venerdì 30 aprile 2010

IL MONDO ALLA ROVESCIA CHE PIACE A BERLUSCONI

In Italia non ci sono altre notizie in circolazione, e di cui parlare, se non quelle che riguardano la saga Fini-Berlusconi, proni colonnelli compresi. Ci si potrebbe anche divertire se non fosse che siamo (noi italiani e non solamente i greci o i portoghesi o gli spagnoli) in mezzo ad una situazione economica e morale così drammatica che non riusciamo a immaginare, né in tempi brevi né in tempi lunghi, una soluzione accettabile.
Dovremmo invece parlare di come rimettere a posto i conti del paese-Italia favorendo il lavoro e i lavoratori, creando nuovi posti di lavoro e dando il giusto potere d’acquisto ai salari.
Dovremmo ragionare su un fisco “buono” (termine improprio ma non trovo altro e così lo virgoletto) che la smetta di mungere i redditi da lavoro dipendente e inizi, finalmente, a prendere a chi i soldi li ha veramente, l’esatto contrario di ciò che sta facendo lo spocchioso e petulante ministro Giulio Tremonti, il Robin Hood alla rovescia.
Dovremmo impegnarci per una riforma della giustizia che sia giusta, con i rei in galera e gli innocenti liberi mentre oggi assistiamo che i corrotti e i corruttori sono liberi mentre la povera gente continua a essere vessata. Una riforma che affossi definitivamente i vari lodo Alfano o decreti anti intercettazioni, una riforma che se Silvio Berlusconi è colpevole lo si metta finalmente in galera o se il Ministro Claudio Scajola è corrotto gli sia impedito di governare gli italiani e vada a fare compagnia, come è giusto che sia, ai galeotti.
Dovremmo riformare la scuola iniziando contro-riformando lo scempio dell’incompetente ministra Mariastella Gelmini, una vera iattura.
Dovremmo cambiare la legge elettorale, la porcata del dentista Roberto Calderoli, per riappropriarci della politica, per impedire che la repubblica si trasformi in azienda e che gli utili siano incassati unicamente dal solito Berlusconi e dal suo clan di lingue sporche.
Come vedete, c’è parecchio da fare mentre noi siamo costretti a seguire le notizie che riguardano le dimissioni dell’ex-aennino (ex-missino=fascista) Italo Bocchino, portabandiera dell’idea di potere che ha Gianfranco Fini e forse vittima sacrificale dello stesso presidente dei deputati che è corresponsabile a pieno titolo delle nefandezze del duce incipriato ed escortato papiminchia. L’evangelico adagio “qui gladio ferit gladio perit” risulta essere puntualmente vero e non dovrebbe evocare alcun senso di pietà.
Come se non bastasse s’innesta, prepotente, la notiziona che Pierluigi Bersani, il sedicente leader dell’opposizione, vuole fare un patto con Fini: ma come! dovrebbero essere come cane e gatto e, invece, vogliono pomiciare. Che schifo, spero che almeno usino contraccettivi adeguati per evitare la nascita di bastardelli fascio-comunisti.
Poche e striminzite notizie, invece, sulle fabbriche chiuse per fallimento oppure occupate dei lavoratori che chiedono solo un lavoro per vivere, sulle morti bianche nelle fabbriche, sul razzismo dilagante in Italia, sulla piccola malavita creata dall’aumento della povertà, sulla positività di molte esperienze di politica e socialità extra-partiti, sul buono e sul bene che, nonostante chi ci governa, esiste e agisce.
Il mondo è fatto alla rovescia.




