venerdì 14 maggio 2010

LA LISTA, ANEMONE E I BERLUSCONI

Non saprei dire se la lista del costruttore Diego Anemone, indagato per i cantieri alla Maddalena del G8, è una lista di proscrizione, come vorrebbe farci credere l’impaurita maggioranza al governo, oppure è l’elenco ordinato dei “debitori” per grazie ricevute o, semplicemente, l’elenco ordinato dei lavori eseguiti dall’imprenditore del mattone. Io sono dell’idea che la lista sia un misto di elenco “debitori” e di elenco “committenti” regolarmente paganti.
Sarà la magistratura a dire l’ultima parola, quella che vale, nella speranza che non si scopra che anche una parte di essa è debitrice di Anemone come parrebbero essere molti politici, uomini di cultura, uomini di legge, dei servizi segreti e alti prelati.
Certo è che l’affaire sollevato dalla Procura della Repubblica di Perugia, al di là dei reati e della loro punibilità, è una cosa dura da digerire perché ha messo a nudo un sistema di relazioni e di governo degli affari assolutamente devastante: da una parte abbiamo un costruttore che, per mestiere cioè per soldi, fa l’asso-piglia-tutto e dall’altra una fila infinita di uomini dello stato che, anch’essi per mestiere cioè per soldi, non solo permettono ma addirittura offrono il loro potere per contravvenire alla legge e truffare lo stato e quindi i cittadini che dovrebbero governare e difendere.
Ora, ditemi quale differenza reale riscontrate tra tutto questo e cosa nostra siciliana o la ‘ndrangheta calabrese o la camorra campana o la sacra corona unita pugliese? Altro che tangentopoli, quello cui stiamo assistendo rivela una delinquenza peggiore di tutte le mafie perché perpetrata da chi si dichiara servitore dello stato, da chi vive ed è mantenuto dai cittadini. Anche le modalità e l’arroganza sono simili se non peggiori di quelle mafiose; omertà e violenza la caratteristica.
Volete qualche esempio? Siete presto e facilmente accontentati.
L’ex ministro Claudio Scajola ci dice, in sequenza, che lui non c’entra con la questione e che non si dimetterà mai e che vuole chiarire tutto davanti ai giudici, quindi si dimette dicendo a noi cretini che i 900.000 euro sono piovuti dal cielo a sua insaputa e che se trova questo delinquente di donatore anonimo lo impala e che, comunque, chiarirà tutto davanti ai giudici. È di queste ore la dichiarazione che dal giudice non ci va, non c’è nulla da chiarire. Fulgido esempio di trasparenza.
Il generale della Guardia di Finanza Francesco Pittorru prima dichiara di aver ricevuto da Anemone un prestito, quindi dice di averne documentazione, poi afferma che, guarda la coincidenza, i ladri gli hanno portato via i documenti (non i soldi, ma quei documenti) ma che il finanziatore può testimoniare la sua versione: ebbene il costruttore dichiara che a lui non risulta alcun prestito ergo, dico io, sono una regalia. A un generale della Finanza! A uno che dovrebbe essere un controllore della legalità!
Non dimentichiamoci però dell’amatissimo e agitatissimo Guido Bertolaso (quello della massaggiatrice Monica che, nella sua fantasia erotica, dovrebbe essere l’alter ego della più famosa e billclintoniana Monica Lewinsky) che durante un’incredibile e recente conferenza stampa afferma che lui ha avuto solo un rapporto d’affari con il costruttore, rapporto regolarmente fatturato. Peccato che i rapporti tra i due sembrino essere tre o quattro. Questo servitore dello Stato e membro del Governo della Repubblica ci ha mentito sapendo di mentire.
Non vi cito, poi, Sandro Bondi, perché il mio disgusto è tale che temo di travalicare i confini della decenza: mi limito a dire che il nostro poeta, Sandro Alighieri, ci dimostra la veridicità del motto carmina non dant panem.
Non posso concludere queste sintetiche riflessioni senza citare l’imbarazzato e incazzatissimo presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al quale tutte queste notizie fanno venire l’orchite, non perché scandalizzato, ci mancherebbe, dicono che lui ha fatto e fa di peggio, ma perché tutti questi (e sono centinaia) hanno fatto le cose male (perché si sono fatti beccare) e senza il suo permesso. Il papiminchia, ora, per tirarsi fuori dai guai, urla che chi ha rubato deve andarsene dal governo e dal partito ed è giusto che sia così. E io aggiungo che chiunque sia coinvolto in questa colossale truffa, sia di destra che di sinistra sia laico che chierico, deve essere messo alla gogna e deve pagare, con gli interessi usurai, il debito, in denaro e in onore, così contratto con la società civile.
Silvio, però, non può risolvere la questione offrendoci la testa di qualche suo smidollato e prono colonnello (solo perché non ha imparato bene dal capo) o correndo ai ripari con una tardiva legge anticorruzione (che, comunque, va fatta subito). Il problema, da quindici anni, è lui e solo lui: ne tragga finalmente le conseguenze, restituisca la libertà e l’onore agli italiani.


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