venerdì 9 aprile 2010

IO DETESTO IL PIFFERAIO DI HAMELIN

Finite come sono finite le elezioni regionali, di botto siamo entrati in uno stato di calma piatta. Si parla sottovoce e non s’insulta più nessuno. Il leccaculismo minzoliniano è stato riposto in soffitta. Il presidente Giorgio Napolitano firma l’immorale e anticostituzionale legge sul legittimo impedimento senza che ci sia qualche accenno di mal di pancia (leggetevi questo post) e convoca il ministro Roberto Calderoli (autore della legge elettorale definita, dallo stesso, porcata) per farsi illustrare dal cavadenti leghista l’idea che il governo ha sul modello di repubblica.
Persino il plurindagato e, purtroppo, nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dichiara di essere aperto (forse conviene indagare, per non avere sorprese, sul significato che attribuisce al termine “aperto”) all’apporto dell’opposizione in merito alle riforme che farà e il fantasma suicida di Pierluigi Bersani gli risponde che “ci vedremo in parlamento”: tutto lì, non fa nemmeno la mossa di agitarsi ribadendo che si è contrari alle riforme ad personam.
Parrebbe un idillio generalizzato, un innamoramento bi-tri-quadridirezionale, un rapimento di sensi, un orgasmo delle coscienze, se non fossi certo, certissimo, che sotto tutto questo c’è l’imbroglio.
L’immagine che mi viene in mente, per descrivere questo particolare momento della storia italiana, è quella del pifferaio magico, il pifferaio di Hamelin, che, come sapete, nella sua versione originale non edulcorata, ha un finale tragico: se non lo paghi (cioè se non sottostai alle sue richieste) oltre ai topi ti uccide i figli (rende invivibile la realtà in cui sei immerso). Ecco, questo pifferaio, questo utilizzatore del piffero, è il nostro governante che ha bisogno della pace sociale per vedersi approvate, in parlamento, le riforme che lui ha in mente e che gli servono per non andare in galera e per non perdere il potere, riforme che, se approvate, porteranno alla compressione delle libertà e della democrazia (stampa, giudici, eccetera).
Io, però, resto nella convinzione che colui che, inspiegabilmente, una parte degli italiani osanna (ma questo succedeva anche al tempo di Benito Mussolini e del fascismo) è un dittatore della peggior specie, un tiranno e che, come ogni despota che si rispetti, va deposto (il termine esatto sarebbe “abbattuto” se non contenesse in sé l’idea di morte violenta e di sangue che ripugno).
Non dobbiamo smettere di farci sentire (anche urlando) e dobbiamo ricominciare a fare politica nei modi e nelle sedi giuste: all’interno dei partiti nei quali si milita; nelle organizzazioni e associazioni che operano nel sociale; chiedendo a gran voce, e non sottovoce, che si cambi la legge elettorale e in parlamento siedano degli eletti dal popolo (reintroduzione delle preferenze) e non dei funzionari di partito; che i mafiosi non siedano in parlamento; che la Costituzione sia la garanzia del convivere civile e non venga manipolata; che il razzismo e la xenofobia, ormai dilaganti, vengano condannati senza appello; che i direttori di telegiornali, quelli viscidi e manipolatori di notizie, non occupino più le televisioni pubbliche; che i vescovi italiani, nell’imminenza di una votazione, la smettano di suggerire nomi e volti, fra l’altro moralmente inaccettabili; che si ritorni nelle piazze a dibattere e manifestare. Insomma, che ritorni a essere bello impegnarsi in politica e nel sociale come ci dice sinteticamente, ma con grande efficacia, un post del blog "nessun dorma più" dal titolo “mi interessa”.



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