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venerdì 23 aprile 2010

GIANFRANCO-DAVIDE versus SILVIO-GOLIA

La mia idea sulla vicenda Fini-Berlusconi già la conoscete poiché l’ho già espressa in un precedente post: non è una guerra fra differenti ideali ma di potere e portafoglio ed è tutta interna alla destra, insomma, fatti loro.
Detto e confermato questo, non posso non esprimere un parere in merito a quanto di laido si è visto della direzione nazionale del PDL e del duetto (o duello?) fra il monarca Silvio Berlusconi e il suddito, seppur blasonato, Gianfranco Fini.
L’immagine del presidente della Camera nella prima fila del parterre, in piedi, con il dito puntato contro l’imbestialito presidente del Consiglio e del PDL nell’alto del suo podio, mi ha evocato, chissà perché, l’immagine di un plotone d’esecuzione che si prepara a fucilare, finalmente, il suo oppressore.
Ma come, direte voi, Fini ha perso su tutti i fronti, al documento finale solo 11 hanno votato contro il tiranno imparruccato e ha ricevuto solo coraggiosi applausi striminziti in contrapposizione alle ovazioni riservate al padrone dai suoi immorali lacchè e dagli ex-aennini che hanno trovato stabile collocazione nel serraglio del cavaliere al modico prezzo, per costoro, di qualche leccata e non sto a dirvi dove!
Qui vi sbagliate; almeno credo, almeno voglio credere.
Abbiamo avuto nella storia qualche esempio illuminante, uno fra tutti, il più classico, mi pare proprio pertinente seppur antichissimo, biblico: Davide e Golia, il moscerino e l’energumeno.
Quello che è successo ieri nella direzione nazionale del PDL è un fatto imprevisto, imprevedibile e deflagrante: il giocattolo si è rotto, il monolito è stato scalfito, un mortale ha osato contestare pubblicamente e duramente (non m’interessa, qui, se a ragione o a torto) l'immortale, il leader massimo, il padrone di un partito non partito, la perfida nutrice dei vari Sandro Bondi, dei Giulio Tremonti, dei Maurizio Lupi, dei Nicolò Ghedini, dei Roberto Formigoni, dei Renato Schifani, dei Marcello Dell’Utri, dei Franco Frattini e ora, a pieno titolo, anche dei nuovi acquisti (non scarterei il senso letterale del termine “acquisti”) fascisti ed ex-AN come Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri.
Un primo e isolato gesto di autonomia e di indipendenza si è consumato davanti alle telecamere che hanno colto, impietose (la regia sarà duramente punita per vilipendio al capo del governo), immagini del volto contratto dell’irascibile cavaliere-Golia (pensavo gli saltassero i punti della plastica facciale) e del dito puntato a guisa di arma di Fini-Davide. È la prima volta in assoluto che ciò accade e, essendosi rotto l’incantesimo, può essere che riaccada, e riaccada ancora e che ciò che appariva granitico ora possa mostrare la sua vera natura di coccio.
Mi sento ottimista, è un augurio che mi faccio e vi faccio.
Cosa succederà a Fini? Sarà cacciato dal partito? Se ne andrà con le sue gambe? Gli impediranno di fare il presidente della Camera? Tutto è possibile, specie se nella stanza dei bottoni ci sta uno con la rabbia canina e la bava alla bocca, ma la questione, per la verità, non mi appassiona molto per le motivazioni dette in premessa.
Voglio cogliere solo il dato che tutti abbiamo potuto vedere: Silvio Berlusconi è andato in corto-circuito, non è di conseguenza l’unto di Dio e nemmeno del Cardinal Tarcisio Bertone o del Vescovo Rino Fisichella (quello che giustifica la comunione data al pluridivorziato ma potente Berlusconi); quindi c’è speranza.
Chissà se anche a Pierluigi Bersani è nata qualche speranza e se gli viene la voglia di ascoltare pure i suoi scalpitanti iscritti come il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi.





