ombre nella politica di Craxi…
Potrei dire che Napolitano è stato molto generoso, anche troppo. Io comunque non condivido il suo giudizio, molte chiacchiere ma non una parola dura, anche cattiva. Sinceramente io luci non ne vedo, perché nel corso di quegli anni molto aspri per la vicenda politico-sociale del nostro Paese, Craxi si è schierato con la parte più conservatrice della Dc, con Forlani e Andreotti e non certo con Zaccagnini. E contemporaneamente ci ha fatto la guerra, a noi comunisti. Dopo la morte di Moro venne fuori la sua natura di anticomunista che non aveva alcuna intenzione di promuovere l’unità delle sinistre. Un progetto politico che invece avrebbe potuto contribuire a rinnovare la società. Ecco perché ho sempre sostenuto che Craxi era un conservatore.

Ma molti al contrario dicono che fosse un uomo di sinistra e per di più un innovatore…
Ma manco per idea. Era distante anni luce da un socialista come Riccardo Lombardi, lui sì di sinistra insieme ad altri nel Psi. Craxi era un’altra cosa, e francamente non vedo proprio dove abbia innovato, semmai ha usato la sua spregiudicatezza per crearsi spazio nel quadro politico. Ma allora entriamo in un’altra categoria, quella dei politicanti…

Eppure molti suoi ex compagni di partito, per esempio Piero Fassino, lo hanno rivalutato in questi anni. Secondo lei perché?
Risponderei in poche parole che per me dicono tutto: perché c’è un forte vento di destra che spira sull’Italia.

E della questione di Tangentopoli, lei che idea s’è fatto?
Sulla vicenda strettamente giudiziaria che ha riguardato Craxi non mi va di intervenire. Capisco la delicatezza che il Presidente della Repubblica ha usato nell’affrontare questo capitolo difficile, ma anche qui non mi sento di condividere i suoi giudizi.

Ma lei di Craxi non salva nulla?
Nulla, proprio nulla. Perché ha agito in modo negativo nella vicenda politica italiana. E anche qui, mi dispiace, pur capendo il garbo del Capo dello Stato, non posso riconoscermi nel quadro che ha delineato.

E invece del suo esilio ad Hammamet che giudizio dà?
Ecco, qui invece vedo un orgoglio umano nella sventura, un orgoglio che rispetto.


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mercoledì 20 gennaio 2010

BUROCRAZIA XENOFOBA E CRIMINALE

È una di quelle notizie che non fa notizia e che, quindi, non viene pubblicata in Italia pur riguardante direttamente il nostro paese. Io l’ho appresa dal quotidiano spagnolo El País, poi ho trovato in rete qualche conferma, specie da fonte radicale, ma poca cosa. Eppure è una notizia che non ci può lasciare sereni.

Parliamo della trentasettenne italo-somala Shukri Said, portavoce dell’Associazione Migrare che dal primo gennaio è in sciopero della fame assieme a trecento immigrati che chiedono nientemeno che sia rispettata la vigente legge Bossi-Fini in merito alla concessione e al rinnovo dei permessi di soggiorno per gli immigrati. Quindi tutto secondo la legge, la quale prevede che i permessi siano rinnovati entro 20 giorni dalla scadenza mentre, oggi, la burocrazia italiana ci impiega dai sette ai tredici mesi con conseguenze pesantissime per gli immigrati che cercano lavoro.
La denuncia è seria e giustificata, Shukri Said spiega che “si tratta di una burocrazia xenofoba e criminale perché durante il periodo nel quale lo stato ritarda nel concedere il rinnovo del permesso sono sospesi i diritti basilari degli immigrati. Non possono viaggiare, né lavorare legalmente, e in caso di necessità gli ospedali non li accudiscono”.
Gli attivisti di Migrare, dal canto loro precisano: “il clima di razzismo istituzionale fomentato dalla Lega Nord ha aumentato la sfiducia e la paura della popolazione italiana nei confronti dello straniero, così che la cartolina che gli immigrati ricevono in attesa della concessione del permesso è soltanto carta straccia. Nessuno si fida ... È un modo per gridare al mondo la rabbia e la disperazione che l’Italia sta provocando agli immigrati che cercano di mettersi nella legalità. La consegna del governo sembra consistere nel criminalizzare ed emarginare sempre più i lavoratori stranieri, impedendo il loro ingresso nella società civile. E per ottenere ciò lo stesso governo non esita a porsi al di fuori delle sue stesse leggi”.
Ora, dopo 20 giorni di digiuno, il suo stato di salute è preoccupante come conferma il medico che la sta curando presso la clinica romana Madonna della Fiducia dove è stata ricoverata, ma Said non desiste dal denunciare la mancata applicazione della legge da parte del governo italiano: si è appellata al sassofonista e ministro dell’interno Roberto Maroni che, essendo responsabile di questa situazione disumana, ha fatto orecchie da mercante (niente di nuovo quando si tratta di extra-celtici); ora si appella al presidente della repubblica Giorgio Napolitano, impegnato nella santificazione di Craxi, e all’Unione Europea il cui presidente di turno è lo spagnolo José Luis Rodríguez Zapateroperché l’Europa faccia pressioni sulle autorità italiane perché rispettino i diritti civili e le leggi stesse del loro stato”.

