Un invito a cena con delitto. Un vecchio film dell’altro secolo, il 1976, diretto dal regista Robert Moore, da non confondersi con l’attore Roger e nemmeno con la magnifica e mitica Demi Moore. È il titolo appropriato per una cena che si è consumata nei giorni scorsi a casa nientemeno che dell’anchorman nostrano Bruno Vespa, il giornalista più cortigiano addirittura dell’inqualificabile Augusto Minzolini e padrone di casa a Porta a Porta, il più deprimente polpettone televisivo di tutte le televisioni del globo e anche del sistema solare.
L’occasione è stata il festeggiamento dei 50 anni di giornalismo del Brunone nazionale (vi rendete conto da quanto tempo lo sopportiamo in silenzio?) e qui le mie dita, scollegate dai freni inibitori ma saldamente collegate al pensiero più inconfessato ma vero, battono sui tasti del portatile una frase sentita in uno dei miei viaggi siciliani (la scrivo come l’ho sentita pronunciare, i siciliani mi perdonino): “cinquant’anni pirsi, l’avussutu dato a un carzarato a chist’ura saribbi nisciutu” che tradotto vuol dire che sono cinquanta anni persi, sarebbe stato più utile darli a un carcerato che così avrebbe potuto riavere la sua libertà. Com’è vero!
Ritorniamo a noi.
Gli invitati, ci dice la stampa ben informata, non sono, ovviamente, personaggi qualsiasi e nemmeno personalità importanti ma il top dei top della politica, della finanza e del clero, mancava solo dio in persona e di questo Vespa, conoscendolo, si sarà rammaricato.
Non ci credete? Eccovi serviti. Iniziamo con il plurinquisito presidente del Consiglio Silvio Berlusconi accompagnato dal consorte (cosa avete capito! nel senso di con-sorte, che dividono la stessa sorte) viceministro e gentiluomo del Papa Gianni Letta, seguono l’ondeggiante e pluriconiugato Pierferdinando Casini detto il-piede-in-due-staffe, la rampante consigliera di Mediobanca Marina Berlusconi (talis pater talis filia), il boiardo di stato e governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e il chiacchieratissimo uomo per tutte le stagioni Cesare Geronzi. Ho lasciato per ultimo un convitato a mio giudizio un poco anomalo (qui si vede probabilmente la mia ingenuità): il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano e Camerlengo di Santa Romana Chiesa, non un prelato qualunque ma la prima autorità ecclesiastica dopo il Papa.
Vi trascrivo, solo per cronaca poiché non fa parte del mio linguaggio, il commento della mia ottuagenaria zia (acquisita, per fortuna) quando è stata data notizia al telegiornale (non quello di Minzolini poiché il mio parentado lo rifugge, giustamente, come se fosse la peste bubbonica): “che cazzo ci è andato a fare questo prete in mezzo a tanti manigoldi”. A parte il linguaggio da birocciaio, che non si confà a una signora in età avanzata e, ve lo giuro, di dolce indole, tutta casa e chiesa, il ragionamento fila, ha una sua logica. Perché uno dei massimi rappresentanti della chiesa partecipa a tali e tutt’altro che ingenui banchetti? Cosa ha a che spartire la chiesa con la politica neo-fascista berlusconiana, con la massoneria che si pensa apprezzata da non pochi commensali presenti, con le banche e gli affari sottobanco? Non è bastata alla chiesa e alla sua curia il coinvolgimento in affari sporchi del Cardinale Crescenzio Sepe?
Forse la presenza del Cardinale è stata voluta per l’intonazione della preghiera d’inizio cena: “Signore, benedici noi e questo cibo che stiamo per prendere. Insegnaci a dividerlo con i più poveri” e la cosa s’intonerebbe perfettamente con la manovra finanziaria in cantiere che invece, com’è noto, ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Se l’invito a cena è chiaro, dov’è il delitto? Il delitto è l’uccisione delle coscienze di tanti cristiani, di tanti cristi, scandalizzati da uomini in porpora che amano più il potere che la propria e l’altrui coscienza. “Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!»”.
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domenica 11 luglio 2010
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