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mercoledì 21 aprile 2010

L’OMERTÀ DIVENTA LEGGE. LE INTERCETTAZIONI

Pare che al nostro presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il nuovo testo della legge sulle intercettazioni vada bene e che si appresti a sottoscriverlo (come ha già fatto per altre leggi e decreti anticostituzionali). È ormai un classico e, purtroppo, non c’è da meravigliarsi.
Eppure, chi ha un minimo senso dello stato, un’idea di democrazia partecipata e un’aspettativa nella giustizia giusta, non può non accorgersi della china che l’Italia berlusconiana sta prendendo, anzi, che ha già preso.
Stante così com’è il testo della legge e pur registrando una migliorìa di non poco conto (il mantenimento della dizione, già attualmente esistente, di “gravi indizi di reato” anziché quella truffaldina di “gravi indizi di colpevolezza”) assisteremo all’impossibilità per la magistratura di indagare e scoprire ladri, mafiosi, stupratori, pedofili e politici corrotti.
Qualche esempio sfizioso, un antipasto che introduce un banchetto il cui piatto di portata è la nostra libertà e, quindi, la nostra vita stessa (libertà e vita non possono essere disgiunte, sono un tutt’uno).
Se un pubblico ministero intercetta un criminale mentre costui telefona a un parlamentare, deve immediatamente bloccare l’intercettazione e chiedere al parlamento l’autorizzazione a procedere. Che cosa può succedere, a parte i tempi biblici di decisione del parlamento? Accade che il parlamentare, intercettato intercettando il delinquente (ma cosa ha a che fare un parlamentare con un malvivente?), venuto a conoscenza della richiesta della magistratura, avvisi il malavitoso che è nel mirino della giustizia e di non telefonargli più: in questo modo l’inchiesta si blocca, il criminale si rifà una sua “verginità”, avendo il tempo di cancellare le tracce di malaffare e il politico, colluso, viene semplicemente ignorato, nell’intento di questa legge canaglia mantiene la sua falsa “verginità” e può continuare a governare i giusti.
Non meno deflagrante è l’obbligatorietà di richiesta di autorizzazione a procedere per l’acquisizione di tabulati telefonici se si riferiscono a un parlamentare: qui la deficienza si manifesta ai massimi livelli; infatti, il pubblico ministero che richiede a un gestore i tabulati telefonici, nella maggior parte dei casi, non può conoscere l’intestatario dell’utenza telefonica, anzi, lo scopre solo dopo aver acquisito i tabulati e allora cosa succede? Avviene che il magistrato nel dubbio e per non finire alla gogna non chieda i tabulati e il parlamentare e il criminale sono salvi.
Altra chicca demenziale riguarda il divieto per un magistrato di piazzare “cimici” in casa di mafiosi o di delinquenti se non vi è la certezza che il delinquente stia commettendo, in quel momento, un delitto. Capite? Ma la certezza del delitto la si acquisisce anche con mezzi tecnologici come “cimici” e telecamere senza le quali, spesso, non è possibile intrappolare il colpevole: quanti delinquenti stanno brindando in questo momento?
Se a tutto questo aggiungiamo che il magistrato non può usare l’intercettazione mirata a un’inchiesta per un’altra indagine, il cerchio si chiude: intercetto un ladro per il furto in un’abitazione e dalle intercettazioni scopro che il ladro il mese prima ha ucciso un vecchio, ebbene non posso utilizzare l’intercettazione per accusare il delinquente anche di omicidio.
Allora mi domando a vantaggio di chi va questa legge sulle intercettazioni? Forse a vantaggio della privacy dei cittadini o a vantaggio dei lestofanti e dei loro manutengoli? Io opto per il secondo caso.
Ne consegue che con questa legge, il Governo di Silvio Berlusconi si macchia del grave reato di favoreggiamento della delinquenza e di attentato alle libertà della persona poiché, per esempio, al giornalista è vietata la pubblicazione di un atto d’indagine: l’omertà diventa legge (mafia docet).
A me pare che tutto questo sia incostituzionale e contro i diritti dell’uomo, con buona pace degli autorevoli consiglieri governativi sulla giustizia, già più volte ridicolizzati, quali il presidente del Senato Renato Schifani (che continua a non rendersi conto della carica istituzionale che riveste e che dovrebbe suggerirgli moderazione e non faziosità), il ministro dell’ingiustizia Angelino Alfano e l’onorevole azzeccagarbugli (ne avesse azzeccata una!) incompreso e incomprensibile Nicolò Ghedini.
Se solo il nostro presidente della Repubblica avesse un po’ di coraggio….!!!!