A che punto siamo arrivati! Renato Brunetta, dove sei? smettila di zampettare qua e là, prova a fare finalmente una cosa seria: se ti ritieni all’altezza (si fa per dire) del tuo compito, metti mano a questa infame burocrazia invece di sparare cazzate sui diciottenni.
Voi che dite? Shukri Said ce la farà a ottenere il rispetto della legge? qualcuno oltre ai radicali la aiuterà? e noi cosa possiamo fare?
Intanto diffondiamo la notizia.


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lunedì 18 gennaio 2010

L’OTTAVA MERAVIGLIA: IL PONTE BERLUSCA


La Corte dei Conti (noto organo comunista) ha sferrato un pugno nello stomaco al governo di centro destra con la richiesta, in merito alla realizzazione del ponte di Messina, di valutare costantemente i profili di fattibilità tecnica del ponte ma anche di attualizzare le stime di traffico e la compatibilità ambientale dell’opera, oltre a valutare i profili di completezza delle modalità d’imputazione nel bilancio dello Stato delle somme, già destinate all’intervento per il ponte sullo Stretto di Messina e successivamente oggetto di riutilizzazione. Questo è il contenuto sintetico della relazione della magistratura contabile approvata nei giorni scorsi.
In definitiva chiede quattro chiarimenti e, se li chiede, vuol dire che non li riscontra nella voluminosa documentazione che, per mestiere, ha dovuto studiarsi o non sono messi in sufficiente rilievo. Veniamo alle quattro richieste.
Valutare i profili di fattibilità tecnica del ponte: il progetto di massima (manca ancora, inspiegabilmente, il progetto definitivo) è stato presentato nel 2003. Da allora a oggi lo sviluppo tecnologico ha raggiunto altri ulteriori traguardi che evidentemente non sono considerati nell’attuale progettazione; eppure è un ponte che prevedrebbe un’unica campata di 3.300 metri di lunghezza (a oggi, il ponte più lungo al mondo, in un’unica campata, è giapponese e misura 1990 metri di lunghezza) con sollecitazioni sia a terra (spostamento continente/isola), sia in acqua (la corrente che si genera tra il bacino tirrenico e quello ionico), sia in aria (i forti venti che caratterizzano la zona). Non tener conto dello sviluppo tecnologico vorrebbe dire, oltre ai problemi inerenti alla sicurezza, condannare il ponte alla vetustà prima ancora della sua “nascita”.

