mercoledì 16 giugno 2010
SPATUZZA, IL GOVERNO E LA MAFIA
Abbiamo un morto che cammina: Gaspare Spatuzza.
Abbiamo chi ha emesso il verdetto: Roberto Maroni, ministro dell’Interno, tramite la Commissione centrale del Viminale per la definizione e applicazione delle misure speciali di protezione, quindi il Governo.
Abbiamo chi eseguirà la condanna: la mafia.
Abbiamo chi trae giovamento da tutto questo: Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi e tanti altri potenti.
Questo è quanto si desume dalle energiche prese di posizione di Antonio Di Pietro e non solo lui.
Cosa è successo di così grave da attirare l’attenzione in un momento così complicato e difficile per la democrazia come una crisi economica prima negata e poi maldestramente e cinicamente riversata sulla parte più debole della popolazione, come l’attentato in corso alla democrazia e alla libertà avendo approvato al Senato il decreto sulle intercettazioni, come il ricatto e l’imposizione di Sergio Marchionne della Fiat che vuole trasformare la fabbrica in caserma o, peggio, in galera?
Non è successo nulla di strano rispetto a quanto già da ormai un ventennio sta accadendo in Italia, si sta solamente attuando, nei tempi previsti, il disegno del “maestro venerabile” Licio Gelli.
Per venire ai fatti, il boss della mafia Gaspare Spatuzza non è stato ammesso al programma di protezione come invece era stato richiesto dalle procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo che indagano sulle stragi di via D'Amelio e del ’93 (mafia e politica), procure in odore di becero comunismo.
Il mafioso pentito Spatuzza, per intenderci, è quel delinquente, ritenuto però attendibile nelle sue dichiarazioni, che sta accusando di collusione con la mafia Marcello Dell’Utri e che sta dicendo che con le varie stragi degli inizi degli anni novanta sono coinvolti settori deviati dello stato e fa pure qualche apprezzamento sulla nascita, allora, di Forza Italia. Mi fermo qui con il racconto del fatto: i particolari potete leggerli navigando in rete.
Quale è la morale che ne traggo? Chi va contro il presidente Berlusconi e i suoi amici non ha vita facile e così se un boss amico come Vittorio Mangano (stalliere di Arcore) ha diritto al rispetto del capo, a un boss come Spatuzza (che a differenza di Mangano è riconosciuto dalla magistratura come pentito di mafia), che accusa invece il ducetto imparruccato e accoliti di “turperie”, non solo non gli si concede diritto di parola e di essere creduto ma gli è negata la protezione che viene di regola concessa a qualunque quaquaraquà. Insomma, ciò che appare è che il Viminale ha emesso una "sentenza ad personam" da affiancare alle numerose leggi ad personam.
Siamo tutti avvertiti: se stai col capo, non ti succede nulla ma se sgarri sei finito. Così diceva il fascismo e così insegna la mafia.
Come vedete si sta attuando un piano ben orchestrato e che ha come vittime sacrificali la libertà e la democrazia cioè la vita stessa delle persone a beneficio del satrapo e dei suoi fedeli servitori.
Spatuzza non mi piace o, meglio, mi fa orrore; ma c’è chi mi piace ancor meno: il primo ora è in pericolo di vita e l’altro/gli altri no.
E io sono contro la pena di morte, anche per Caino.
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