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venerdì 16 aprile 2010

FINI E BERLUSCONI GIOCANO ALLA GUERRA

Pensare che ciò che succede tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi sia una vera guerra dettata da ideali differenti e non da inconfessabili problemi di potere e di portafoglio è, a dir poco, ingenuo se non colpevolmente distorsivo e distraente.
Il problema, alla fin fine, è che il tiranno esercita il suo potere come più gli aggrada (altrimenti che despota sarebbe) e, in questa fase, elargisce più alla Lega Nord che agli ex-AN; così il co-fondatore del partito dell’amore (e co-responsabile dello scempio di questo Paese) viene preso dalla gelosia, si sente trascurato e pesta i piedi cercando di commuovere (e non spaventare, come vogliono farci intendere i giornali) il padrone in attesa del suo piatto di lenticchie.
Ma è evidente il perché papi ha occhi e orecchie solo per i seguaci celtici del padre del “trota”: chi è che ride alle sue freddure, chi è che lo adula dicendogli ciò che gli piace sentire, chi è che appoggia le sue imbecillate, chi è che strizza l’occhio alle sue frequentazioni con ragazzine? È Umberto Bossi, con i suoi sgherri, il quale, però, pretende, in contraccambio, che le sue richieste siano soddisfatte.
Mi raccomando, quindi, il liberatore non sarà e non potrà essere l’ex (?) fascista ora presidente della Camera dei Deputati, lui sta cercando solo di fare cassa, ovviamente per sé e non per il Paese.
Il liberatore, da che mondo è mondo, dovrebbe sorgere dall’opposizione ma, come tutti possono vedere (ciechi compresi) l’opposizione non c’è più, svanita nel nulla, senza nemmeno un vagito se non un sordo brontolio del sempre-in-piedi, purtroppo, Massimo D’Alema (ma siamo sicuri che costui faccia parte dell’opposizione?).
Sistemato il correo Fini, passiamo, invece, a cose più serie.
La Lega chiede tutto, dal prossimo sindaco di Milano al prossimo presidente del Consiglio, alle banche del nord (che, nel frattempo, si sono inglobate le banche del sud togliendo così ulteriori risorse al meridione d’Italia) e, nel tempo, vedremo quali altre pretese avranno; già controllano ferreamente le regioni del nord, il Veneto e il Piemonte direttamente con propri uomini e la Lombardia con un patto stretto con l'inamovibile e inossidabile reuccio ciellino Roberto Formicchioni. Sottraendo, come si può verificare dai risultati elettorali, spazi vitali allo stesso Berlusconi.
L’adulazione della Lega ha un costo e il nostro Silvio ce lo sta facendo pagare tutto e in contanti.
Per non farla troppo lunga, volendo sintetizzare, mi viene da dire che il Paese è impegnato a pagare i debiti politici che Berlusconi ha nei confronti del celodurista Bossi. Una prospettiva, questa, che fa rizzare tutti i peli del corpo (e solo quelli) e ci fa meditare su parole come dittatura, razzismo, qualunquismo, populismo, egoismo, e altre ancora.
Certo, se la finta crisi Fini/Berlusconi andasse in porto (ed è, comunque, cosa auspicabile) si dimostrerebbe la fumosità di un partito-azienda qual è il PDL, si dimostrerebbe che il partito dell’amore altro non è che il partito degli affari, ovviamente quelli del cavaliere di Arcore.
Così, forse, il popolo telediretto e votante per questo saltimbanco delle promesse non mantenute, delle bugie megagalattiche e delle potenti prestazioni sessuali, potrebbe risvegliarsi come Biancaneve al bacio del principe.
Ma dov’è il principe? Vedo solo i sette nani.