Attualizzare le stime di traffico: le stime considerate per l’attuale progettazione risalgono al 2001 e, dice la Corte “potrebbero verosimilmente non solo essere non più aggiornate ai tempi attuali, ma anche non coerenti con il quadro economico della sopraggiunta congiuntura economica … Soltanto un’adeguata stima dei volumi di traffico viario e ferroviario potrà effettivamente, rispettando il quadro della finanza di progetto su cui si fonda circa il 60% delle risorse complessive, di sostenere gli oneri finanziari per interessi, che graveranno sui capitali presi a mutuo”. Come dire: oggi ci si serve maggiormente del traffico aereo rispetto al 2001, specie per quanto riguarda il turismo che mi pare sia la maggiore fonte di entrata dell’isola e, in ogni caso, la fruibilità di un ponte faraonico si scontrerebbe con lo stato attuale della rete stradale e ferroviaria sia in Sicilia che in Calabria (autostrada, da sempre in manutenzione, Salerno-Reggio Calabria; rete ferroviaria siciliana composta da 1200 chilometri, su 1400, a binario unico).
Verificare la compatibilità ambientale dell’opera: il recente disastro di Messina ce ne ripropone drammaticamente i termini. Non è possibile intraprendere una tale impresa senza aver prima messo mano a una serie di misure di tutela e protezione del territorio.
Valutare i profili di completezza delle modalità d’imputazione nel bilancio dello Stato delle somme già destinate all’intervento per il ponte sullo Stretto di Messina: poiché, come ci dice la Corte dei Conti, “le somme oggetto di riutilizzo, già destinate ad opere di investimento (ponte sullo Stretto di Messina), vengono destinate a finanziare spese correnti”. Tradotto, vuol dire che i soldi accantonati per l’opera sono stati usati altrove.
Non male mister Silvio Berlusconi!
A tutto questo aggiungiamo che nel 2003 l’importo di spesa previsto si aggirava sui 4,6 miliardi di euro mentre attualmente (come si evince dal Dpef 2010/2013) l’importo è lievitato a 6,1 miliardi di euro: siamo certi che il mago Berlusca tiri fuori dal cilindro le risorse economiche necessarie? Ammesso e non concesso che le riesca a trovare, come pensa di impedire che la criminalità organizzata goda di tanto ben di dio?
Certo si incomincia male, anzi malissimo: il maggior azionista della Società Ponte sullo Stretto SpA è la società IMPREGILO SpA, la multinazionale nel settore costruzioni che ha e ha avuto in appalto parte dell’infinita e inconclusa sistemazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria; l’intero ciclo di raccolta e smaltimento industriale dei rifiuti della regione Campania attraverso una società collegata il cui amministratore, in seguito, è stato arrestato; l’Ospedale Regionale San Salvatore dell’Aquila che durante il terremoto del 6 aprile 2009 è stato evacuato perché gravemente lesionato e dichiarato inagibile al 90%. Come vedete un pedigree di tutto rispetto … e pantalone paga.
Papi, non buttare via i soldi pubblici per questo inutile monumento che soddisfa solamente la tua megalomania, giusto come fece il presidente della Costa d’Avorio, Félix Houphouët-Boigny che costruì ad Abidjan, quasi in mezzo al deserto e a dispetto del suo popolo affamato, la Basilique de Notre Dame de la Paix, una fra le più grandi chiese del mondo sul modello della Basilica di San Pietro a Roma. La basilica non ha portato lustro a Félix, il ponte non porterà lustro a Silvio: il popolo non è scemo.



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sabato 16 gennaio 2010

LICENZIARE, MA CON OTTIMISMO


Per Silvio Berlusconi e le sue marionette siamo ormai fuori dalla crisi, non si può ancora esultare, non si può ancora ridurre le tasse (ai ricchi, ovviamente), dobbiamo continuare a essere ottimisti e a consumare ma il peggio è passato.
Questo ottimismo dovrebbe condividerlo, di persona e non attraverso la stampa o le sue televisioni, con le lavoratrici e i lavoratori di AGILE Srl. del Gruppo Omega, guardandoli negli occhi: può essere che in quell’occasione il souvenir del duomo di Milano trasformi la sua dimensione e assuma quella reale.
Nella rete circola un documento-denuncia dei dipendenti di questo Gruppo che vi propongo, così come l’ho trovato, e che esprime la disperazione di chi sa che probabilmente perderà il posto di lavoro e assieme a questo perderà la propria dignità e la possibilità di mantenere decorosamente sé e la propria famiglia.
Altro che ottimismo!
Leggendo l’appello ho pensato alle altre migliaia di lavoratori che non hanno voce (forse per la iena Augusto Minchiolini anche questo è gossip) ma che vivono lo stesso dramma.
Il nostro stare fermi, se continua, diventa complicità.



