mercoledì 21 aprile 2010

L’OMERTÀ DIVENTA LEGGE. LE INTERCETTAZIONI

Pare che al nostro presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il nuovo testo della legge sulle intercettazioni vada bene e che si appresti a sottoscriverlo (come ha già fatto per altre leggi e decreti anticostituzionali). È ormai un classico e, purtroppo, non c’è da meravigliarsi.
Eppure, chi ha un minimo senso dello stato, un’idea di democrazia partecipata e un’aspettativa nella giustizia giusta, non può non accorgersi della china che l’Italia berlusconiana sta prendendo, anzi, che ha già preso.
Stante così com’è il testo della legge e pur registrando una migliorìa di non poco conto (il mantenimento della dizione, già attualmente esistente, di “gravi indizi di reato” anziché quella truffaldina di “gravi indizi di colpevolezza”) assisteremo all’impossibilità per la magistratura di indagare e scoprire ladri, mafiosi, stupratori, pedofili e politici corrotti.
Qualche esempio sfizioso, un antipasto che introduce un banchetto il cui piatto di portata è la nostra libertà e, quindi, la nostra vita stessa (libertà e vita non possono essere disgiunte, sono un tutt’uno).
Se un pubblico ministero intercetta un criminale mentre costui telefona a un parlamentare, deve immediatamente bloccare l’intercettazione e chiedere al parlamento l’autorizzazione a procedere. Che cosa può succedere, a parte i tempi biblici di decisione del parlamento? Accade che il parlamentare, intercettato intercettando il delinquente (ma cosa ha a che fare un parlamentare con un malvivente?), venuto a conoscenza della richiesta della magistratura, avvisi il malavitoso che è nel mirino della giustizia e di non telefonargli più: in questo modo l’inchiesta si blocca, il criminale si rifà una sua “verginità”, avendo il tempo di cancellare le tracce di malaffare e il politico, colluso, viene semplicemente ignorato, nell’intento di questa legge canaglia mantiene la sua falsa “verginità” e può continuare a governare i giusti.
Non meno deflagrante è l’obbligatorietà di richiesta di autorizzazione a procedere per l’acquisizione di tabulati telefonici se si riferiscono a un parlamentare: qui la deficienza si manifesta ai massimi livelli; infatti, il pubblico ministero che richiede a un gestore i tabulati telefonici, nella maggior parte dei casi, non può conoscere l’intestatario dell’utenza telefonica, anzi, lo scopre solo dopo aver acquisito i tabulati e allora cosa succede? Avviene che il magistrato nel dubbio e per non finire alla gogna non chieda i tabulati e il parlamentare e il criminale sono salvi.
Altra chicca demenziale riguarda il divieto per un magistrato di piazzare “cimici” in casa di mafiosi o di delinquenti se non vi è la certezza che il delinquente stia commettendo, in quel momento, un delitto. Capite? Ma la certezza del delitto la si acquisisce anche con mezzi tecnologici come “cimici” e telecamere senza le quali, spesso, non è possibile intrappolare il colpevole: quanti delinquenti stanno brindando in questo momento?
Se a tutto questo aggiungiamo che il magistrato non può usare l’intercettazione mirata a un’inchiesta per un’altra indagine, il cerchio si chiude: intercetto un ladro per il furto in un’abitazione e dalle intercettazioni scopro che il ladro il mese prima ha ucciso un vecchio, ebbene non posso utilizzare l’intercettazione per accusare il delinquente anche di omicidio.
Allora mi domando a vantaggio di chi va questa legge sulle intercettazioni? Forse a vantaggio della privacy dei cittadini o a vantaggio dei lestofanti e dei loro manutengoli? Io opto per il secondo caso.
Ne consegue che con questa legge, il Governo di Silvio Berlusconi si macchia del grave reato di favoreggiamento della delinquenza e di attentato alle libertà della persona poiché, per esempio, al giornalista è vietata la pubblicazione di un atto d’indagine: l’omertà diventa legge (mafia docet).
A me pare che tutto questo sia incostituzionale e contro i diritti dell’uomo, con buona pace degli autorevoli consiglieri governativi sulla giustizia, già più volte ridicolizzati, quali il presidente del Senato Renato Schifani (che continua a non rendersi conto della carica istituzionale che riveste e che dovrebbe suggerirgli moderazione e non faziosità), il ministro dell’ingiustizia Angelino Alfano e l’onorevole azzeccagarbugli (ne avesse azzeccata una!) incompreso e incomprensibile Nicolò Ghedini.
Se solo il nostro presidente della Repubblica avesse un po’ di coraggio….!!!!





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