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martedì 13 aprile 2010

ASSASSINATA A 13 MESI DAL RAZZISMO

«Cure negate senza tessera sanitaria muore a 13 mesi bimba nigeriana». Questo è il titolo delle pagine milanesi di Repubblica di ieri; quello di oggi invece «“Rachel è morta per disidratazione” L’ospedale: ma qui accogliamo tutti». Andatevi a leggere i due articoli qui e qui.
È una cosa difficile da credersi. Rachel Odiase, una bimba di 13 mesi, innocente di tutto, viene lasciata morire perché il padre, un nero-nero nigeriano, esibisce una tessera sanitaria scaduta.
Nella civilissima Lombardia, sedicente modello di efficienza, culla leghista, si decide di non prestare cure salvavita a una bambina perché manca un timbro. La vita vale meno di un bollo, specie se la vita è di un indesiderato, un paria, uno “sporco negro”, insomma: uno schiavo.
Leggo sul web i commenti e le prese di posizione al riguardo (pochine per la verità, quasi che non ci toccassero affatto) e la maggior parte accusa la burocrazia (cioè nessuno) perché troppo rigida (se fosse successo al sud, l’avrebbero chiamata “malasanità”).
Può essere. Ma questa non è né la causa né la colpevole.
La causa è il clima razzista e xenofobo che si è insinuato nelle teste e nella mentalità della gente grazie alla politica dissennata e razzista imposta dal leghismo bossiano all’accondiscendente imperatore del piffero. Quindi i veri colpevoli vanno ricercati non in una impersonale burocrazia ma in persone vere e proprie, in persone con ossa, carne e conto corrente bancario, a cominciare dai capi (l’egocentrico e funesto Silvio Berlusconi; il suo fedele alleato Umberto Bossi, padre del “trota”, ieri con orecchie d’asino e oggi consigliere regionale; il ciellino-beghino-affaristico governatore contro-legge della regione Lombardia Roberto Formigoni; l’amministrativamente inetta sindachessa di Milano – che Bossi vuole impalare – Letizia Moratti, eccetera, tutti compagni di merenda e, purtroppo, sedicenti alleati dei cardinali Tarcisio Bertone e Camillo Ruini) per finire con il barelliere, l’infermiera di turno al pronto soccorso ospedaliero, il medico di guardia, eccetera. Tutti con un nome e un cognome.
Se è vero quanto hanno dichiarato i genitori della bimba, Tommy e Linda, e La Repubblica, non siamo solo di fronte a una barbarie burocratica ma dobbiamo registrare un omicidio vero e proprio perpetrato su un’innocente bambina, figlia d’innocenti genitori. Un omicidio voluto e cercato, che deve essere punito con il massimo della pena, comminata, appunto, non solo all’ultimo anello della catena, ma a cominciare dal primo che ha armato il sentimento e il cervello dell’esecutore materiale. Spero che la Procura di Milano, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti (?), sia inflessibile.
Com’è successo che la terra di Sant’Ambrogio, Carlo Borromeo e Ildefonso Schuster abbia partorito tali ominidi che oggi ci governano?
Mi permetto un invito: non lasciamo che questa grave tragedia (che ha due vittime: la povera Rachel e la nostra umanità) resti sconosciuta, promuoviamo nelle nostre città incontri e manifestazioni per difendere il diritto alla vita già nata, il diritto alla sanità per tutti, il diritto al lavoro, il diritto alla libertà e alla convivenza, il diritto alla propria identità, il diritto all’informazione veritiera. Contro la burocrazia ma, specialmente, contro il razzismo che in Italia è già di casa.
Questo blog darà spazio alle iniziative che nasceranno sia pubblicizzandone gli appuntamenti sia raccontando le notizie a esse collegate.