COME LICENZIARE 9000 PERSONE SENZA CHE NESSUNO SE NE ACCORGA !!!
le lavoratrici e i lavoratori di Agile s.r.l. -- ex Eutelia - 15 gennaio 2010

E' iniziato il licenziamento dei primi 1200 lavoratori di OLIVETTI-GETRONICS-BULL-UTELIA-OICOM-EDISONTEL. TUTTI CONFLUITI IN AGILE s.r.l. ora Gruppo Omega Agile ex Eutelia è stata consegnata a professionisti del FALLIMENTO.
Agile ex Eutelia è stata svuotata di ogni bene mobile ed immobile.
Agile ex Eutelia è stata condotta con maestria alla perdita di commesse e clienti...
Il gruppo Omega continua la sua opera di killer di aziende in crisi, l'ultima è Phonemedia 6600 dipendenti che subirà a breve la stessa sorte.
Siamo una realtà di quasi 10.000 dipendenti e considerando che ognuno di noi ha una famiglia, le persone coinvolte sono circa 40.000 eppure nessuno parla di noi.
Abbiamo bisogno di visibilità Mediatica, malgrado le nostre manifestazioni nelle maggiori città italiane (Roma - Siena - Milano - Torino - Ivrea - Bari - Napoli - Arezzo) e che alcuni di noi sono saliti sui TETTI, altri si sono INCATENATI a Roma in piazza Barberini, nessun Giornale a tiratura NAZIONALE si è occupato di noi. Ad eccezione dei TG REGIONALI e GIORNALI LOCALI NON siamo mai stati nominati in nessun TELEGIORNALE NAZIONALE perchè la parola d'ordine è che se non siamo visibili all'opinione pubblica il PROBLEMA NON ESISTE.
Dal 4-Novembre-2009 le nostre principali sedi sono PRESIDIATE con assemblee permanenti

Se sei solidale con noi INOLTRA QUESTO DOCUMENTO ad almeno 10 amici nei prossimi 30 minuti (basta cliccare su "spedisci questo" in fondo all'articolo), non ti costa nulla, ma avrai il ringraziamento di tutti i lavoratori e le Lavoratrici di Agile ex Eutelia che da mesi sono senza stipendio. Altrimenti questa azienda morirà.


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giovedì 14 gennaio 2010

“AD LIBERTATEM” DEL CAVALIERE


Eccome se è tornato! Subito attivo, in questi giorni si è riposato a sufficienza, ha ripreso la sua guerra alla giustizia e allo stato (con amore, beninteso) con la consueta tattica dell’affermare per, subito, smentire, dell’annunciare per poi ritrattare, con grande lavorio di dire e disdire dei suoi portavoce e dei suoi portaborse e con grande e cinico disprezzo per la gente italica.
Le tasse non saranno abbassate, non è il momento, dice pressappoco così Silvio Berlusconi. Ma come, avevi detto che saremmo passati a due aliquote! Chi io? Risponde, saranno stati i giornalisti comunisti. E via di seguito. Persino il pacioso, fin troppo, Pierluigi Bersani ha perso le staffe imputandogli una “irresponsabile giravolta”.
Non c’è verso di impostare un discorso serio e duraturo nel tempo con il Cavaliere, ma è ovvio, a lui interessa solo la guerra contro la magistratura.
È su questo fronte che il duce di Arcore sta dando il meglio di sé incollando sui magistrati e sulla magistratura un giudizio da ritenersi a tutti gli effetti eversivo: “Abbiamo imposto come nuova priorità della politica, non soltanto, ci mancherebbe altro il principio di non rubare, ma soprattutto la linea di mantenere gli impegni assunti durante la campagna elettorale con i nostri elettori. Questa è la differenza rispetto agli altri che ci contraddistingue da quando siamo scesi in campo, visto che non siamo professionisti della politica. Per questo motivo, siamo ancora considerati dagli altri politici di professione dei truffatori. Per questo motivo ci portano degli attacchi. Per quanto mi riguarda, sapete cosa mi dicono sul piano politico, mentre sul piano giudiziario non dobbiamo proprio parlarne: si tratta di aggressioni parificabili se non peggiori a quella subita in piazza Duomo”.
Mi spiego? La magistratura, secondo il neo martire, va assimilata alla delinquenza politica, arriverà a essere comparata alle brigate rosse. Già, di rosso, nell'immaginario del capo dell'esecutivo hanno, intanto, persino le toghe.

