lunedì 8 marzo 2010

MALATI DI RASSEGNAZIONE. IL GOLPE GOVERNATIVO

Sono stato fuori casa due giorni e non ho voluto né leggere giornali, né navigare nel web, né guardare i telegiornali minzoliani. Ho sbagliato e me ne pento, mi sono fatto prendere dallo sconforto.
Nel frattempo, mentre sceglievo di abdicare, seppur temporaneamente, alla mia funzione di cittadino responsabile e maturo, si è consumato un fatto delittuoso per la Repubblica italiana il cui “assassino” può essere identificato nell’attuale presidente del Consiglio il macho Silvio Berlusconi contornato e aiutato da numerosi e interessati correi, abitanti nei palazzi della politica e sui più alti colli dell’Urbe e, perché no, anche di là dal Tevere: tutta gente con la testa sulle spalle, che ha operato per la “democrazia” e contro la burocrazia, per la sostanza anziché per la forma. Persino il simbolo della garanzia morale e politica del Paese ha coperto questo sfregio alla libertà e alla democrazia con la propria firma e non vado oltre per non finire in galera per vilipendio. Venerdì, di notte come succede per i ladri e gli assassini, è andato in scena il fattaccio: il governo confeziona un decreto salva PDL (poiché non ha salvato nessuna delle altre liste di altre formazioni politiche, escluse per vizi di forma, dalla competizione elettorale) e il capo dello stato, Giorgio Napolitano, controfirma. Ed ecco a voi il garante della legge e della Costituzione.
Se il “reo confesso” è Silvio Berlusconi e il “palo” è Giorgio Napolitano, il movente è il mantenimento del potere a tutti i costi, nemmeno autogiustificato come bene per il “popolo” ma chiaramente motivato per la fortuna personale del duce di Arcore. Se posso permettermi un esempio figurato, un po’ truce, io immagino questa situazione come una pecora macellata (la povera Italia) la cui carogna è abbandonata in una zona desertica subsahariana (l’attuale immorale e arida e improduttiva politica italiana), azzannata e sbranata da un branco di iene affamate (i parlamentari inetti, razzisti e fascisti), guidati da una iena capobranco (il plurinquisito papimichia), con il colpevole avallo del guardiano del gregge al quale hanno ucciso la pecora (l’altro presidente, sempre con rispetto parlando).
Di fronte a tutto questo, si sono levate poche voci di dissenso reale, forse il popolo viola è il più sincero, ma non altrettanto si può dire del timido popolo del Partito Democratico. Antonio Di Pietro è l’unico che parla apertamente di impeachment per il capo dello Stato e, a rigor di logica, non avrebbe torto essendo stata calpestata la funzione di super partes propria del presidente della Repubblica.
Ciò che io vedo nella gente, e ho visto anche in me nei due giorni di volontario black out dall’informazione, è una sorta di muta accettazione di ciò che ci fanno accadere attorno, come se noi fossimo spettatori occasionali di eventi altrui e non invece i diretti destinatari delle turpitudini del branco di iene sopra citato.

Che si tratti di malattia?
Sì, siamo malati di rassegnazione.








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