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venerdì 9 aprile 2010

IO DETESTO IL PIFFERAIO DI HAMELIN

Finite come sono finite le elezioni regionali, di botto siamo entrati in uno stato di calma piatta. Si parla sottovoce e non s’insulta più nessuno. Il leccaculismo minzoliniano è stato riposto in soffitta. Il presidente Giorgio Napolitano firma l’immorale e anticostituzionale legge sul legittimo impedimento senza che ci sia qualche accenno di mal di pancia (leggetevi questo post) e convoca il ministro Roberto Calderoli (autore della legge elettorale definita, dallo stesso, porcata) per farsi illustrare dal cavadenti leghista l’idea che il governo ha sul modello di repubblica.
Persino il plurindagato e, purtroppo, nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dichiara di essere aperto (forse conviene indagare, per non avere sorprese, sul significato che attribuisce al termine “aperto”) all’apporto dell’opposizione in merito alle riforme che farà e il fantasma suicida di Pierluigi Bersani gli risponde che “ci vedremo in parlamento”: tutto lì, non fa nemmeno la mossa di agitarsi ribadendo che si è contrari alle riforme ad personam.
Parrebbe un idillio generalizzato, un innamoramento bi-tri-quadridirezionale, un rapimento di sensi, un orgasmo delle coscienze, se non fossi certo, certissimo, che sotto tutto questo c’è l’imbroglio.
L’immagine che mi viene in mente, per descrivere questo particolare momento della storia italiana, è quella del pifferaio magico, il pifferaio di Hamelin, che, come sapete, nella sua versione originale non edulcorata, ha un finale tragico: se non lo paghi (cioè se non sottostai alle sue richieste) oltre ai topi ti uccide i figli (rende invivibile la realtà in cui sei immerso). Ecco, questo pifferaio, questo utilizzatore del piffero, è il nostro governante che ha bisogno della pace sociale per vedersi approvate, in parlamento, le riforme che lui ha in mente e che gli servono per non andare in galera e per non perdere il potere, riforme che, se approvate, porteranno alla compressione delle libertà e della democrazia (stampa, giudici, eccetera).
Io, però, resto nella convinzione che colui che, inspiegabilmente, una parte degli italiani osanna (ma questo succedeva anche al tempo di Benito Mussolini e del fascismo) è un dittatore della peggior specie, un tiranno e che, come ogni despota che si rispetti, va deposto (il termine esatto sarebbe “abbattuto” se non contenesse in sé l’idea di morte violenta e di sangue che ripugno).
Non dobbiamo smettere di farci sentire (anche urlando) e dobbiamo ricominciare a fare politica nei modi e nelle sedi giuste: all’interno dei partiti nei quali si milita; nelle organizzazioni e associazioni che operano nel sociale; chiedendo a gran voce, e non sottovoce, che si cambi la legge elettorale e in parlamento siedano degli eletti dal popolo (reintroduzione delle preferenze) e non dei funzionari di partito; che i mafiosi non siedano in parlamento; che la Costituzione sia la garanzia del convivere civile e non venga manipolata; che il razzismo e la xenofobia, ormai dilaganti, vengano condannati senza appello; che i direttori di telegiornali, quelli viscidi e manipolatori di notizie, non occupino più le televisioni pubbliche; che i vescovi italiani, nell’imminenza di una votazione, la smettano di suggerire nomi e volti, fra l’altro moralmente inaccettabili; che si ritorni nelle piazze a dibattere e manifestare. Insomma, che ritorni a essere bello impegnarsi in politica e nel sociale come ci dice sinteticamente, ma con grande efficacia, un post del blog "nessun dorma più" dal titolo “mi interessa”.