Ma tutto è funzionale non solo al prossimo risultato elettorale per le elezioni regionali (per questo ci pensa già l’opposizione con la sua assenza assoluta) ma ai processi nei quali è imputato e il primo di questi riguarda il seguito del processo “Mills” (che avendo condannato il corrotto, dovrebbe ora, finalmente, condannare il corruttore) che, vedrete, non avrà un seguito dopo l’approvazione a breve della legge riguardante il cosiddetto “processo breve” (questo non verrà ritirato).
La proposizione prima e il ritiro poi, da parte del governo, del decreto legge chiamato “blocca processi” non può essere inteso come una vittoria dell’opposizione (raffigurabile come uno struzzo che nasconde la testa nella sabbia): il presidente, abbondantemente a conoscenza della sentenza della Corte Costituzionale 333 del 18 dicembre 2009 (in questo caso la Corte non è un covo di comunisti), ha usato la minaccia del decreto legge solo per fare fumo e distogliere l’attenzione su quanto ha già preparato per la riforma della giustizia pro domo sua, ad personam appunto, ad libertatem, ma la sua.




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martedì 12 gennaio 2010

LA BUGIA DEL TAGLIO DELLE TASSE


La campagna elettorale, per chi non se ne fosse accorto, è iniziata un momento dopo lo psicodramma del tiro del souvenir che ha visto come protagonisti Silvio Berlusconi (parte lesa) e lo psicolabile Massimo Tartaglia nel ruolo di aggressore.
Non è cinismo il mio, è la constatazione, interpretando l’evolversi della situazione politica italiana, che quanto è accaduto era già scritto, anzi voluto.
Dall’aggressione emergono due “cavalli di battaglia” che saranno il leit motiv della campagna elettorale di Silvio per le prossime regionali: il primo già ben strutturato le cui conseguenze le stiamo iniziamo a subire oggi mentre il secondo è stato annunciato alla ripresa della vita pubblica del nostro primo ministro. Andiamo con ordine.
PRIMO MOTIVO: il partito dell’amore. D’ora in poi tutti devono essere buoni e prostrati davanti al salvatore della patria, all’unico uomo che sacrifica la sua vita e il suo sangue perché il popolo italiano possa vivere felice. L’opposizione se la beve immediatamente e in men che non si dica si attacca al carro del condottiero avversario. Folli, non sanno che hanno a che fare con una mantide religiosa: dopo l’amplesso impone la morte.