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sabato 3 aprile 2010

“ODIARE I MASCALZONI È COSA NOBILE”. PER LA SCORTA ARMATA, MARCO FABIO QUINTILIANO (35 d.C.) HA ATTENTATO A BERLUSCONI.

Mi sono ritrovato sul web ad ascoltare il “passaparola” di Marco Travaglio del 29 marzo e, giuro, sono rimasto basito: il fascismo già governa il paese, non c’è più nulla da attendere. Non è ancora quello dell’olio di ricino e dei manganelli ma ci stiamo arrivando. Mi riferisco all’azione della scorta armata del peggior presidente che l’Italia abbia mai avuto: Silvio Berlusconi. Non faccio nessun commento, trascrivo il più fedelmente possibile quanto ascoltato. È un fatto da conoscere e da diffondere perché si sappia che il partito dell’amore, nella persona del suo leader massimo e scodinzolini vari, altro non è che lo strumento per la restaurazione del più bieco autoritarismo e, pertanto, non può lasciarci indifferenti.
Il fatto avviene lo scorso venerdì 27 marzo, nel Palazzo di Sky sulla Via Salaria a Roma, quando Berlusconi è arrivato con la sua scorta armata (fino ai denti) per un’intervista in diretta.

«Berlusconi è entrato con il suo corteo, con la sua scorta e con tutto l’apparato e intanto succedeva nel Palazzo una cosa, che per dirla con il Direttore generale della RAI Masi, neanche nello Zimbabwe!
Due uomini della sicurezza interna dell’edificio, scoprivano che nel dipartimento dei grafici, su una grande vetrata di circa 4 metri per 4, era stato affisso un foglietto formato A4 bianco, con stampata una frase, la frase è la seguente “Odiare i mascalzoni è cosa nobile” questa è una frase di Marco Fabio Quintiliano, un intellettuale nato nel 35 d.C. a Calagurris in Spagna e poi trasferitosi a Roma, è diventato il famosissimo Quintiliano, ha scritto questa frase, perché è stata stampata su quel foglio e appiccicata alla vetrata del reparto grafici di Sky, perché proprio giovedì sera, la sera prima, Daniele Luttazzi dal Paladozza nel suo monologo aveva ricordato, demolendo con una sola frase di Quintiliano mesi e mesi di cazzate sul partito dell’odio, dell’amore, quelli che incitano all’odio etc., etc…
Quindi due ragazzi del reparto grafici dell’edificio di Sky avevano trovato condivisibile quella frase e l’hanno appiccicata. Gli uomini della sicurezza dell’edificio, la sicurezza interna, hanno notato quella scritta e hanno segnalato la cosa alla guardia presidenziale, alla scorta del Presidente del Consiglio e a quel punto è successo qualcosa che per una democrazia è ai limiti dell’incredibile, anzi è oltre: due agenti ben tarchiati della Digos, due montagne umane sono piombate nel piano dove c’è questa vetrata, hanno constatato che era effettivamente stato affisso quel foglietto con quella scritta, hanno chiuso tutte le finestre per evitare che si vedesse da fuori quello che stavano facendo (evidentemente rendendosi conto che stavano facendo qualcosa di grosso) dopodiché uno dei due dopo aver sequestrato il corpo del reato, il foglietto, ha fatto irruzione dentro l’ufficio dei grafici, si è diretto verso il computer principale, si è messo ad armeggiare alla tastiera, ha cercato di aprire gli ultimi file aperti per cercare di incastrare, di individuare colui che aveva scritto e stampato quella scritta, ma purtroppo per lui i grafici non usano il mouse, usano la tavoletta grafica e questo agente non la sapeva usare, per cui ha chiesto a una persona lì presente, a una ragazza di aiutarlo a aprire gli ultimi file, nel tentativo di smascherare gli autori dell’orrendo misfatto, senza sapere che peraltro i due ragazzi erano già stati portati sotto, all’ingresso, interrogati da un’altra coppia di agenti della Digos e avevano immediatamente dichiarato, dato che non avevano niente da nascondere, di avere stampato e affisso loro quella scritta.
A quel punto sono stati identificati e da quello che risulta stavano per essere portati in Questura, non si sa se fosse un provvedimento di fermo, cosa volessero fare a questi due ragazzi, ma soprattutto quale reato avessero commesso?Affissione di messaggi di Quintiliano?”, “citazioni latine proibite?”, “porto abusivo di cultura latina?”, non si sa quale sia il reato che avevano individuato questi somari che avevano ritenuto delittuoso un comportamento assolutamente legittimo e secondo me anche doveroso, sta di fatto che poi interviene un componente dell’ufficio legale della società che riesce a scongiurare almeno che questi vengano portati via dalla Polizia.
Capite che se si arriva a questi estremi, a punire le idee, a punire la cultura, soltanto perché qualcuno con un eccesso di zelo degno di migliore causa, appena legge “odiare i mascalzoni è cosa nobile” pensa immediatamente a Berlusconi, perché non c’era scritto “odiare Berlusconi” c’era scritto “odiare i mascalzoni” bisognerebbe interrogare i poliziotti privati e della Digos e dire loro: com’è che vi è subito venuto in mente Berlusconi appena avete letto il messaggio, visto che Quintiliano difficilmente nel primo secolo dopo Cristo si riferiva a Berlusconi quando scriveva “odiare i mascalzoni è cosa nobile”?
Se si passa sopra queste cose, se non ci sarà qualcuno che si prenderà la responsabilità di quello che è successo, se questa notizia resterà confinata su Il Fatto quotidiano o sui nostri blog, se non si comincerà a chiedere molto civilmente conto alla Questura di Roma del comportamento di questi agenti e se la Magistratura romana non prenderà dei provvedimenti nei confronti di questi signori e se i loro stessi colleghi non cominceranno a dire: noi non c’entriamo con certi comportamenti, vorrà dire che abbiamo fatto un altro passo in avanti verso il regime, venerdì pomeriggio alle 14,30 quando si è verificato questo fatto incredibile e un poliziotto che entra nel personal computer di un lavoratore per cercare di capire chi ha appeso a un muro un messaggio di un autore latino. A furia di lasciar passare queste cose ci abituiamo e l’assuefazione fa entrare un altro pezzo di regime dentro le nostre teste e quindi ci rende sempre più tolleranti verso nuovi abusi di potere, perché questo è chiaramente un abuso di potere, grosso come una casa ai danni di due cittadini che non avevano fatto assolutamente niente di male, avevano esercitato un diritto costituzionale previsto dall’Art. 21 della Costituzione.»



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giovedì 1 aprile 2010

UNA SCONFITTA IRREVERSIBILE CON QUESTO CENTROSINISTRA

Pur massacrato, moralmente, devo ammettere che questo centrosinistra è stato sconfitto ed è stato sconfitto in modo irreversibile. Per la verità il vero sconfitto è il bipartitismo, per intenderci il Partito Democratico di Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema e il PDL del venditore di fumo e plurinquisito Silvio Berlusconi.
I trionfatori (si fa per dire) sono, invece, quei partiti che hanno avuto il coraggio di alzare la voce, nel bene e nel male, e mi riferisco alla Lega xenofoba e razzista di Umberto Bossi (futuro sindaco di Milano?), all’Italia Dei Valori di Antonio Di Pietro, speriamo non solo giustizialista, e anche alla lista Cinque Stelle dell’urlante comico Beppe Grillo. Nemmeno la pacata UDC di Pierferdinando Casini, caparbiamente posizionata al centro e, diciamolo, più attenta alle alleanze remunerative che a ideali socio-politici, ha avuto il conforto almeno di qualche leggero avanzamento.
Persino la sinistra radicale, piazzando in Puglia il vincente Niki Vendola (alla faccia del PD e dello stratega da monopoli Massimo D’Alema) ha incassato il suo meritato premio.
Se, poi, andiamo a guardare bene i numeri emersi dalle urne, ci accorgiamo che nonostante la conquista delle regioni, il vero sconfitto è il PDL. Non soltanto ha perso in un anno quasi il 9% di voti ma, se togliamo dal mazzo i voti portati in dote dell’ex Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, costatiamo che l’eroscavaliere di voti suoi ne ha pochini.
Ma allora com’è stato possibile la vittoria del centrodestra? Senza minimizzare i problemi, mi viene da dire che il centrodestra ha vinto per l’inettitudine del centrosinistra. Forse è meglio dire: per inettitudine della classe dirigente del PD che, Bersani e D’Alema in testa, ha lavorato per perdere le elezioni nonostante il momento favorevole (il presidente del consiglio alle corde e indagato da varie procure e tribunali).
Una sinteticissima esibizione del bogar-pensiero la devo, tanto per sfogare un po’ la mia rabbia.
Il già accennato Vendola: se fosse stato per il PD, il governatore uscente della Puglia non sarebbe nemmeno stato candidato, a dimostrazione della lungimiranza politica del piacentino Bersani il quale avrebbe preferito al governo di quella regione il “famosissimo” Francesco Boccia.
In Piemonte invece anziché proporre il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, rilanciano la lady-puzza-sotto-il-naso Mercedes Bresso consegnando così il Piemonte a Roberto Cota della Lega che, quando parla ed esprime idee che parrebbero politiche, fa venire l’orchite persino alla monaca di Monza.
In Campania, non contenti delle prestazioni di Antonio Bassolino, candidano un altro campione di trasparenza, il sindaco salernitano Vincenzo De Luca regalando così a Stefano Caldoro una vittoria facile facile.
La regione Calabria, con la rinnovata candidatura di Agazio Loiero si trova nella stessa situazione della Campania con la sola variante che Loiero si è autoimposto (chissà con quali convincenti argomentazioni).
Ma il ridicolo di questa classe dirigente del Partito Democratico si esprime nella regione Lazio. È qui che l’inettitudine diventa sublime: Emma Bonino (che io stimo) si sveglia un mattino e, unilateralmente, dichiara di volersi presentare alle elezioni regionali in rappresentanza del centrosinistra. Il segretario PD, pur colto di sorpresa, per la cavalleria che lo contraddistingue nei confronti delle signore (da non confondersi con la galanteria interessata e pelosa del nostro primo ministro), non mostra nemmeno un accenno di pensiero alternativo, anzi contento di non dover pensare a proposte più direttamente legate al partito di cui è segretario, caldeggia la candidatura radicale. Per la verità mi pare la sostenga solo a parole perché di appoggio reale in campagna elettorale non ne ho visto. E così la Bonino ha perso e ha vinto la fascista Renata Polverini.
Ora ne vedremo delle belle.
Tanto per iniziare il servo Augusto Minzolini (che di solenne ha solo il nome), all’indomani della vittoria berlusconiana toglie lo schermo a tre giornalisti conduttori del TG1 rei di non aver sottoscritto un patetico documento di appoggio al loro direttore. Con una vera epurazione stile fascista mette alla gogna tre professionisti: Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Tiziana Ferrario.
La lega pone già ora la candidatura a sindaco di Milano di Bossi, il padre della trota eletta in regione Lombardia, poiché c’è da gestire l’immenso flusso di denaro dell’Expo Milano 2015.
Papi e i suoi ministri sono già pronti per le riforme ad personam a iniziare dalle intercettazioni disposte dai giudici.
Gianfranco Fini sta preparando l'agguato.
L’unico motivo di allegria in quest’orribile campagna elettorale e dei conseguenti risultati elettorali (mi rendo conto che quest’allegria è fanciullesca e fuori posto per la mia età) è la mancata elezione a sindaco di Venezia del vero simbolo fisico e morale del centrodestra: il ciclope Renato Brunetta.
Come ha detto il regista Mario Monicelli durante la trasmissione Raiperunanotte, in Italia occorre una rivoluzione.
Ha ragione, diamoci da fare, riprendiamoci il Paese.




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