SECONDO MOTIVO: il taglio delle tasse. È così irreale che persino il tutto d'un pezzo Giulio Tremonti non ha fatto storie, consapevole che la cosa non andrà mai in porto, essendo una promessa da marinai. Ne volete una prova? Vi offro una piccola cronistoria delle dichiarazioni, del presidente pinocchio, che ho trovato nel web.
1. Porta a Porta, 9 aprile 2001: ridurremo la pressione fiscale dal 47 al 35% nell’arco di 3/4 anni;
2. Corriere della Sera, 22 aprile 2001: per i redditi superiori ai 200 milioni l’irpef sarà portata al 33%;
3. Il Messaggero, 5 maggio 2002: dal 2003 meno tasse per tutti;
4. Forum executive del Tesoro, 25 luglio 2002: tasse più leggere nel 2004;5. La Stampa, 3 aprile 2004: confermo, meno tasse entro il 2005;
6. dichiarazione, 30 marzo 2004: conto di ridurre l’aliquota massima delle imposte dal 45 al 33%;
7. Ansa, 10 maggio 2004: garantire entro la legislatura la riduzione delle aliquote del 33 e 23% come promesso nel contratto con gli italiani;
8. dichiarazione, 11 settembre 2004: le aliquote saranno tre: 23, 33 e 39%;9. La Repubblica, 16 marzo 2005: la quarta aliquota fiscale sarà cancellata il prossimo anno, ridurremo le tasse del 40%;
10. dichiarazione, 9 gennaio 2010: sogno una vera riforma tributaria, con due sole aliquote: 22 e 33%.
Come potete notare di quanto promesso non abbiamo visto risultati poiché promettere non costa nulla ma serve per far abboccare gli elettori, quelli non ancora cresciuti e che hanno necessità che qualcuno racconti loro, prima di abbandonarsi a Morfeo, una bella favola.
E poi, ammesso che Berlusca voglia, una tantum, dar seguito con i fatti a quanto dice, siete certi che sia una cosa ben fatta?
Se vengono istituite due solo aliquote, al 23 e al 33%, i vantaggi andrebbero quasi esclusivamente a coloro che hanno un reddito annuo alto, infatti, passerebbero in un sol colpo dal 38, 41 e dal 43% al 33%: un salto niente male. Per coloro con un reddito annuo basso la riduzione sarebbe pressoché nulla. Morale: per i ricchi tasse più basse mentre i poveri, come d’abitudine, stanno a guardare, come è successo per l’eliminazione dell’ICI anche ai ricchi, l’abolizione della tassa di successione, lo scudo fiscale, eccetera.
Il povero sarà sempre più povero.
Votatelo gente, votate il papibuono.



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sabato 9 gennaio 2010

IL TERMINE INTEGRAZIONE NON ESISTE NEL VOCABOLARIO GOVERNATIVO


Ritenere che quanto sta accadendo a Rosarno sia solo cronaca o un problema isolato di ordine pubblico è pura follia se non, addirittura, cosciente mistificazione dei fatti. Il problema è essenzialmente politico, disgraziatamente politico.
Ce lo conferma il celodurista e becero ministro Roberto Maroni, appoggiato dai latrati dell’ex (?) fascista Maurizio Gasparri: “A Rosarno c’è una situazione difficile come in altre realtà, perché in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un’immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall’altra ha generato situazione di forte degrado”. Si è così aperta così, ufficialmente, la stagione venatoria e tutti, ora, possono sparare agli stranieri specie quelli di pelle scura.
Hanno iniziato alcuni ragazzini a giocare al tiro al bersaglio, con armi ad aria compressa, contro due extra-comunitari presenti in paese per la raccolta delle arance e delle olive per finire a colpi di fucile, cartucce vere e letali, da parte di alcuni paesani con il ferimento, in modo molto grave, di altri due braccianti africani. Come ci si può meravigliare se questi “negracci” si incazzano? Certamente questi immigrati, per la maggior parte irregolari ma funzionali all’economia mafiosa delle ‘ndrine essendo mano d’opera a basso prezzo, hanno risposto energicamente al tiro a segno dei figli prima e dei padri poi; sulla violenza non si può essere d’accordo ma il giudizio che possiamo dare deve considerare la situazione complessiva, politica appunto, nella quale questa situazione è andata degenerando.
Andatevi a leggere l’attualissimo libro di Marco Rovelli dal titolo “Servi”, edito da Feltrinelli nel 2009, e nel capitolo dedicato a Rosarno troverete la fotografia, nuda e cruda, della situazione sociale e politica di quella terra di nessuno; ve ne offro un brano, solo perché ve ne facciate un’idea al riguardo:


“… Lo sport più praticato dai giovani di Rosarno è la caccia al nero. Dove 'nero' non designa un subasahariano, ma indica indistintamente - senza discriminazione - un africano: di pelle scura o chiara è lo stesso. Il lunedì mattina, sugli autobus che portano a scuola, i ragazzi si fanno i reportage dei rispettivi pestaggi, sono motivi di vanto, di onore, a misurare il valore, tante croci sul petto. Ci sono delle tecniche, per linciare un nero. Anzitutto, evidentemente, essere in gruppo. Poi appostarsi nei luoghi strategici, dove sei obbligato a passare se vuoi andare da un punto all'altro del paese. Luoghi come via Carrara, via Roma, via Convento. Su via Convento, ad esempio, c'è un muraglione da dove si ha a portata di sasso chiunque passi di sotto. Ma anche sul corso (il corso, nei paesi come Rosarno, non ha un altro nome: è il corso e basta) - anche sul corso ci sono i presìdi, si aspetta che passi un nero per dargli la caccia. Appena due mattine fa, dice Antonino (ha i capelli alle spalle, un maglione colorato, un giubbotto di pelle scamosciato - “pure io quando cammino, mi sento dire drogato, frocio, come sei combinato...”), un ragazzino maghrebino correva, terrorizzato, lo rincorrevano in tre, con delle verghe in mano, l'ho fatto salire in macchina e l'ho portato via. E lo stesso ha fatto qualche tempo prima Giuseppe con un ragazzo algerino, a inseguirlo erano dei ragazzi più giovani di lui, avranno avuto dodici o tredici anni...”.

Dicevamo che il problema è politico. Sì, quello che stiamo vivendo è il risultato della legge Bossi-Fini (e dei suoi “perfezionamenti”) e non del caso, è il risultato dell’aver affidato, con il voto di tanti, l’Italia a dilettanti della politica, senza storia e senza scrupoli che stanno facendo risorgere il fascismo nelle sue peggiori forme e che stanno rendendo mentalità comune il razzismo e la xenofobia.
Alcuni esempi fra quelli accaduti ultimamente.
La Lega Nord ha chiesto la rescissione del contratto con una ditta che si occupa delle pulizie nel consiglio provinciale di Trento perché fra i suoi dipendenti ha troppi islamici.
Il “White Christmas” del comune leghista di Coccaglio nel civilissimo territorio bresciano ha impegnato l’amministrazione comunale in una sorta di deportazione degli extra-comunitari.
La strage di sei africani nel 2008 a Castelvolturno.
La ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, per favorire l’integrazione, ha deciso di calmierare la presenza degli alunni stranieri negli istituti scolastici ammettendone alla frequenza fino alla soglia del 30%. Agli eccedenti tale soglia non si capisce bene cosa succederà. Forse saranno consegnati al perfido Maroni: ci penserà lui, con la sua nota umanità, a sistemare la questione.
Condanniamo le violenze consumate a Rosarno, ma condanniamo contemporaneamente, per istigazione all’odio razziale, il ministro Maroni, i suoi capi Umberto Bossi e Silvio Berlusconi e il governo tutto.







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venerdì 8 gennaio 2010

IL MIRACOLATO DECIDE E BERSANI SOMMESSAMENTE RIBADISCE

È apparso. Non in terra patria, ma è apparso.

Tutti a guardare le fotografie per vedere le piaghe inflittegli dall’odio che ha armato la mano di uno psicolabile. Ma il premier Silvio Berlusconi non per niente è stato chiamato, dai suoi, il miracolato: nessuna piaga visibile, nemmeno una crosticina. Davanti all’edicola, di fronte alla fotografia del nostro, ho visto una signora che si faceva il segno di croce come davanti a un’immagine sacra; è vero, ai buoni tutto può accadere, come al cieco nato che riacquista la vista o al paralitico che torna a camminare o a Lazzaro che resuscita (forse quest’ultimo esempio è un po’ eccessivo, ma non si sa mai con i tempi che corrono).
Ma il buono, il papibuono da un mese circa contrapposto al papiminchia, non solo è tale ma è anche eroico: nonostante tutto il dolore, sia fisico che morale (come è stato possibile che un suo suddito lo abbia ferito? ancora non se ne capacita), ha continuato a pensare al popolo italiano e, in queste settimane di astinenza da video (ma la sua voce ha continuato ad aleggiare nell’etere), ha potuto predisporre il suo piano delle riforme che già dalle prossime settimane sarà presentato in parlamento.
Tutto questo nasce dal dialogo, così tanto evocato in questi giorni, ovviamente non con ciò che resta dell’opposizione ma con il fido e inconcludente Nicolò Ghedini e il suo ministro ad personam Angelino Alfano.

Però Pierluigi Bersani, con un guizzo imprevedibile (hai visto che esiste ancora?) afferma: “Ribadisco con tutta la nettezza e forza possibile che siamo disponibili e intenzionati a una discussione immediata sulle riforme istituzionali. Ci sono le condizioni da domani senza aspettare le elezioni regionali, ma se la destra invade il Parlamento con uno tsunami di iniziative per mettere a riparo il Premier se ne prenda la responsabilità”.
Di fronte a questa ferma (e tendente all'odio) dichiarazione, m’immagino il presidente del consiglio che, tremante di paura, si cala le braghe e, con il capo cosparso di cenere, implora il perdono dell’opposizione tutta.
Siamo realisti. A Berlusconi, che di odio se ne intende molto, interessa solo la riforma della giustizia per non andare ai processi, di tutto il resto non sa che farsene, né della riforma della scuola né tantomeno della riforma del fisco che, se va nella stessa direzione dello scudo fiscale, sarà certamente pro infami.
Non resta che sperare che Bersani convochi il suo popolo (se ne ha ancora) nelle piazze, con le bandiere affinché si veda e inizi a parlare dei veri problemi della gente: il lavoro che manca, la miseria che avanza, le tasse che ci dissanguano, il costo dei trasporti che aumenta, eccetera. Chiami il suo popolo per decidere le candidature regionali senza vili e inspiegabili inciuci con Pier Ferdinando Casini che, lui sì coerentemente, sta sia a destra che a sinistra, ma solo con chi gli può dare una fetta di potere.



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mercoledì 6 gennaio 2010

IL DANNOSO BUONISMO DI GIORGIO E GIANFRANCO


Io mi chiedo qual è il significato, oggi, delle parole del presidente della repubblica ed ex comunista Giorgio Napolitano e del presidente della camera dei deputati ed ex fascista Gianfranco Fini quando dicono, all’unisono, il primo di “non smarrire il senso comune dell'interesse generale” e il secondo che l’Italia deve riscoprire un “rinnovato senso della coesione nazionale” valori condivisi e nell'ottica “degli interessi superiori del Paese”. In che paese vivono costoro? Non certamente nel mio.
E’ come dire a una persona malata di tumore che deve lavarsi i denti con frequenza. Sì, è vero, è giusto lavarsi i denti con frequenza ma il suo problema più urgente e vitale è quello di estirpargli il cancro. Per analogia, è giusto parlare di interesse generale del paese, ma prima, o almeno in contemporanea, dobbiamo estirpare, s’intende politicamente e democraticamente, dalla nostra società il cancro. Non c’è bisogno nemmeno di una tomografia assiale computerizzata per scoprirlo, basta camminare per strada o leggere i giornali (quei pochi non ancora completamente obbedienti al principe) o guardare la televisione (quella estera perché quella italiana, dei Minzolini e dei Fede, è politicamente blasfema).

Il tumore, tutto italiano, è Silvio Berlusconi e il berlusconismo dei suoi lacchè che trasforma, con grande intelligenza sua e ignavia dei suoi oppositori, l’arroganza e l’arrembaggio al potere nel partito dell’amore. E’ bastato un souvenir per ricondurre tutti all’ovile, per far dimenticare le nefandezze di questa gestione del potere dove ciò che conta non sei tu persona ma il tuo portafoglio, non è il tuo cervello ma la tua devozione al sovrano, non è la tua umanità ma la tua capacità di menzogna. Aldiquà e aldilà del Tevere, purtroppo.
Io rispetto le funzioni di capo di stato e presidente della camera, mi pare che il primo a non rispettarle sia proprio il presidente del consiglio, ma non posso non dire loro, con durezza, che sbagliano a predicare l’igiene orale senza indicare al malato Italia il suo vero male. Sarebbe, la loro, una mistificazione e un avallo colpevoli, dalle conseguenze politiche sociali e umane devastanti di cui già oggi assaggiamo i frutti velenosi.
E’ solo l’inizio, per il 2010 il nostro imperatore, il miracolato del tiro al bersaglio dello psicolabile (e perdonato dal novello gesù ma da condannare con durezza), ci ha promesso una rinnovata attività riformista.

Buia è la notte e senza stelle.



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